Sunday, November 3, 2013

The Great Halloween Costume Fiasco

Diverse settimane fa mio figlio mi si e' presentato davanti con un foglio di carta con un disegno sopra, "Questo e' il vestito di Halloween che voglio (nemmeno vorrei), me lo faresti per favore?"
Il personaggio rappresentato era un uccellino di sua creazione, Luis the daddy bird. E' dallo scorso anno ormai che scrive e illustra libri su questi uccellini, ha inventato il nome della sua casa editrice che mette sul retro della copertina con l'aggiunta "Since 2012" e la C del copyright che pero' non ho avuto il coraggio di dirgli che non e' realmente valido.

Foglietto in mano siamo andati in un negozio di tessuti e abbiamo comprato tutto cio' che ci  mi sarebbe servito.
I giorni passavano e io continuavo a procrastinare. Mercoledi 30 Ottobre, intorno alle sei di sera mi sono messa a lavorarci sopra, ho la macchina da cucire ma non la so usare quindi ho provato a fare tutto a mano.
L'abito, blu, sembrava piu' da cantante di coro di gospel che da uccellino; il design prevedeva una maschera, gambe sul grigio, e zampe nere con parti arancioni, cose che naturalmente non avevo fatto.
Il giorno dopo sono andata al lavoro e la sfiga ha voluto che ci fosse un meeting proprio all'ora in cui i sarei dovuta andare via, e visto che mi pagano anche per fare da interprete a chef Demmerda sono dovuta rimanere.
Quando sono finalmente arrivata a casa ho fatto mettere l'abito a mio figlio, ancora era scucito da sotto, ho messo due punti, cosi' da non farli cadere, ad un paio di leggings grigi  miei, ho attaccato due pezzi pile nero con del velcro adesivo per fare le zampe e gli ho fatto mettere un paio di scarpe da ginnastica arancioni.  Per fare la testa dell'uccellino ho preso un cappello da baseball, l'ho coperto di blu e la visiera, che nemmeno a farlo apposta in inglese si chiama bill proprio come il becco, l'ho coperta di tessuto chiaro, ho incollato due occhi di stoffa sulla parte blu e l'abito era completo.
Si, un completo disastro.
Non era nemmeno remotamente simile al design, pero' mio figlio era talmente impaziente di uscire a fare trick or treating che non ha fatto caso a cosa stesse indossando. Devo dire che neanche gli altri bambini hanno detto nulla riguardo al suo costume.
Quando siamo tornati a casa l'abito era completamente scucito da sotto, sembrava un vestito da signora, le zampe nere tenute su dal velcro erano scese e sembravano gli scaldamuscoli di Flashdance, la pupilla di un occhio si era scollata e puntava a sud, la zucca che avevo pazientemente intagliato e messo fuori davanti alla porta l'ho trovata abitata da due enormi scarafaggi, ho riso talmente tanto che mi scendevano le lacrime.

Queste sono le foto del costume.


Da notare la manica aperta da sotto.


La zucca e i suoi inquilini abusivi.

Sunday, October 13, 2013

Karma

La presenza della cara suocera a casa mia mi sta logorando, e nemmeno lentamente.
Cerco di essere positiva, "e' solo una cosa temporanea e sto facendo una cosa buona, magari mi manda pure un po' di karma positivo," continuo a ripetermi.

Ieri rompeva le balle ad oltranza perche' voleva andare a fare le unghie dei piedi, la porto cosi' almeno sta zitta per un po'.
Prima di andare a fare la pedicure mi fermo in un negozio a comprare un po' di frutta, la suoocera sbuffa perche' non vuole perdere tempo, io non sento ragioni, entro e compro le mie belle mele e pere. La signora in fila davanti a me alla cassa mi dice di passare, lei ha un carrello pieno, naturalmente la ringrazio e lei risponde che le e' capitato spesso che altre persone facessero passare lei, quindi il suo e' un "paying it forward," sta ricambiando il gesto.
Niente di strano, questo di far passare le persone e' una cosa che faccio spesso anche io, non ci penso piu' di tanto e proseguo.

Dopo una quarantina di minuti di pedicure, manicure, massaggi alle gambe e applicazione di smalti, minuti in cui ha ammorbato la povera signora cinese con i suoi racconti e le sue teorie assurde, finalmente ci siamo recate alla cassa.
La suocera mi passa la debit card, faccio tutto io per evitare che lei si rovini le unghie (nel frattempo aveva deciso di fare anche quelle delle mani), provo a pagare ma la carta non passa. Il salone delle unghie si trova all'interno dello spazio di Walmart, indico alla proprietaria le casse, che sono al massimo dieci metri da me, e le spiego che posso andare a comprare un pacco di gomme da masticare e prelevare del contante.
Mentre spiego quello che voglio fare, una signora si alza e mi da la sua carta di credito. Dico che no, non e' necessario, la signora insiste, "We are all children of God, I show my love and appreciation for God by giving small blessings, and this is one of them, please let me help you",  siamo tutti figli di Dio, dice, e quello e' il suo modo per ricambiare e mostrare il suo amore per Dio.
E' una signora giovane, nera, ed e' vestita abbastanza comodamente, nel senso che se vai a farti la pedicure certamente non vai con tacco dodici e abito da sera, e la cara suocera, nostra signora delle gaffes, la guarda e dice qualcosa tipo "Ti ringrazio, sei davvero gentile, ma non devi farlo" fin qui tutto bene, poi aggiunge "Hai l'aspetto di una che nemmeno puo' pagarsi la sua di pedicure!"  Sarei voluta sparire.
Alla fine lei, che si comporta di merda con tutti, ha avuto il trattamento estetico pagato da una persona di buon cuore.
Mi sa che il karma delle mie parti e' strabico o fortemente miope.

Thursday, September 26, 2013

Lake in Progress

Si, sono ancora viva.
Dopo parecchi giorni senza linea telefonica, anzi quella l'hanno risistemata abbastanza velocemente, senza connessione internet, con orari di lavoro piuttosto lunghi, chef Demmerda sempre piu' psicopatico, finalmente riesco a tornare.
La connessione non e' piu' a manovella e ne approfitto per pubblicare alcune foto del nuovo progetto all'Eremo: un lago!
Nelle proprieta' vicino all'eremo e' abbastanza comune avere dei laghetti (ponds) in cui andare a pescare, la maggior parte sono illegali, costruiti senza permesso e senza prestare attenzione alla natura circostante; noi abbiamo fatto le cose per bene, abbiamo contattato l'Army Corps of Engeneers, che e' l'autorita' che si occupa di dare i permessi, e dopo uno studio approfondito del terreno e della wildlife circostante, abbiamo ricevuto l'autorizzazione a costruire il lago. Si trovera' dove, da quel che ci hanno detto, la natura probabilmente lo aveva avuto precedentemente.
Costruire un lago e' una cosa abbastanza costosa, in particolare quando si parla di uno di 14/15 acri, quindi per il resto dei nostri giorni si mangera' pane e cipolla, ma con una vista spettacolare e restituendo alla natura quello che le apparteneva.

Ecco le foto del work in progress.





Vista laterale  della mia quercia.



 Vista frontale della quercia con futuro lago sul retro.



 Argilla rossa


Diga in via di svolgimento.

Bello vero?

Saturday, September 14, 2013

Che faccia ha la fame

Ho visto la faccia della fame.
Non era un bambino con le mosche intorno agli occhi in un villaggio africano.
Non era neanche un rifugiato di qualche guerra civile.
Aveva gli occhi blu, i capelli biondi e la pelle rossiccia, indossava una giacca da cuoco piu' grande di almeno tre taglie e mi stava a fianco nella zona in cui facciamo il pane al ristorante.

Le mie esperienze con i morsi della fame sono ridotte ai periodi in cui da ragazzina mi vedevo grassa e saltavo qualche pasto perche' la dieta della settimana consigliava di fare cosi', o a quelle volte in cui dimenticavo la merenda a casa, o a qualche appuntamento che tirava per le lunghe. Non avrei mai immaginato di vedere una persona occidentale, e per giunta americana, malnutrita e affamata.

Ho notato il ragazzo in questione, oltre che per l'abbigliamento, per l'aria spenta che aveva negli occhi, il mio primo pensiero e' stato "He's broken inside" e mi chiedevo cosa mai gli fosse successo per renderlo cosi'.  Con gli altri colleghi ridiamo, scherziamo, facciamo battute oscene irripetibili, lui invece sempre questa faccia spenta.

Da quello che sono riuscita a captare venerdi, il ristorante ogni tanto assume qualche caso pietoso indicato da qualche gruppo, e il ragazzo pare sia uno di quei casi. In ristorante non mangiamo durante la giornata, si fa il pranzo di gruppo, family meal, quando tutti i clienti sono andati via e si sono fatte le pulizie, in teoria ognuno dovrebbe fare una buona colazione che riesca a mantenerci in forze fino al pomeriggio inoltrato. Da qualche giorno dopo l'assunzione del ragazzo, alcuni cuochi di linea certamente piu' svegli di me, portano scatole di donuts e ciambelle varie (a spese loro) per fare colazione tutti insieme e si assicurano che il ragazzo mangi sempre qualcosa.
Io spesso salto il pranzo perche', e ora in prospettiva mi sento una merda, spesso cucinano pietanze a base di carne e io sono semivegetariana e non mangio carne ma pesce. Lui poverino aspetta il pranzo con trepidazione e mi avvisa sempre quando sono pronti ad iniziare.
Dubito che il ragazzo riuscira' a riempire l'uniforme di lavoro, non solo e' magrissimo ma la giacca da cuoco, che chissa' dove avra' reperito, ha le cuciture delle maniche che gli arrivano a meta' braccio, come un bambino con una maglietta del papa'. Pero' finalmente ha iniziato a sorridere, un sorriso con i denti rovinati di chi non ha mai visto un dentista, ma pur sempre un sorriso.
Venerdi siamo stati cosi' impegnati da non riuscire a fare il family meal in orario, il ragazzo finiva il turno alle tre e vedevo che aspettava e aspettava, alla fine e' andato via senza mangiare, quel pasto e' un suo diritto, lunedi prendero' da parte uno degli assistenti manager e mi sentiranno!
E' da ieri che non riesco a smettere di pensarci, fare un po' di spesa, cosa che in genere mi piace, oggi mi e' risultato piuttosto difficile.

Saturday, August 31, 2013

Chef Demmerda

Finalmente dopo numerosi giorni di attesa e vari cambiamenti di biglietti aerei, e' arrivato il nuovo chef del ristorante.
La prima impressione e' stata assolutamente negativa.
Il ristorante non e' ancora aperto e sia io che gli altri colleghi ci siamo impegnati affinche' risultasse perfetto per l'ispezione del dipartimento della sanita'; l'executive chef passava dallo scrostare il pavimento insieme alla signora delle pulizie a studiare le possibili varianti del menu', nel mentre il nuovo chef si guardava intorno con aria di superiorita' e non muoveva un dito.
Fin qui tutto ok, ognuno ha la propria opinione di se stesso, ed evidentemente la sua e' particolarmente alta.
Forse dopo tutti questi anni in Usa mi devo essere americanizzata senza rendermene conto, o molto piu' probabilmente sono sempre stata cosi', ma una delle tante cose che non ho mai tollerato e' stata la discriminazione, fosse questa razziale, religiosa, o sessuale, non per nulla mio suocero si diverte a provocarmi facendo battute contro le donne e chiamandomi "Here Comes Women's Lib" ogni volta che riesce a farmi perdere le staffe.  So che lui scherza e alla fine rido anche io, mentre ho avuto modo di constatare che il nuovo chef e' davvero uno che le donne le ritiene oggetti, nemmeno soggetti, inferiori.
Si parlava dell'uniforme da indossare durante il lavoro, e lo chef mi diceva che ci avrebbe preferito con la giacchina bianca, spiegava che era piu' facile da lavare e poi ha detto a me, unica donna in quel momento, "Non sto a spiegarti tanto tu sei una donna e voi lavate la biancheria."  Sono rimasta di sasso e non ho risposto nulla e se devo essere sincera ho anche pensato che si fosse solo espresso male.
Durante il training si e' comportato da primadonna, si lamentava di tutto, i forni non sono in gradi Celsius, qui non usano i grammi (gli ho fatto vedere che le bilance hanno un tastino che cambia l'unita' da pounds a chili, ma nulla), non ha ancora capito che e' lui a doversi adeguare. Ha urlato come un pazzo contro una ragazza (e te pareva) che non stava sfilettando il pesce come piace a lui, dico, faglielo vedere e lo fara' come vuoi tu.  Ad un certo punto ha urlato contro tutto il personale che si e' fermato e ha incrociato le braccia,  quando ha visto la malaparata e l'arrivo immediato dell'executive, si e' dato una calmata.
Poi la perla del giorno: osservando la mia giacchetta da cucina dice che mi stava grande, gli rispondo che era una taglia S e che avevo fretta di comprarla e non avevo trovato quella sagomata, al che lui, con tutta tranquillita' mi dice, "Sei una donna, dovresti sapere come cucirti una giacca da chef!" Mi sono gonfiata come un pesce palla e gli ho risposto "Scusa?" e lui, "O anche no." Al che ho ribattuto, "Meglio anche no."  Che poi e' una stupidata perche' a me cucire piace, le cose che faccio fanno cagare, pero' ci provo; e' l'idea che il fatto di non avere un pisello in mezzo alle gambe mi renda immediatamente sarta e lavandaia a farmi infuriare. Una delle ragazze del lavoro ha detto che andra' in un porn shop a comprare dei ca##i finti per noi donne, ce li appenderemo al collo per vedere se almeno cosi' si rivolgera' a noi piu' rispettosamente.
Ho temuto un'altra delle sue perle quando ho visto entrare nella cucina del ristorante una ragazza vestita da zoccola particolarmente sexy.  Era una ragazza asiatica, aveva i capelli lunghi, un vestito a canottiera altezza inguine, magrissima con due tette enormi, immagino fossero finte, e scarpe zeppate e brillantinate tacco dodici. Mentalmente ho fatto il segno della croce e quasi promettevo di fare un voto del silenzio se lui non avesse detto nulla di sessita e offensivo, quando vedo che la fanciulla in questione si avvicina allo chef e inizia a parlargli, in ITALIANO!  Mi sono dovuta allontanare per non scoppiare a ridere, aveva una vocina in falsetto da bambina dello Zecchino d'Oro, segmentava le parole con fare vezzosetto, ma la cosa piu' comica era che alcune parole le pronunciava intere e con l'accento di Nino Manfredi nel film Straziami ma di Baci Saziami, "So-nno  Tti-nne-se," il tutto mentre si dondolava sui trampoli con il dito indice in bocca.  Era la compagna cinese dello chef! 
Ho fatto un bel respirone e le ho parlato, giuro avrei pagato qualsiasi cifra per poterla registrare, non sembrava vera.  Aveva stretta sotto il braccio una borsa di Prada e io, profonda come una pozzanghera estiva, mi chiedevo se fosse un'imitazione visto che lei veniva dalla Cina e si sa da dove arrivano le imitazioni.
Il personale della cucina e' molto variegato, c'e' chi ha fatto le scuole di cucina e chi ha altri tipi di esperienze, uno dei lavapiatti ha l'aspetto da ex ergastolano messo on probation, sta sempre sulle sue, se incrocia lo sguardo con un'altra persona lo abbassa immediatamente, mentre noi ridiamo e scherziamo lui non da confidenza a nessuno. Quando lo Chef Dimmerda si era allontanato in ufficio Fior di Loto ha pensato bene di fiondarsi verso il lavapiatti, il poverino rimaneva rigido come un surgelato mentre lei gli si strusciava addosso e gli contava i tatuaggi:
"Ma-ny ma-ny ta-ttoo?"
"51"
"51?"
"Yes, ma'am."
Il tizio sembrava sotto tortura, faceva talmente tanta pena che ho preso la tizia per un braccio e l'ho allontanata con la scusa che sarebbe potuta scivolare in mezzo a tutta quell'acqua.
Fior di Loto e' la compagna di Chef Demmerda, non sono sposati ed e' entrata con il suo visto, secondo me questa appena trova un americano qualunque, anche cesso, si fa sposare per ottenere la Green Card, mi ha dato quell'impressione.
A proposito di impressioni, se lo chef non si da una regolata non so quanto il mio lavoro durera', io non posso tollerare le cose che dice e non riesco facilmente a stare zitta.
Ieri mi ha chiesto quanta esperienza avessi in cucina, quando gli ho risposto che non avevo mai lavorato nella cucina di un ristorante, mi ha squadrata, ha fatto un sorrisetto e ha detto,
"Ah, veggine sei!"
L'ho guardato, ho sollevato un sopracciglio e non gli ho risposto.
E non e' nemmeno un uomo anziano di vecchia generazione,  avra' proprio esagerando per eccesso quaranta anni.


Saturday, August 24, 2013

I Raccomandati

Mi e' successa un'americanata, una di quelle cose che succedono nei film.

Un bel po' di tempo fa ero andata ad un pranzo al lago con delle persone italiane che abitano qui in Georgia, alcune sposate con militari, altre qui per lavoro. Il tipo di pranzo era un potluck, cioe' una di quelle occasioni in cui ognuno porta qualcosa a sorpresa, io avevo improvvisato una sorta di quiche con i gamberetti e le zucchine, e siccome mi era mancata la voglia di uscire a comprare la sfoglia, avevo fatto anche quella in casa.
Una delle signore presenti aveva chiesto chi avesse fatto la "quiche" e io, logorroica da paura, non solo ne avevo rivendicato la maternita' (non mi piace dire paternita'), ma le avevo spiegato il procedimento quasi per filo e per segno.  Dopo avermi lasciata parlare, la signora mi ha detto di essere il manager di un famoso ristorante, uno di quelli in cui tutto viene fatto fresco e una cena costa quasi quanto un mutuo, ha poi aggiunto che avrebbero aperto un secondo ristorante non lontano dalla zona in cui abitavo io, e che sicuramente mi avrebbe tenuta in mente.  Siamo rimaste in contatto, siamo uscite con quel gruppo qualche altra volta e poi l'ho persa di vista.
Qualche giorno fa, dopo oltre un anno, mi ha chiamata e chiesto se fossi ancora interessata a lavorare per lei, le ho risposto di si e mi ha invitata a conoscere lo chef, anche lui italiano.
Il colloquio con lui e' stato un po' imbarazzante per me, mi ha chiesto se avessi mai lavorato nella cucina di un ristorante, cosa che non ho mai fatto. Ha spiegato che aspettavano l'arrivo di uno chef dall'Italia per la nuova sede, e diversamente da lui che parla fluentemente inglese e spagnolo, il nuovo chef non conosce una parola d'inglese, il mio lavoro sarebbe stato tradurre per lui e aiutare in cucina. Ha chiesto come avrei tradotto certi termini culinari dall'italiano all'inglese e poi mi ha chiesto in quali giorni e orari avrei potuto lavorare. Quando e' stato il momento di parlare di quanto mi avrebbero dato all'ora per il mio tipo di lavoro, ho ricordato una collaboratrice di Zuckerberg che diceva che le donne non negoziano mai le offerte di lavoro e si accontentano della prima offerta.  Forte del fatto che a causa della mia poca esperienza non mi avrebbero comunque assunta, ho giocato a fare la negoziatrice, ho sorriso alla sua prima offerta ed espresso il mio target monetario dicendo allo chef che per quello che mi offrivano loro avrei preferito rimanere a casa a fare il punto croce.
Qualche ora dopo la manager mi ha richiamata dicendo che non potevano offrirmi quello che avevo chiesto e rilanciando con una offerta poco piu' bassa di quello che avevo richiesto. Ho accettato subito!
Fin qui tutto bene, ho avuto modo di andare al ristorante, e' quasi pronto per l'apertura, ho conosciuto le altre persone che lavoreranno in cucina con me, e per ora sembrano tutti in gamba.
Ho raccontato la mia avventura dell'assunzione alla mia amica italiana, quella che nonstante abiti qui da tanto ancora non ha capito la mentalita' locale, lei si e' congratulata con me e il giorno dopo mi ha chiamata dicendo di avere un amico che lavora da tanti anni nel campo dei ristoranti e se potevo fare qualcosa per lui per farlo entrare in quel ristorante. Le ho spiegato che io non ero nessuno, ero il plancton dell'oceano, uno scalino sopra il lavapiatti. Ho comunque chiesto allo chef se stavano ancora cercando personale e dopo la sua risposta affermativa ho detto al tizio di portare pure la sua application. Senza impegno.
Mentre ero ad un meeting tra il boss e noi personale del ristorante, meeting in cui il boss ha licenziato in tronco due (ex) futuri camerieri per essere arrivati con notevole ritardo, ho sentito vibrarmi la gamba: era il telefono che avevo messo mute.  Appena libera sono corsa al bagno con il batticuore per vedere chi cercava di contattarmi, ero preoccupata perche' non mi cerca mai nessuno al cellulare, lo tengo solo come contatto di emergenza per la scuola di mio figlio e per i medici.
Era la mia amica che mi mandava dei messaggi, gia' sapeva che non potevo usare il telefono al lavoro ma che l'avrei comunque tenuto in tasca perche' sono paranoica per tutto cio' che riguarda mio figlio.
I messaggi dicevano qualcosa tipo "Il figlio del cugino del fratello della nuora del marito di mia figlia ha portato l'application sia come lavapiatti che come cuoco. Si chiama XYZ ma lo chiamano YZX, ah, dimenticavo, lui preferirebbe fare il cuoco, per favore potresti metterci una buona parola?"  Giuro stavo per esplodere.
Il ristorante non ha ancora nemmeno aperto, e' gia un miracolo che abbiano assunto me e non certamente in virtu' delle mie capacita' culinarie, e gia' mi viene chiesto di usare l'influenza che non ho.

Facciamoci riconoscere anche qui.

Thursday, August 15, 2013

A Curious Case of Extreme Political Correctness

Il mio medico di base e' sparito, ha lasciato detto che sarebbe andato a vivere in Florida, ha mollato improvvisamente tutto ed e' partito.  Ora che ci penso anche la mia gine preferita ha lasciato il suo lavoro, che siano partiti insieme verso romantici lidi?  Bene per loro, pero' per me e' una gran rottura, il medico di base, primary care manager, e' quello che da l'autorizzazione, referral, a vedere gli altri specialisti.  Per una persona ipocondriaca attenta come me questo non e' un semplice contrattempo, e' un dramma!
Naturalmente noi pazienti non eravamo stati informati della romantica (?) fuga, e io, insieme a tante altre persone, mi sentivo ripetere dalla segretaria di lasciare il mio numero, che mi avrebbero richiamata prima possibile.
Dopo aver atteso per diverse settimane, finalmente ho ottenuto il tanto agognato appuntamento, nello stesso posto ma con un nuovo medico.
Sono stata ricevuta da una gentile infermiera che ha preso i miei vitals: temperatura, pressione e peso. Ha tolto fuori un plico di fogli e ha iniziato a compilarli insieme a me. Nome, cognome, assicurazione, titolare dell'assicurazione, malattie, gravidanze, medicinali, ultimo pap, una serie di domande che non finivano piu'. Io, seduta sul lettino rispondevo mentre lei annotava.  Ad un certo momento la vedo muoversi nervosamente sulla sedia, dice che deve farmi una domanda un po' uncomfortable, di non prendermela ma e' una di quelle sulla lista e verra' usata solo per fini statistici. La mia fantasia corre selvaggiamente "E questa cosa vorra' mai chiedermi? Con quante persone sono stata, o se ho un passato da tossica che scambiava siringhe usate, o se bevo alcool e picchio mio marito, o forse se sarei disposta a vendere un rene per denaro, o forse..."  Il mio cervello stava ancora inseguendo coniglietti quando sento:

"Ehhm, ma'am?"      Signora?

"Yes?"      Si?

"Sorry, I have to ask you. "      Mi dispiace ma devo chiedere.

Io, con tanto di sorriso idiota:

"Ok. Go ahead, shoot."      Vai pure, spara!   

"You are...?"      Lei e'?

Io che pensavo "Ma questa e' scema proprio, il mio nome lo ha gia' scritto sulla prima parte del foglio!"

"Excuse me?"      Scusi?

"You are?"      Lei e'?

"I believe you already got that, it was the first thing you verified, that, and my birth date."
Credo lei abbia gia' la risposta, e' stata la prima cosa che ha verificato, quello e la mia data di nascita.

Vedo che arrossisce un po' e mi dice:

"No, that's not what I meant. You are?"      No, non e' quello che intendevo. Lei e'?

In una frazione di secondo tornano alla mente memorie sepolte di interrogazioni scolastiche con tentativi di arrampicate olimpiche sugli specchi. Sara' mica un test psicologico? Tentativamente e quasi bisbigliando, rispondo.

"The pa-tient?      Il paziente?

L'infermiera arrossisce dal collo alla radice dei capelli.

"Ok, let's try again. If you come from China you are...?      Ok, riproviamo.  Se tu vieni dalla Cina sei...?

"Chinese!"      Cinese!

"Yes, indeed. But you would also be...?      Si, senza dubbio. Pero' saresti anche...?

Inizio a dubitare della salute mentale dell'infermiera ma decido di provare comunque a rispondere, sono curiosa di vedere dove vuole arrivare.

"Mandarin? Cantonese?"      Mandarino? Cantonese?

Sorride quasi istericamente e ingoia la saliva.

"Ok, let's say you come from Mexico or Argentina, then you would be...?"      Ok, diciamo che tu vieni dal Messico o dall' Argentina, allora saresti...?

E' sempre piu' rossa e imbarazzata, cosi' per garantirmi sonni tranquilli ed evitare di avere un morto sulla coscienza nel caso le venisse un colpo, le faccio io una domanda.

"How about you give those papers to me and I can read the question all by myself?"
Perche' invece non mi dai quei fogli cosi' posso leggere io la domanda?

E la domanda era...




Race, razza. 


    



Tuesday, August 13, 2013

The Value of a Dollar

I momenti educativi di un genitore americano.
Qualche giorno fa, mentre parcheggiavo l'auto fuori da un negozio, ho notato un Lemonade Stand, una di quelle bancarelline di bambini che vendono le limonate.
Era situata in un posto un po' scomodo, davanti ad una strada in cui non ci si puo' semplicemente fermare, ma si deve continuare fino alla zona parcheggi.
Normalmente questi lemonade stands offrono un bicchiere di limonata fresca in cambio di un dollaro o di una offerta, quasi sempre a beneficio di qualche bambino malato e senza assicurazione.  
Io sono una di quelle persone che qui definiscono suckers, quando posso, nel mio piccolo naturalmente, contribuisco a cause benefiche. In Italia avevo la casa piena di cartoline dipinte da persone senza arti, fazzoletti ricamati da orfani di non so dove, calendario di San Gaspare, Fra Indovino, azalee per la ricerca e chi piu' ne ha piu' ne metta. Qui contribuisco a March of Dimes (sono mamma di prematuro) e come si fa a non mandare soldi a Marlo Thomas e i bambini del St. Jude Hospital quando ti mandano le targhettine adesive con il tuo nome sopra? Per questo motivo mi ero fatta la nota mentale di fermarmi al lemonade stand dopo il negozio.
Quando finalmente sono riuscita ad avvicinarmi allo stand ho notato una mamma e due fratellini tra gli otto e i dieci anni, la signora sorrideva, i bambini erano piuttosto seccati. Davanti e di lato alla bancarella c'erano due cartelloni, mi aspettavo di leggere la storia strappalacrime di qualche bambino in condizione di disagio, invece c'era scritto "Aiutatemi a far capire ai miei figli il valore di un dollaro."  Poi spiegava che il ricavato non sarebbe andato a beneficio di nessun ente o gruppo di ricerca medica, ma di qualche negozio di giocattoli, quindi non c'era da sentirsi forzati a comprare la limonata.
Sono rimasta un po' stupita e la signora mi ha raccontato che i suoi figli davano tutto quello che avevano per scontato, rompevano ad oltranza finche' non avevano giocattolo o un videogioco nuovo e finita la novita' non ci giocavano piu'.  Avevano bisogno di una lezione e lei, dopo aver cercato di far capire loro a parole che niente e' gratuito, e' passata all'azione.

Il motivo della posizione della bancarella in un posto scomodo?  Non sempre nella vita si puo' avere prime real estate, un posto privilegiato.

Saturday, August 10, 2013

A Misplaced Redneck

E' francese, stento a crederci ma e' francese!
La settimana scorsa e' arrivato un cugino francese del Gentiluomo. E' arrivato cosi', quasi a sorpresa, ho ricevuto un messaggio su FB che diceva qualcosa sul genere "Martedi arrivo in Colorado e sabato arrivo ad Atlanta a tale ora."  Non ha chiesto di venire ospitato, si e' autoinvitato. E non e' venuto nemmeno solo, insieme a lui c'era il figlio quasi quindicenne. 
Il cugino e' lo stereotipo vivente del classico francese, e chi conosce i francesi mi puo' capire. Arie di merda,maleducato, infrancianonsiamobarbaricomevoiperolesigarettecostanomenofammenecomprareduecartoni, insopportabile dopo poche ore.
Il figlio, per la regola del contrappasso, ama l'America e vuole trasferirsi qui.
Non solo, il suo sogno e' quello di diventare un Marine, possibilmente in qualche team d'elite. Con grande disappunto del padre non ha interesse nell'alcool e ha gia' detto che non ha intenzione di fumare. Ha voluto che il padre gli comprasse una bandiera americana e uno zaino militare, mi ha fatto una tenerezza incredibile quando mi ha chiesto se potevo accompagnarlo nella base militare a tagliare i capelli, che neanche a dirlo ha voluto cortissimi. E' uscito dal barbiere con un sorriso a quattrocento denti.
Per il resto e' come tutti gli altri ragazzini della sua eta', Iphone e le cuffie di Dr. Dre.
Il Gentiluomo l'ha reso felicissimo quando l'ha portato all'Eremo ad usare l'arco e le frecce, quando poi ha chiesto di poter sparare, noi non lo permettiamo all'Eremo, e' stato accontentato da alcuni vicini di terreno che sghignazzavano all' idea di un ragazzino francese con forti tendenze redneck.
Quello stronz snobbaccio del padre si scandalizza per il figlio "Americanophile", io me la rido e nel frattempo gli ho fatto sapere che per entrare nelle forze armate americane non e' necessario avere la cittadinanza...

Thursday, July 18, 2013

Happy Birthday to Me!

Visto che oggi Blogger mi lascia scrivere uso questa occasione per autocelebrarmi.
Tanti auguri a me!
L'altro giorno era il mio compleanno, un bel numeretto devo dire.
Fino a qualche anno fa l'idea di festeggiare l'invecchiamento mi deprimeva, ora invece, dopo l'avventura con quel simpaticone del linfoma, sono felice di avere un compleanno. E mi festeggio!

Ho chiesto a mio figlio che torta mi suggeriva di fare e lui me ne ha disegnata una, questa.


La parte centrale sarebbe dovuta essere marrone ma non trovava il pastello del colore giusto.


Ho pensato bene di provare a realizzarla nonostante dicesse " I <3 Chocolate" invece che qualcosa di, appunto, autocelebratorio.  Ho tirato fuori alcuni dei miei libri di cucina e ho trovato la ricetta giusta, l'ho adattata un po' e questo e' quello che ne e' venuto fuori.


Abbastanza simile, no?


Ho fatto tutto da me, ganache inclusa, e assaggia questo, assaggia quello, a fine preparazione avevo la nausea. Il ripieno della torta era una crema di burro e zucchero aromatizzato alla nocciola, la ganache aveva la panna da montare e il cioccolato fondente, per la serie "Paula Deen fatti da parte e visto che ci sei chiama pure l'unita' coronarica."
Abbiamo messo una candelina, abbiamo tagliato la torta, era davvero buona, ma un po' troppo pesantuccia. Ora e' in frigo, ne sono rimasti almeno tre quarti.

E' che da qualche tempo a questa parte sto mangiando piu' sano del solito, e di conseguenza anche la mia famiglia. La mattina per colazione mi faccio il succo fresco di rape, spinaci, kale, carote, arancia e qualsiasi altra verdura trovo a casa. Prima avrei venduto l'anima per un paio di anelli di cipolla impanati e fritti, ora anche il solo odore di fritto mi infastidisce.

Ricordo che anche da ragazzetta quando ero a dieta io, a casa mia erano a dieta tutti.  A mio fratello, poveretto, veniva lo sconforto ogni volta che sentiva la parola dieta uscire dalle mie labbra.  Eravamo una famiglia un po' particolare, nostro padre aveva divorziato nostra madre, noi figli eravamo rimasti con lei, lui aveva la crisi dei quaranta anni e non poteva farsi vedere in giro con noi figli, lei faceva l'imprenditore e non c'era quasi mai, io ero l'addetta alla spesa. "Oggi per pranzo zucchine bollite e niente pane sulla tavola. Dieta purificante!" E pensare che i miei fratelli e sorelle ancora mi parlano.

Ritornando a me e al mio post autocelebratorio, mi sono data un anno di tempo per rimettermi in forma, vediamo come andra'.  Nel frattempo...
Tanti Auguri a Me!

Sunday, July 14, 2013

Aaaargh!

Caro Blogger perche' ti ostini a non lasciarmi usare Compose invece di HTML? Eppure lo sai che io e la tecnologia siamo nemici giurati.
Oggi, anzi ormai da qualche settimana, ti odio.
Very respectfully,
Georgia Peach

Sunday, June 30, 2013

Nego o mi arrendo all'evidenza?

Mi sento come Pinocchio quando si e' addormentato vicino al fuoco e si e' ritrovato con i piedi bruciati.
E non parlo in senso metaforico, i piedi li ho bruciati davvero.

Mi dovrei arrendere all'evidenza, sono segretamente bianca.
Sono nata, unica scura, tra fratelli che sembrano usciti da un sito turistico della Norvegia o di qualche altro paese nordico, cresciuta al sole della Sardegna mi basta poco tempo per diventare scura, e scura sono stata per tutto il tempo in cui ho abitato nella mia isola.
Quando rimango un po' sole divento rossa per un giorno, poi dal secondo giorno in poi la mia pelle diventa scura. Assumo un particolare colorito cosi' da sembrare la gemella bassa, grassa, bruttarella e pure povera di Halle Berry.
Il primo dubbio sulla mia possibile "bianchitudine" mi e' venuto quando abitavo in Germania, ricordo di essere tornata da un picnic con le spalle bruciate, naturalmente ho negato il tutto e ho attribuito l'accaduto a qualche ingerenza cosmica.
Ho sempre visto la differenza cromatica tra me e i miei fratelli come un segno della mia superiorita' evolutiva (almeno quello lasciatemelo, non e' facile nascere anatroccolo in una famiglia di cigni), quindi lo smacco e' stato ancora piu' grave;  io scura, forte e invincibile, bruciata dal sole e per giunta in una terra che, come Milano per Toto', nel mio stereotipato immaginario ho sempre associato al freddo e alla mancanza di sole.
La seconda volta in cui la mia granitica certezza ha vacillato e' stato quando ho visto una mia foto scattata al mare, in quel periodo abitavo in una zona del Belgio dove davvero c'era poco sole ed ero rientrata a Cagliari per far conoscere al mio bambino il mio mare.  Nella foto si vedevano delle gambe bianchissime, naturalmente la bianchezza delle gambe l'avevo giudicata una conseguenza del riflesso del sole sulla sabbia.

Cosa faccio, continuo a negare o cedo e mi arrendo all'evidenza?

Nel frattempo cammino scalza.

Due orette in piscina e mi riduco cosi'

Thursday, June 20, 2013

The Modern Child and the State of the Economy


Parlavamo.

"Come non ti ricordi dove l'hai messo? L'hai usato l'altro giorno!"  
Sono sempre vaga nell'indicare i giorni, per me l'altro giorno puo' essere due giorni fa o due settimane fa.

"I can't find it!"
Pronunciato cheint, la logopedista di mio figlio ha un accento Southern fortemente marcato, di conseguenza anche lui.

"L'avevi l'altro giorno, ti ricordi? Era... ah, vediamo se indovini, era un giorno speciale era
F------ Day!"

"F------ Day?"

"Yes, F------ Day."

"Furlough Day?"

Mi sono cadute le pall braccia, furlough e' un periodo di ferie forzate e non pagate che ultimamente e' stato messo in atto nei confronti di diversi enti pubblici e scuole pubbliche.

Naturalmente io mi riferivo al Father's Day.

Tuesday, June 4, 2013

Un fiore gradito

Oggi una mia amica italiana, a conoscenza dell'aria che tira a casa mia in questi giorni, ha avuto un pensiero davvero carino e mi ha portato un mazzone di fiori di zucca. Li ho messi in uno scolapasta e li ho fotografati perche' mi mettono allegria. Poi li ho cotti e mangiati.

Quello che non sono riusciti a fare otto traslochi, l'infertilita', nascite premature, ASD, tumore, PTSD, e' riuscita a fare mia suocera in meno di un mese.
Thanks for the journey hon, I'm out.

Tuesday, May 21, 2013

Il cugino coreano di Montezuma

Leggevo le avventure di Silvia in Chiapas http://ninehoursofseparation.blogspot.com/2013/05/chiapas-un-viaggio-semiserio4-un.html
e mi e' tornato in mente il mio incontro con Chingu Kim*, il cugino coreano di Montezuma.

Erano i nostri ultimi giorni in Corea, le nostre poche cose erano gia' state impacchettate e spedite, avevamo giusto quello che riuscivamo a far stare in valigia e nel bagaglio a mano. Io avrei preso un volo per l'Italia e mio marito uno per gli Stati Uniti, i biglietti erano pronti e aspettavamo solo il giorno X.
La segretaria di mio marito, Mrs. Youn, una gentile donna coreana di mezza eta', aveva invitato a cena noi e il chief che lavorava con loro. Invece di andare al solito ristorante coreano occidentalizzato per i turisti lei ci avrebbe portato in uno a conduzione familiare e frequentato esclusivamente dai locali, un po' fuorimano ma degno di qualche kilometro extra proprio per via dell'autentica cucina coreana. 
Dopo la cena perfetta, io non mangio carne e per me al posto del bulgogi avevano portato una frittata, c'e' stato il classico scambio di doni tra i commensali, le foto in pose sciocche, le promesse di mantenere i contatti in eterno, e poi ognuno e' tornato a casa propria.

La mattina successiva mi sono svegliata con un leggero malessere e dei crampetti allo stomaco, "Sara' il kimchi, non sono abituata alle spezie forti," pensavo io.  Piu' le ore passavano piu' il malessere aumentava.  Visto che ormai nel micro appartamento non avevamo piu' nulla di commestibile, io e il gentiluomo andiamo a mangiare fuori. "Fermiamoci in qualche posto occidentale che non voglio nulla di piccante, sto gia' sudando di mio e non mi sento tanto bene."  Il primo posto che troviamo e' Burger King, io ordino un fish sandwich e il gentiluomo qualche altra schifezza, mentre lui mangia la nausea che mi colpisce ad ondate ritmiche mi fa arrendere dopo pochi morsi.

Mi sveglio nel cuore della notte in un bagno di sudore, con una forte nausea, crampi, e la mia pancia che produceva degli strani rumori.  Abitavamo in un micro appartamento e il bagno ne era la piu' palese rappresentazione, la distanza tra la vasca e il gabinetto era di circa dieci centimetri. Mi alzo dal letto con scatto felino (vabbe' lasciamo perdere) e faccio giusto in tempo ad arrivare al bagno che il contenuto mio stomaco si riversa nella vasca. Una cosa che mi ha stupito e' stato che quello che non usciva da una parte veniva fuori dall'altra. 
Contemporaneamente.
Questi coreani ne sanno una piu' del diavolo, non sono mai stata cosi' felice di avere il gabinetto cosi' vicino alla vasca!
Non ero un bello spettacolo, in particolare per una neosposa. Ero ancora nella fase in cui lui girava per la casa in boxer e calzini o andava tranquillamente in bagno con la porta aperta (uomini, tutta un'altra specie!), mentre io cercavo di convincerlo del mio status di creatura perfetta.
Il bisogno di aiuto vince sulla situazione imbarazzante forzandomi a chiamarlo. "Da... Daa... aaarghh... heeelp..."  Niente, non sentiva, dormiva profondamente. Non avevo la forza di urlare il suo nome e provavo a svegliarlo battendo il pugno sul muro, come ho gia' detto l'appartamento era piccolissimo e il bagno aveva il muro in comune con la camera da letto. Dopo numerosi tentativi mi sente, entra e mi trova sdraiata a terra, non riuscivo nemmeno a stare seduta, cercava di rimettermi a sedere e io, teatrale come non mai, gli dicevo che era arrivata la mia ora.  "Io muoio, addio..."

Il viaggio di ritorno e' stato un incubo, lui ha preso un aereo per gli Usa, io ne dovevo prendere tre per raggiungere la mia destinazione.
Il primo volo da Seoul a Zurigo l'ho quasi completamente trascorso in bagno, andavo e tornavo, alla fine non mi importava che il pavimento fosse allagato dalla pipi' dell'anziano che si contendeva il bagno con me, tantomeno della gamba dei miei pantaloni, scarpa e piede (indossavo scarpe aperte) incollati dal succo di frutta che la bambina seduta a fianco a me mi aveva rovesciato addosso. 
Mi ero anche rassegnata all'idea della morte imminente e ripensavo romanticamente a quando da piccola andavo ogni settimana in "gita" al cimitero con mia nonna. Leggevo le lapidi ed ero intrigata dalle persone nate nella mia citta' o dintorni e morte in qualche luogo per me esotico. Mi chiedevo cosa ci facessero in quelle citta' lontane e mi domandavo se qualche bambino avrebbe pensato la stessa cosa leggendo la mia lapide. 

Dell'aeroporto di Zurigo ricordo solo il bagno e il mio zaino pesantissimo. Era prima dell'11 Settembre 2001 quindi non c'erano restrizioni sul contenuto dei bagagli e io avevo avuto la bella pensata di riempirlo di lattine di prodotti alimentari non europei da far provare ai miei amici. Carica come un mulo, febbricitante e stanca, alla fine sono crollata dal sonno sul volo che mi avrebbe fatta arrivare a Roma.
Un altro volo e sarei arrivata a casa. 

Una volta toccato il suolo cagliaritano il mio spirito era energizzato ma il mio aspetto era terribile. Ero vestita di nero, avevo le occhiaie fino alle ginocchia, la faccia pallida e i capelli incollati al cranio, sembravo una "cugurra" (per i non sardi: un essere foriero di ielle). 
Sentivo addosso lo sguardo delle persone e non mi avrebbe stupito vedere qualcuno toccarsi le pal fare gesti apotropaici al mio passaggio.
Il tizio del controllo bagagli, impietosito dal mio aspetto, ha lasciato che entrasse una delle mie sorelle ad aiutarmi con le valigie, poi mentre mi allontanavo mi ha urlato "Signorina, signorinaaa, provi con una bella spremuta di limone!"



* Ho deciso di chiamare Chingu Kim il corrispettivo coreano di Montezuma perche' la parola chingu
significa amico e kim e' un cognome diffusissimo in Corea.

Al corso di cultura coreana il mio insegnante scherzava sul fatto che se in Corea, ad un raduno di centinaia di persone si lanciasse una pietra, sicuramente si colpirebbe una persona che di cognome fa Kim o Park.

Saturday, May 11, 2013

Wednesday, May 1, 2013

Adios amiga

Questa mattina mentre uscivo dalla doccia ha squillato il telefono, era una delle sorelle della mia amica, e' venuta a mancare durante la notte.
Ieri a quest'ora io e un'altra mia amica eravamo con lei a massaggiarle i piedi e a darle pezzetti di ghiaccio da masticare, oggi non c'e' piu'.
E' una brutta cosa da dire ma e' meglio cosi', stava patendo delle sofferenze fisiche indicibili. Oltre a quello, che certamente non e' poco, non era serena, anche con lo stupore da morfina continuava ad essere preoccupata per il conto che avrebbe mandato l'assicurazione.
Qualche giorno fa, quando ho visto che pur avendo difficolta' a parlare, spaventata dall'idea di lasciare un grosso debito da pagare alla sua famiglia continuava a ripetere "1600 dollari al giorno",  ho deciso di mentire.
Sono uscita dalla stanza e l'ho lasciata con la mia amica, quando sono rientrata le ho detto di avere parlato con le infermiere e con l'assicurazione, tutto era risolto, avrebbe dovuto pagare solo tra i 12 e i 25 dollari al giorno. Sapevo che quelle cifre le sarebbero suonate familiari, erano la sua solita copay durante le visite specialistiche. Il mio trucco ha funzionato, ha accennato un sorriso e si e' calmata.
Starle vicina e' stata una dura prova per me, non solo perche' era una mia amica o perche' vedere una persona che sta male e' difficile per tutti, io ho altri due motivi.
Per prima cosa mi identificavo in lei, ha, aveva, un anno in piu' di me e suo figlio ha un anno in piu' del mio, tutte e due abbiamo provato l'ebbrezza della chemio con i suoi annessi e connessi, e immaginarmi nella stessa situazione mi creava un leggero panico che cercavo di sopprimere mantenendo una calma quasi zen.
La seconda motivazione e' stata una forma del cosidetto survivor guilt, il senso di colpa di chi e' sopravvissuto.  Mi chiedevo se la mia compagnia le creasse disagio, ogni volta che qualcuno menzionava che ero un cancer survivor mi sentivo come un pugno dritto allo stomaco.
Le mie ataviche debolezze sono venute fuori, forse perche' nata e cresciuta nel bacino del Mediterraneo, oltre alla possibilita' di una forma specifica di anemia noi nati in quelle zone nel dna ci portiamo il retaggio del malocchio e dei pensieri negativi.  Pur non credendoci, io normalmente credo al potere del pensiero positivo, mi sono ritrovata a pensare che forse me la stessi tirando. La mentalita' superstiziosa del "Non e' vero ma ci credo" ogni tanto faceva capolino tra i miei pensieri e dettava alcune mie azioni. Non ho mai bevuto una goccia d'acqua o mangiato una briciola in quell'ospedale, eppure ci trascorrevo ore ed ore, non volevo nemmeno poggiare la mia borsa tranne che in quei momenti in cui la razionalita' ritornava e riprendeva in mano la situazione.

Dopo aver cercato di metabolizzare l'accaduto, questa mattina mi sono vestita e sono uscita. Ho detto basta ai pensieri tristi, ho bisogno di vedere bellezza intorno a me, nella peggiore delle ipotesi faro' ricorso alla ricerca di cose stupide e superficiali.
Ho comprato il giornale di Martha Stewart, Weddings. Ha tante foto di fiori e giardini, di dolci e torte nuziali, vediamo se funziona.

Friday, April 26, 2013

Clash of the Titans (one of them being yours truly)

Ci sono tanti lavori che non potrei mai fare.
Uno e' quello del mediatore tra paziente e assicurazione sanitaria. 

La mia amica ha una buona assicurazione. Eravamo nella sua camera di ospedale, lei fatta di medicinali e con il pulsantino per darsi la morfina, cercava di conversare con me. 
E' entrata una ragazza, si e' presentata come il social worker dell'ospedale che fa da tramite con l'assicurazione. In pochi minuti ha detto alla mia amica che visto che ormai e' terminale e la sua prognosi e' terribile, l'assicurazione non ha piu' intenzione di pagare l'ospedale ma di farla trasferire da qualche altra parte. Ha offerto tre possibilita', anzi quattro se si considera l'offerta di abbandonare i medicinali, cosa che porterebbe la fine nel giro di pochi giorni. Snocciolati i pro e non i contro, aspettava una decisione.

E li e' iniziato il putiferio, io che cercavo di difendere con le unghie e con gli artigli gli interessi della mia amica stonata dagli antidolorifici (cosa che non potrei fare visto che non siamo famiglia), la social worker che cercava di tutelare l'ospedale e probabilmente il suo posto di lavoro, e al telefono l'assicurazione che cercava in maniera falsamente garbata di convincere la mia amica a prendere una decisione.
Alla fine dello scontro la social worker piangeva, l'assicurazione fingeva di essere d'accordo che la cosa migliore da fare fosse discutere le opzioni con il marito della mia amica e non con lei, mentre io immaginavo strumenti di tortura medievale da usare sui dirigenti dell'assicurazione.

Qualche giorno dopo ho visto che l'assicurazione ha vinto, non una vittoria netta, ma ha comunque vinto. La mia amica, dopo un soggiorno in terapia intensiva, e' stata trasferita in un altro ospedale piu' economico, l'assicurazione invece l'avrebbe voluta a casa con assistenza minima.

Mi chiedo come certe persone riescano a dormire la notte.

Monday, April 22, 2013

Happy Earth's Day

Per ricordare che oggi e' il giorno dedicato al nostro pianeta, voglio condividere alcune foto di ieri all'Eremo.




Prato di fiorellini gialli (che magari sono erbacce e io non lo so)
Prato di Crimson Clover

Primo piano dei clover

Non ho capito se la mia quercia sia formata da due piante o da una che tenta di separarsi
Ma quanto e' bella? Con le foglie poi!
Blackberry

Monday, April 15, 2013

Zombie Apocalypse

Un giorno qualunque.
Sono seduta sulla sedia a dondolo che leggo un libro, la televisione accesa in sottofondo, un te' verde alla melagrana sul tavolino. La mente inizia ad inseguire tanti pensieri in fuga "Mhmm, non credo la tizia del libro abbia preso la decisione giusta, avrebbe potuto tranquillamente arrivare ad un compromesso, va bene che era il 1920 pero' lei sembra abbastanza indipendente, lasciare quel mondo cosi' vivo ed elegante...   certo potrei provare anche io a vestirmi elegantemente una volta ogni tanto, o almeno a truccarmi un pochino...   che veramente dovrei prima imparare a truccarmi...   il truccatore, pardon, make-up artist, di Dior mi ha detto che il mascara non e' mai troppo, certo lo diceva mentre cercava di vendermene uno vergognosamente costoso...   oddio, ogni tanto il mascara lo uso, il problema e' che lo metto cosi' raramente che mi dimentico di toglierlo prima di andare a dormire e mi risveglio con la faccia di Alice Cooper...   dovrei anche rimettermi un po' a dieta, quel breve periodo in cui ho lasciato il glutine e gli zuccheri aggiunti mi sentivo molto piu' energetica...   questo e' il periodo sbagliato per la dieta, lui va in Francia e mi fa pensare alla buona cucina...  dovrei fare come le mie amiche très chic che si fanno portare i macaroons di Laduree, ma io sono troppo rustica e preferisco il Broye de Poitou che altro non e' che un biscottone ipercalorico a base di farina bianca, burro e zucchero...    pero' mi ci vedrei nei boulevard di Parigi mentre cammino leggiadra e canto tu mais fait tourner la tete...   perche' nelle mie fantasie mi vedo sempre magra e alta?...  a proposito di cibo, mercoledi' pranzo con Indira, cosa mangiano in Nepal?...  ah, e giovedi' con le survivors e la tizia con i baffi talmente schiariti da essere bianchi, certo che pero' le danno un'aria davvero simpatica...  speriamo non provi a convincermi ad andare alle sue lezioni , tanto no, non imparero' mai ad usare l'uncinetto!"
Sento un rumore, penso sia la tv, no, non e' quella la fonte. Mi giro e vedo un'accetta incastrata nella porta d'ingresso. Un' altra accetta spacca il legno, da fuori si intravede il viso marcio e cascante di un individuo con gli occhi bianchi. Gli cade un pezzo di guancia che scopre la mascella superiore e alcuni dei suoi pochi denti rimasti. 
Si salvi chi puo', e' un attacco di zombie!
Perche' mi sono fatta cogliere impreparata!? Perche'? Percheee'?
Perche' ho pensato che spendere $70 + taxes per uno zombie finto fosse una stupidata? Eppure la confezione lo specificava, era certificato come bersaglio di zombie marcio, mi sarei potuta allenare e ora non sarei in fuga.
Povera me e la mia ingenuita'!




Tuesday, April 2, 2013

Tempi Moderni e Rincoglionimento Galoppante

Seduta sulla mia sedia a dondolo verde, imbottita e comoda, leggevo A Passage to India.

"On twittered the Sunday bells; the East had returned to the East via the subur..."

What? Twittered, did I read it right, twittered?

Per qualche secondo la mia testa ha immaginato il simbolo blu dell'uccellino con il becco aperto sul muro della casa del dottor Aziz.  Niente hashtag per fortuna, forse ho ancora qualche speranza che il rincoglionimento sia solo parziale.
Che poi io nemmeno seguo Twitter.
I misteri della mente umana.

Friday, March 29, 2013

Bad, Bad Leroy Brown

Chi mi conosce lo sa, sono una di quelle persone che pur guidando un mezzo di trasporto inquinante non butterebbe mai una cartaccia in terra o del materiale riciclabile nella spazzatura regolare.  Qui al Sud riciclare non e' una cosa che fanno tutti e spesso vengo presa per fanatica.

Qualche giorno fa mi chiama la mia amica italiana, una di quelle persone che credono che riciclare sia una cosa da esaltati.
"Ma tu continui sempre a mettere da parte plastica, lattine e roba varia?"
"Certo!"
"Dove li porti?"
"C'e' un centro di raccolta, e' un po' lontanuccio, vado solo quando ne ho raccolti tanti"
"Ti pagano?"
"No."
"Ho fatto pulizie in casa, giardino e garage, ho molto metallo da buttare e ho sentito di un posto in cui ti pagano per metal scrap, mi accompagni?"
"Ok"

E cosi' questa mattina abbiamo caricato il mio truck di metalli vari, incluse le mie lattine, e siamo partite all'avventura. Prima di andare ho dovuto fotografare il carico, sembravamo Sanford and Son in versione redneck.
Io avevo le lattine, la mia amica invece ha graziato il mio truck con la presenza di un piccolo frigorifero, un barile (tipo quelli del petrolio) arrugginito, un'antenna di Direct TV, il parafango di un'auto con marmitta abbinata, pezzi di un ombrellone e tanti altri oggetti di metallo.
Io guidavo, lei era il navigatore.
Abbiamo trovato il posto, si trovava vicino alla ferrovia, aveva un aspetto un po' deprimente, persone con la faccia da disperati, auto ammaccate, una gru all'orizzonte che spostava pile di metalli, un cane dall'aria fortemente minacciosa.
Il cane.
Che io lo so di non essere del tutto normale.
Vedo il cane e inizio a canticchiare:
"And he's bad, bad Leroy Brown
The baddest man in the whole damn town
Badder than old King Kong
Meaner than a junkyard dog"
Certe cose solo io.

A fine avventura la mia amica si e' ritrovata con una trentina di dollari per il suo metallo, a me per le lattine ne hanno dato solo nove, che e' comunque meglio di nulla.  In compenso ho avuto modo di vedere lo "sparalattine," cosi' ho deciso di chiamarlo io, un cannone che appiattisce le lattine e le spara su un camion.

Nota positiva. L'incentivo economico e' piaciuto cosi' tanto alla mia amica che dice che d'ora in poi raccogliera' lattine e metalli vari anche se dovesse fermarsi in mezzo alla strada per farlo.  Dove non arriva la coscienza ecologica, arriva il potere dei soldi.
Sanford and Son


Una tristezza!
The Junkyard Dog
Lo Sparalattine!

Monday, March 25, 2013

Eremo con sorpresa

Questo fine settimana sono tornata a visitare i miei alberelli all'Eremo. Era una giornata un po' scura, minacciosa di pioggia.



Questo e' l'ingresso visto dal trailer. Perche' l'eremo e' fornito di trailer (mobile home) degli anni settanta, con tanto di acqua calda, riscaldamento e aria condizionata. Comunque un pugno in un occhio in mezzo a tanta bellezza.



Questa e' la mia quercia con sorpresa.


 
Mi avvicino ancora un po'.

E' un fox squirrel!

Qui e' vista da dietro. Dico vista perche' e' sulla mia quercia, il caos sotto non l'ha infastidita, ed e' in posa da Sfati Imperatrice. Mi piace pensare che sia femmina.

Il laghetto per abbeverare le mucche che non abbiamo. (E che non intendo avere)

Una catasta di legna, nonche' tentativo di foto artistica.

Bel prato verde all'orizzonte.


Saturday, March 23, 2013

Saint Patrick's Day, Pesci e Genealogia

Ho un figlio che festeggerebbe tutte le ricorrenze e un marito che non festeggerebbe nulla; quest'anno si e' addirittura dimenticato il nostro anniversario.  Quindi, visto che in una famiglia disfunzionale come la nostra alla fine a comandare e' il figlio, domenica scorsa abbiamo festeggiato anche (dico anche perche' noi non siamo irlandesi) Saint Patrick's Day. O almeno ci abbiamo provato.

Prima che il Gentiluomo partisse per l'Eremo gli ho chiesto se fosse sicuro di non avere sangue irlandese.
"No" ha risposto lui.
"Dalla parte di mia madre siamo francesi, puri.  Da quella di mio padre siamo scozzesi, inglesi e nativi americani, Cherokee."
"Non ti ci vedo con le piume in testa."
"La mia bis-bis-bis-bis-bisnonna era full blooded Cherokee!"
"Bla bla bla bla bla bla, conosconosco la storia."
"E un mio antenato era sulla Mayflower."
"Come fai a dire che era un tuo antenato? Aveva semplicemente il tuo stesso cognome."
"Se abbiamo lo stesso cognome vuol dire che siamo imparentati, no?"
"Guarda che il tuo antenato, come lo chiami tu, e' morto prima di riprodursi."
"Non c'entra nulla, i suoi familiari lo avevano comunque mandato nel nuovo mondo."
"Forse a fare l'indentured servant!"
"No, a cercare la liberta' di culto. E comunque e' l'intento che conta!"
"Fare-thee-well, my dear husband, fare-thee-well!" (Ho rischiato il vaff, lo so)

Dopo che il Gentiluomo e' partito io e il bambino ci siamo messi ad organizzare il party.
Ad un certo punto squilla il telefono, era la mia amica italiana, quella con la casa italianissima.  Mi racconta di essere andata a pesca con il marito il giorno prima e mi chiede se posso andare ad aiutarla, o piu' precisamente, ad aiutare il marito a pulire i pesci.  Io, che ancora devo imparare a dire di no a tutti, accetto e vado.
Io aiuto lui a pulire e pesci e mio figlio "aiuta" lei a fare la besciamella.
Cerco di fare piu' in fretta possibile, ho un party da organizzare! Questi sei pesci non sono nulla, il mio record l'ho battuto anni fa all' Ile de l'Oleron, nella casa al mare di Pappy e Genevieve avevo pulito due chili di sogliole in un tempo imbattibile, ce la posso fare, ce la posso fare!
Finalmente mi libero e saliamo in macchina per tornare a casa.
Mentre guido mi sembra di sentire un suono, come un  pzzsss ppzzsss.
Non riesco a capire da dove provenga.
Spengo la radio e il suono continua pzzsss ppzzsss...  sento un profumo che mi irrita le narici pzzsss ppzzsss...    mi giro e vedo mio figlio che mi sta spruzzando/inondando di Febrize, dice che puzzo.
Non che abbia tutti i torti, appena arrivo a casa mi trovo squame di pesce gatto anche tra i capelli e un odore di pesce nelle mani che sembrava non volere andare via.

Visto che ormai era gia' mezzoggiorno passato, i nostri festeggiamenti si sono ridotti a cucinare piselli, cavolo e qualche altra cosa, che anche se non di tradizione irlandese, fosse almeno di colore verde.
Il top lo abbiamo raggiunto improvvisando il dessert con un budino istantaneo al pistacchio, era verde, di un bel verde colorante artificiale.






Il budino nucleare.