Buoni propositi per il nuovo anno: nessuno.
Proprio cosi', nessuno.
Mi chiedo se:
A) Abbia raggiunto la perfezione
B) Abbia imparato a capirmi ed accettarmi per come sono, peculiarita' incluse
C) Stia diventando stanca, annoiata e apatica
D) A, B e C
Continuero' a fare quello che ho sempre fatto, semplicemente aggiustero' la rotta quando il panorama non sara' piu' di mio gradimento o qualche ostacolo mi si mettera' davanti.
Certo una bella iniezioncina di entusiasmo non mi farebbe male...
Sunday, December 30, 2012
Thursday, December 20, 2012
Saturday, December 15, 2012
Only a question of time
Si sapeva, era solo una questione di tempo.
Non chi, non dove, e nemmeno quando. Pero' sarebbe certamente accaduto.
E cosi' e' successo ancora, questa volta la maggior parte delle vittime (che hai voglia ad addolcire la cosa chiamandoli piccoli angeli, sempre vittime rimangono) sono dei bambini.
Subito dopo le tragedie partono le giustificazioni.
Sparatoria al mall? Consumisti del cazzo, fossero rimasti a casa loro invece di comprare inutili prodotti made in China, sarebbero ancora vivi.
Sparatoria al tempio Sikh? Vabbe', sono di quelle strane religioni e sono pure marroncini, c'era da aspettarselo.
Questa volta si tratta di una scuola, ma non una di quelle scuole fatiscenti con i graffiti ai muri e gli studenti con i pantaloni allacciati sotto il culo. Il tipo di studenti per cui molte persone perbene non condannerebbero del tutto il gesto dell'assassino.
Questa e' una scuola elementare, solo a vederla fa venire in mente l'odore dei pastelli a cera, i disegni appesi ai muri, l'incosciente senso di sicurezza dell'infanzia.
Entrano in campo i conservatori.
"Il ragazzo aveva problemi perche' i genitori erano divorziati." Parliamo di un ventenne, non di un bambino di sei anni arrabbiato perche' costretto a trascorrere il Natale con un genitore invece di un altro.
"La colpa e' anche della madre, una brava madre conosce bene il proprio figlio" Ehm, e il padre dove lo lasciamo? (Queste donne! Da quando hanno il diritto al voto si sono montate la testa. Dovrebbero stare a casa, barefoot and pregnant in the kitchen!) E non dimentichiamo che i genitori del ragazzo non erano dello stesso sesso, quindi per i conservatori aveva la famiglia ideale.
I commentatori televisivi.
I difensori del secondo emendamento e i lobbisti continueranno a dormire sonni tranquilli, bastera' usare parole come Liberta', Diritto e Padri Fondatori, snaturarle, farle proprie e nascondersi dietro la loro enorme ombra. Usando queste parole magiche nella maniera giusta si diventa intoccabili.
Fossi un dittatore, queste sarebbero le mie regole iniziali:
Non chi, non dove, e nemmeno quando. Pero' sarebbe certamente accaduto.
E cosi' e' successo ancora, questa volta la maggior parte delle vittime (che hai voglia ad addolcire la cosa chiamandoli piccoli angeli, sempre vittime rimangono) sono dei bambini.
Subito dopo le tragedie partono le giustificazioni.
Sparatoria al mall? Consumisti del cazzo, fossero rimasti a casa loro invece di comprare inutili prodotti made in China, sarebbero ancora vivi.
Sparatoria al tempio Sikh? Vabbe', sono di quelle strane religioni e sono pure marroncini, c'era da aspettarselo.
Questa volta si tratta di una scuola, ma non una di quelle scuole fatiscenti con i graffiti ai muri e gli studenti con i pantaloni allacciati sotto il culo. Il tipo di studenti per cui molte persone perbene non condannerebbero del tutto il gesto dell'assassino.
Questa e' una scuola elementare, solo a vederla fa venire in mente l'odore dei pastelli a cera, i disegni appesi ai muri, l'incosciente senso di sicurezza dell'infanzia.
L'America piange, il Presidente piange, e i lobbisti delle armi cercano di riparare il danno alla loro immagine. Questa e' la volta che magari il popolo si rompe e chiede qualche cambiamento, cosi' inizia il Blame Game, il gioco dello scaricabarile delle colpe.
Entrano in campo i conservatori.
"Il ragazzo aveva problemi perche' i genitori erano divorziati." Parliamo di un ventenne, non di un bambino di sei anni arrabbiato perche' costretto a trascorrere il Natale con un genitore invece di un altro.
"La colpa e' anche della madre, una brava madre conosce bene il proprio figlio" Ehm, e il padre dove lo lasciamo? (Queste donne! Da quando hanno il diritto al voto si sono montate la testa. Dovrebbero stare a casa, barefoot and pregnant in the kitchen!) E non dimentichiamo che i genitori del ragazzo non erano dello stesso sesso, quindi per i conservatori aveva la famiglia ideale.
I commentatori televisivi.
"Il fatto che una delle pistole potesse sparare quindici proiettili invece che dieci non fa la differenza." Oh, really? Vai a dirlo ai genitori delle vittime, o meglio, perche' non ti ci metti tu davanti ad una pistola che ha appena scaricato dieci colpi e ne ha ancora cinque in canna, tanto non fa nessuna differenza!
I difensori del secondo emendamento e i lobbisti continueranno a dormire sonni tranquilli, bastera' usare parole come Liberta', Diritto e Padri Fondatori, snaturarle, farle proprie e nascondersi dietro la loro enorme ombra. Usando queste parole magiche nella maniera giusta si diventa intoccabili.
Fossi un dittatore, queste sarebbero le mie regole iniziali:
(Questa foto l'ho rubata da Fb, era sulla pagina del mio amico Jeffery P.)
Wednesday, December 12, 2012
Lemon Squares: the recipe!
Cri di "dovegirail sole" (non ho mica capito come si fa a linkare) mi ha chiesto la ricetta dei Lemon Squares, eccola.
La ricetta l'ho presa da una pubblicazione di King Arthur Flour, l'ho adattata nel modo piu' preciso possibile ai pesi e misure italiane. La farina bianca si potrebbe sostituire con quella di mandorle o con altri tipi, l'importante e' che la base abbia la consistenza simile a quella di un biscotto.
La ricetta l'ho presa da una pubblicazione di King Arthur Flour, l'ho adattata nel modo piu' preciso possibile ai pesi e misure italiane. La farina bianca si potrebbe sostituire con quella di mandorle o con altri tipi, l'importante e' che la base abbia la consistenza simile a quella di un biscotto.
Base
200 gr. di farina
32 gr. di zucchero a velo
1 1/2 gr. di sale
115 gr. di burro non salato
Topping
4 uova grandi
Il succo di 2 limoni grandi
35 gr. di farina
3 gr. di sale
la scorza dei due limoni o mezzo cucchiaino di olio di limone
zucchero a velo
Preriscaldare il forno a 180 gradi. Imburrare leggermente una teglia di 23x23 cm, 28x18 o dimensioni simili.
Per la base.
Mischiare farina, zucchero e sale in una ciotola media. Tagliare il burro a pezzi piccoli ed unirlo al composto. Usando il mixer o le mani formare una pasta che abbia la consistenza delle briociole di pane. Pressare il composto nella teglia ed infornarlo per 20 minuti o finche' non assume un colore marroncino dorato.
Per il topping.
In una ciotola media sbattere le uova con lo zucchero e il succo di limone finche' diventa liscio (io uso un mixer elettrico). Aggiungere la farina, il sale e la scorza del limone grattugiata (o l'olio di limone).
Versare il tutto sulla base calda e infornare per 25 minuti o finche' il topping appare solido.
Sfornare e lasciare sfreddare nella teglia. Spolverare con lo zucchero a velo poco prima di tagliare e servire. Non ho mai provato a mettere l'olio di limone, probabilmente funzionerebbe meglio della scorza dei limoni, a seconda del tipo di limone questa tende a dare un retrogusto amaro.
200 gr. di farina
32 gr. di zucchero a velo
1 1/2 gr. di sale
115 gr. di burro non salato
Topping
4 uova grandi
Il succo di 2 limoni grandi
35 gr. di farina
3 gr. di sale
la scorza dei due limoni o mezzo cucchiaino di olio di limone
zucchero a velo
Preriscaldare il forno a 180 gradi. Imburrare leggermente una teglia di 23x23 cm, 28x18 o dimensioni simili.
Per la base.
Mischiare farina, zucchero e sale in una ciotola media. Tagliare il burro a pezzi piccoli ed unirlo al composto. Usando il mixer o le mani formare una pasta che abbia la consistenza delle briociole di pane. Pressare il composto nella teglia ed infornarlo per 20 minuti o finche' non assume un colore marroncino dorato.
Per il topping.
In una ciotola media sbattere le uova con lo zucchero e il succo di limone finche' diventa liscio (io uso un mixer elettrico). Aggiungere la farina, il sale e la scorza del limone grattugiata (o l'olio di limone).
Versare il tutto sulla base calda e infornare per 25 minuti o finche' il topping appare solido.
Sfornare e lasciare sfreddare nella teglia. Spolverare con lo zucchero a velo poco prima di tagliare e servire. Non ho mai provato a mettere l'olio di limone, probabilmente funzionerebbe meglio della scorza dei limoni, a seconda del tipo di limone questa tende a dare un retrogusto amaro.
Sunday, December 9, 2012
Il mio eremo
Questo e' l'ingresso al mio eremo. Ho provato a fare una foto "artistica" e la mia macchina fotografica mostrava il disegnino del cestino della spazzatura.
Ma grazie!
E questo e' il fieno che il mio vicino taglia dal nostro campo e vende alle persone con i cavalli. Noi non ci guadagnamo nulla, ma abbiamo l'erba tagliata. Fino a poco tempo prima che prendessimo il terreno, il vicino fertilizzava i campi, ora che e' nostro non autorizziamo piu' niente di chimico, se vuole l'erba la deve prendere cosi'.
Un giorno d'estate sono andata nel bosco che si vede all'orizzonte. Sembrava di essere nel mondo delle fairies, dal terreno saliva il vapore, gli alberi fitti coprivano il cielo e davano al tutto una luce verde. E' stato magico, non mi avrebbe sorpreso sentire uno scampanellio e vedere uno gnomo spuntare da dietro una roccia coperta di muschio. Se avessi avuto la macchina fotografica avrei scattato una foto, che viste le mie doti non avrebbe comunque reso l'idea.
Questa e' la mia quercia preferita, mi piacerebbe ripulirla da alcuni rami cadenti, appendere delle luci, fare una sorta di pavimento di pietre che non la soffochi, e trasferirmi sotto la sua ombra a leggere.
A sinistra della quercia il terreno crea la situazione geologica ideale per costruire un lago artificiale di una dozzina di acri.
La stessa quercia by night. Lo so, la foto fa cagare (brutta cosa le velleita' artistiche mal riposte), pero' almeno ci ho provato!
Tuesday, December 4, 2012
When life gives you lemons...
C'e' un detto americano "When life gives you lemons, make a lemonade" quando la vita ti da limoni (fregature/delusioni) fai una limonata. In altre parole, cerca di trovare il lato positivo anche nelle situazioni negative. Che non c'entra nulla con questo post, tranne per il fatto che si parla di limoni, e proprio di un limone voglio parlare. Un limone Mayer.
Qualche tempo fa io e il Gentleman, aka l'Orso, abbiamo comprato alcuni alberi da frutto da piantare nel nostro futuro eremo. Lui ha scelto alberi di mele, pere, ciliegie e altri frutti classici; io, mediterranea del sud, naturalmente ho voluto gli alberi di fichi, melagrane, mandarini e limoni. Mi dimentico sempre di ordinare la pianticella di mirto che, miracolosamente, si trova anche su Amazon.
Qualche settimana fa una sorpresa: un alberello di limone ha prodotto il nostro (dico nostro per sembrare generosa e non competitiva, in realta' penso MIO, mioo, miooo, seguito da risata diabolica) primo limone. Una pallinetta verde oblunga che a poco a poco ha iniziato a crescere e a cambiare colore.
L'eremo dista qualche ora da casa ed e' in una zona selvaggia (ok, esagero con l'aggettivo) popolata da daini, linci, coyoti, armadilli, serpenti e altri animali per me esotici. Per un po' ho pensato che il mio limone non sarebbe sopravvissuto a tutti quei visitatori, invece no, ha continuato a resistere sul suo alberello. Piu' di tutti temevo i daini che in questo periodo dell'anno hanno la tendenza a scrostare il velluto delle corna sui tronchi d'albero.
Il mio secondo nemico lo identificavo nella "cougar" del fratello del Gentleman. La matura signora in questione ama andare a correre per mantenersi all'altezza del giovane aitante compagno, e il suo posto preferito in cui correre e' l'eremo.
Nelle mie vivide fantasie la immaginavo correre, notare il mio limone e fermarsi per coglierlo. Vedevo apparire un cartello con una scritta tipo "Vietato raccogliere il mio limone, chiunque osera' verra' passato per le armi senza processo" circondato dalle trappole Acme di Willy il Coyote.
Un bel giorno l'Orso, di rientro dall'eremo, mi si presenta davanti con il limone in mano. Il mio limone, il mio primo limone! Lo accarezzo, lo odoro (il limone, non l'Orso) gli scatto qualche foto. Mi sento una mamma orgogliosa.
Poi pero' mi chiedo cosa farne. Potrei lasciarlo su un piatto e osservare come invecchia lentamente. Vedere la sua buccia liscia e soda ammorbidirsi e perdere tono. No, devo usarlo in qualche modo. Devo rendere onore alla sua esistenza, devo trovare una ricetta che utilizzi sia il succo che la buccia.
Potrei fare un limoncello, sono sicura che la ricetta non sia difficile da reperire, pero' no', e' uno solo, immagino non basti.
Potrei fare una crema pasticcera al limone, ma non amo le creme in genere.
Forse un sorbetto, una torta, un hummus al limone?
Poi mi viene l'illuminazione: lemon squares!
When life gives you lemon(s), make...
Qualche tempo fa io e il Gentleman, aka l'Orso, abbiamo comprato alcuni alberi da frutto da piantare nel nostro futuro eremo. Lui ha scelto alberi di mele, pere, ciliegie e altri frutti classici; io, mediterranea del sud, naturalmente ho voluto gli alberi di fichi, melagrane, mandarini e limoni. Mi dimentico sempre di ordinare la pianticella di mirto che, miracolosamente, si trova anche su Amazon.
Qualche settimana fa una sorpresa: un alberello di limone ha prodotto il nostro (dico nostro per sembrare generosa e non competitiva, in realta' penso MIO, mioo, miooo, seguito da risata diabolica) primo limone. Una pallinetta verde oblunga che a poco a poco ha iniziato a crescere e a cambiare colore.
L'eremo dista qualche ora da casa ed e' in una zona selvaggia (ok, esagero con l'aggettivo) popolata da daini, linci, coyoti, armadilli, serpenti e altri animali per me esotici. Per un po' ho pensato che il mio limone non sarebbe sopravvissuto a tutti quei visitatori, invece no, ha continuato a resistere sul suo alberello. Piu' di tutti temevo i daini che in questo periodo dell'anno hanno la tendenza a scrostare il velluto delle corna sui tronchi d'albero.
Il mio secondo nemico lo identificavo nella "cougar" del fratello del Gentleman. La matura signora in questione ama andare a correre per mantenersi all'altezza del giovane aitante compagno, e il suo posto preferito in cui correre e' l'eremo.
Nelle mie vivide fantasie la immaginavo correre, notare il mio limone e fermarsi per coglierlo. Vedevo apparire un cartello con una scritta tipo "Vietato raccogliere il mio limone, chiunque osera' verra' passato per le armi senza processo" circondato dalle trappole Acme di Willy il Coyote.
Un bel giorno l'Orso, di rientro dall'eremo, mi si presenta davanti con il limone in mano. Il mio limone, il mio primo limone! Lo accarezzo, lo odoro (il limone, non l'Orso) gli scatto qualche foto. Mi sento una mamma orgogliosa.
Poi pero' mi chiedo cosa farne. Potrei lasciarlo su un piatto e osservare come invecchia lentamente. Vedere la sua buccia liscia e soda ammorbidirsi e perdere tono. No, devo usarlo in qualche modo. Devo rendere onore alla sua esistenza, devo trovare una ricetta che utilizzi sia il succo che la buccia.
Potrei fare un limoncello, sono sicura che la ricetta non sia difficile da reperire, pero' no', e' uno solo, immagino non basti.
Potrei fare una crema pasticcera al limone, ma non amo le creme in genere.
Forse un sorbetto, una torta, un hummus al limone?
Poi mi viene l'illuminazione: lemon squares!
When life gives you lemon(s), make...
... lemon squares!
Thursday, November 29, 2012
Two donkeys and a preemie Baby Jesus
Confesso: ho il presepe piu' sfigato del pianeta.
I personaggi principali: Giuseppe, Maria, i Magi, piu' un pastore con pecorella tra le braccia e un cammello vengono dallo stesso set, quindi si complementano tra di loro. I loro abiti sono simili, il materiale e' lo stesso, il tutto crea un effetto omogeneo.
Pero' a rovinare l'armonia ci sono gli altri personaggi, che sono, come dire, di provenienza ed eta' diverse.
Il personaggio di Gesu' Bambino e' arrivato a casa nostra inaspettatamente un sabato di dicembre di diversi anni fa. Era un giorno particolarmente felice perche' ci avevano da poco "restituito" dall'ospedale nostro figlio. Eravamo duerinco genitori nuovi di zecca, il bambino ci guardava con i suoi occhioni spalancati e noi gli parlavamo con vocine idiote affettuose. Mentre il bambino subiva gioiva delle nostre attenzioni, sentiamo suonare alla porta. Dal vetro (ah, il nord Europa e le sue porte a vetri!) intravedo due tizi, uno di loro vestito da Babbo Natale.
Immaginavo fossero delle persone in cerca di soldi per qualche organizzazione benefica, vera o fittizia, decido comunque di aprire la porta, sentire la storia e sganciare qualche euro. Babbo Natale e il suo elfo mi stupiscono, non cercano soldi, hanno una lista del comune in cui vengono indicate le case con bambini piccoli, il loro compito e' di donare, da parte dell'amministrazione comunale, un pane dolce a tutti i bambini. Visto che Babbo Natale era in casa gli scatto una foto con il bambino, che nonostante i suoi due chili appena raggiunti, lo guarda con la diffidenza di uomo anziano.
Quando i due vanno via apro la busta del pane. E' una sorta di treccia con al centro una statuina del bambinello fatta di zucchero (?) Il pane viene mangiato (da me, il gentiluomo paranoico OCD, non si fida) e la statuina viene messa da parte.
Qualche giorno dopo, in preda al bisogno di qualcosa di dolce, io sono come i tossici con i munchies, decido di mangiare la statuina. Decisione non facile, cresciuta in ambiente cattolico, mi chiedevo a quale tipo di pena eterna stessi per dannare la mia anima. Uhm, inferno in zona golosi o in zona donna iconoclasta?
Dopo qualche pio tentennamento prendo in mano la statuina e inizio a leccare la parte che rappresentava la paglia, non aveva un buon sapore e non era nemmeno dolce. "Forse e' meglio se ne stacco un pezzo piu' grande" e cosi' addento Gesu' Bambino, per poi rendermi conto che e' fatto di gesso, non di zucchero!
Eppure somigliava tanto a quelle terribili collanine di zucchero colorato, quelle con le "perline" tenute insieme da un filo elastico, le stesse che quasi tutti abbiamo mangiato da piccoli.
A casa mia il bambinello e' parte del presepe dal giorno in cui metto insieme i personaggi. Quando ero piccola si aspettava la notte di Natale per aggiungerlo, io ho cambiato le regole. In una casa con un (ex) prematuro anche Gesu' Bambino e' prematuro!
Come ogni presepe che rispetti, il mio ha anche qualche pecorella, un cane, due capre e un'anatra. Queste statuine le avevo fin da piccola, sono parte del presepe che avevamo in Italia. Mia sorella me le ha mandate insieme ad alcune palline che decoravano il nostro albero quando io ero piccolissima o poco prima che nascessi.
Una delle pecorelle ha una bella macchia verde fatta con il muschio spray, che secondo me e' lo stesso prodotto che qualche tempo fa pubblicizzavano per coprire la pelata di certi uomini, semplicemente di un colore diverso.
La pecorella e' stata vittima, insieme all'angelo dall'occhio singolo (lo chiamo cosi' perche' e' talmente vecchio che gli si e' scrostato il colore da un occhio) del troppo zelo che io e mio fratello avevamo mostrato nel nostro maldestro tentativo di verdeggiare il deserto. Purtroppo l'angelo e' ancora in Italia, devo riuscire a corrompere mia sorella che non lo vuole lasciare andare.
Al presepe si e' aggiunto uno stambecco, lo so non c'entra nulla, ma e' carino, lo abbiamo trovato in un pacco di merendine durante un viaggio in Italia.
Fino a poco tempo fa all'appello mancavano il bue e l'asinello.
Due anni fa sono riuscita a trovare uno dei due, l'anno scorso quando sono andata a cercare l'altro era ormai troppo tardi, quasi tutte le statuine erano state vendute.
Quest'anno non mi sono fatta fregare, sono andata tanto in anticipo e ho trovato l'asinello. L'ho preso in mano, ho fatto una victory dance in mezzo alle corsie del negozio, e sono tornata a casa felice come se avessi vinto la lotteria.
Il giorno dopo Thanksgiving ho fatto il presepe e mi sono resa conto dell'errore: il pezzo mancante era il bue non l'asinello!
Quindi ora il mio presepe ha due asinelli, tanto mica stonano con lo stambecco, la pecora pezzata di verde e Gesu' Bambino con il segno dei denti.
Sembra di zucchero, no?
I personaggi principali: Giuseppe, Maria, i Magi, piu' un pastore con pecorella tra le braccia e un cammello vengono dallo stesso set, quindi si complementano tra di loro. I loro abiti sono simili, il materiale e' lo stesso, il tutto crea un effetto omogeneo.
Pero' a rovinare l'armonia ci sono gli altri personaggi, che sono, come dire, di provenienza ed eta' diverse.
Il personaggio di Gesu' Bambino e' arrivato a casa nostra inaspettatamente un sabato di dicembre di diversi anni fa. Era un giorno particolarmente felice perche' ci avevano da poco "restituito" dall'ospedale nostro figlio. Eravamo due
Immaginavo fossero delle persone in cerca di soldi per qualche organizzazione benefica, vera o fittizia, decido comunque di aprire la porta, sentire la storia e sganciare qualche euro. Babbo Natale e il suo elfo mi stupiscono, non cercano soldi, hanno una lista del comune in cui vengono indicate le case con bambini piccoli, il loro compito e' di donare, da parte dell'amministrazione comunale, un pane dolce a tutti i bambini. Visto che Babbo Natale era in casa gli scatto una foto con il bambino, che nonostante i suoi due chili appena raggiunti, lo guarda con la diffidenza di uomo anziano.
Quando i due vanno via apro la busta del pane. E' una sorta di treccia con al centro una statuina del bambinello fatta di zucchero (?) Il pane viene mangiato (da me, il gentiluomo paranoico OCD, non si fida) e la statuina viene messa da parte.
Qualche giorno dopo, in preda al bisogno di qualcosa di dolce, io sono come i tossici con i munchies, decido di mangiare la statuina. Decisione non facile, cresciuta in ambiente cattolico, mi chiedevo a quale tipo di pena eterna stessi per dannare la mia anima. Uhm, inferno in zona golosi o in zona donna iconoclasta?
Dopo qualche pio tentennamento prendo in mano la statuina e inizio a leccare la parte che rappresentava la paglia, non aveva un buon sapore e non era nemmeno dolce. "Forse e' meglio se ne stacco un pezzo piu' grande" e cosi' addento Gesu' Bambino, per poi rendermi conto che e' fatto di gesso, non di zucchero!
Eppure somigliava tanto a quelle terribili collanine di zucchero colorato, quelle con le "perline" tenute insieme da un filo elastico, le stesse che quasi tutti abbiamo mangiato da piccoli.
A casa mia il bambinello e' parte del presepe dal giorno in cui metto insieme i personaggi. Quando ero piccola si aspettava la notte di Natale per aggiungerlo, io ho cambiato le regole. In una casa con un (ex) prematuro anche Gesu' Bambino e' prematuro!
Come ogni presepe che rispetti, il mio ha anche qualche pecorella, un cane, due capre e un'anatra. Queste statuine le avevo fin da piccola, sono parte del presepe che avevamo in Italia. Mia sorella me le ha mandate insieme ad alcune palline che decoravano il nostro albero quando io ero piccolissima o poco prima che nascessi.
Una delle pecorelle ha una bella macchia verde fatta con il muschio spray, che secondo me e' lo stesso prodotto che qualche tempo fa pubblicizzavano per coprire la pelata di certi uomini, semplicemente di un colore diverso.
La pecorella e' stata vittima, insieme all'angelo dall'occhio singolo (lo chiamo cosi' perche' e' talmente vecchio che gli si e' scrostato il colore da un occhio) del troppo zelo che io e mio fratello avevamo mostrato nel nostro maldestro tentativo di verdeggiare il deserto. Purtroppo l'angelo e' ancora in Italia, devo riuscire a corrompere mia sorella che non lo vuole lasciare andare.
Al presepe si e' aggiunto uno stambecco, lo so non c'entra nulla, ma e' carino, lo abbiamo trovato in un pacco di merendine durante un viaggio in Italia.
Fino a poco tempo fa all'appello mancavano il bue e l'asinello.
Due anni fa sono riuscita a trovare uno dei due, l'anno scorso quando sono andata a cercare l'altro era ormai troppo tardi, quasi tutte le statuine erano state vendute.
Quest'anno non mi sono fatta fregare, sono andata tanto in anticipo e ho trovato l'asinello. L'ho preso in mano, ho fatto una victory dance in mezzo alle corsie del negozio, e sono tornata a casa felice come se avessi vinto la lotteria.
Il giorno dopo Thanksgiving ho fatto il presepe e mi sono resa conto dell'errore: il pezzo mancante era il bue non l'asinello!
Quindi ora il mio presepe ha due asinelli, tanto mica stonano con lo stambecco, la pecora pezzata di verde e Gesu' Bambino con il segno dei denti.
Monday, November 19, 2012
Magical Thinking
Questi giorni mi ritrovo costantemente a fare magical thinking, ma non quello del libro di Augusten Burroughs, il mio e' piu' infantile e irrazionale, ma ugualmente incentrato all'idea di avere la capacita' di controllo su una situazione. Ho un'amica che sta male, ma proprio male male, non credo le sia rimasto tanto. Ha un anno in piu' di me e un figlio di un anno piu' grande del mio, inconsciamente (mica poi tanto inconsciamente) mi identifico in lei.
Stavo giocando a Mahjong quando ho saputo che stava nuovamente male, e ogni volta che uso quel gioco sembra che lei stia peggio, quindi ho deciso di non giocarci piu' con la speranza che si riprenda.
Poi mi capita di mangiare qualcosa che mi piace tanto, sono a meta' morso, me la sto godendo proprio, e mi fermo; forse se smetto di mangiare quello che ho in bocca lei guarisce.
Stessa cosa per quel libro storto sullo scaffale o la borsa girata da quel lato, se li raddrizzo lei stara' bene.
Ora capisco le persone che passeggiano avanti e indietro nella corsia di un ospedale ed evitano di calpestare le righe di congiunzione delle mattonelle.
Fosse cosi' facile avere la facolta' di cambiare le cose a proprio piacimento.
Stavo giocando a Mahjong quando ho saputo che stava nuovamente male, e ogni volta che uso quel gioco sembra che lei stia peggio, quindi ho deciso di non giocarci piu' con la speranza che si riprenda.
Poi mi capita di mangiare qualcosa che mi piace tanto, sono a meta' morso, me la sto godendo proprio, e mi fermo; forse se smetto di mangiare quello che ho in bocca lei guarisce.
Stessa cosa per quel libro storto sullo scaffale o la borsa girata da quel lato, se li raddrizzo lei stara' bene.
Ora capisco le persone che passeggiano avanti e indietro nella corsia di un ospedale ed evitano di calpestare le righe di congiunzione delle mattonelle.
Fosse cosi' facile avere la facolta' di cambiare le cose a proprio piacimento.
Thursday, November 15, 2012
Enough now
Ieri guidavo con la radio accesa, facevano un giochino, chi avesse raccontato la barzelletta piu' divertente avrebbe vinto non so cosa. Nel giro di due minuti, tre persone diverse, con tre storielle diverse, sono riuscite a denigrare il presidente, le donne e i gay.
La prima battuta era questa: cosa hanno in comune lo sperma e il presidente? Uno su un milione funziona. C'era il gioco di parole tra works inteso come "funziona" e works inteso come "lavora." Riferimento al fatto che secondo i repubblicani Obama non creera' nuovi posti di lavoro a parte il suo.
La seconda diceva: come si fa a trasformare una volpe in un elefante? La si sposa.
Volpe, fox, viene usato per indicare una donna particolarmente sexy ed attraente.
Questa era terza: perche' nessuno vuole andare ai barbeque dei gay? Perche' gli hot dog hanno sapore di cacca.
Abito in Georgia quindi non mi sorprende sentire certe cose, la differenza e' che in genere sono sussurrate, in alcune situazioni anche dette apertamente, ma cosi', in radio, tra la pubblicita' di un ristorante e quella di un concessionario di auto usate, non so, mi ha fatto uno strano effetto. Anche perche' i partecipanti hanno raccontato le barzellette con grande naturalezza, senza cattiveria, come se insultare alcune categorie fosse una cosa abituale accettata da tutti. Ho cambiato stazione.
La prima battuta era questa: cosa hanno in comune lo sperma e il presidente? Uno su un milione funziona. C'era il gioco di parole tra works inteso come "funziona" e works inteso come "lavora." Riferimento al fatto che secondo i repubblicani Obama non creera' nuovi posti di lavoro a parte il suo.
La seconda diceva: come si fa a trasformare una volpe in un elefante? La si sposa.
Volpe, fox, viene usato per indicare una donna particolarmente sexy ed attraente.
Questa era terza: perche' nessuno vuole andare ai barbeque dei gay? Perche' gli hot dog hanno sapore di cacca.
Abito in Georgia quindi non mi sorprende sentire certe cose, la differenza e' che in genere sono sussurrate, in alcune situazioni anche dette apertamente, ma cosi', in radio, tra la pubblicita' di un ristorante e quella di un concessionario di auto usate, non so, mi ha fatto uno strano effetto. Anche perche' i partecipanti hanno raccontato le barzellette con grande naturalezza, senza cattiveria, come se insultare alcune categorie fosse una cosa abituale accettata da tutti. Ho cambiato stazione.
Thursday, November 1, 2012
Flirting with Cancer
Per la serie predico bene e razzolo male.
In un post precedente criticavo alcune persone che si sono improvvisate scrittrici, e ora l'ho fatto anche io.
Le mie amiche vecchiarde del gruppo di supporto per i tumori hanno deciso di raccogliere storie di persone toccate dal tumore al seno. L'idea e' di pubblicare un libro da dare gratuitamente alle donne appena diagnosticate. Un libro che attraverso i racconti di chi ci e' gia' passato, dia un po' di speranza a chi sta attraversando quel brutto momento. Perche' si sa', quando stai male vuoi sentire solo di persone che erano nella tua situazione e ora stanno bene.
Visto che le persone con la voglia di scrivere erano ben poche, hanno chiesto anche a me di raccontare la mia storia, io ho avuto un NH Linfoma, quindi il mio racconto rimane un po' vago sulla tipologia del tumore.
Naturalmente, dopo aver messo il ditino su "send" e mandato la storia alla mia amica che si occupera' di editare il libro e i racconti, ho scoperto che lei di mestiere fa il professore di scrittura creativa. Ci conosciamo da tanto, trascorriamo ore a parlare di libri, e io ho sempre pensato che lei, ex suorina, insegnasse semplicemente inglese (ah, la mia abitudine a romanticizzare le vite altrui!) Bella figura di cacca, speriamo non mi bacchetti troppo.
In un post precedente criticavo alcune persone che si sono improvvisate scrittrici, e ora l'ho fatto anche io.
Le mie amiche vecchiarde del gruppo di supporto per i tumori hanno deciso di raccogliere storie di persone toccate dal tumore al seno. L'idea e' di pubblicare un libro da dare gratuitamente alle donne appena diagnosticate. Un libro che attraverso i racconti di chi ci e' gia' passato, dia un po' di speranza a chi sta attraversando quel brutto momento. Perche' si sa', quando stai male vuoi sentire solo di persone che erano nella tua situazione e ora stanno bene.
Visto che le persone con la voglia di scrivere erano ben poche, hanno chiesto anche a me di raccontare la mia storia, io ho avuto un NH Linfoma, quindi il mio racconto rimane un po' vago sulla tipologia del tumore.
Naturalmente, dopo aver messo il ditino su "send" e mandato la storia alla mia amica che si occupera' di editare il libro e i racconti, ho scoperto che lei di mestiere fa il professore di scrittura creativa. Ci conosciamo da tanto, trascorriamo ore a parlare di libri, e io ho sempre pensato che lei, ex suorina, insegnasse semplicemente inglese (ah, la mia abitudine a romanticizzare le vite altrui!) Bella figura di cacca, speriamo non mi bacchetti troppo.
Flirting with cancer
It was a typical early spring Georgia afternoon, it had started chilly and had slowly warmed up. The sun was shining. I went to answer the phone ringing in the background. It was my doctor’s nurse; she told me that he was trying to reach me.
The urgency in her voice sent a wave of panic to the pit of my stomach, when I got distracted by the sound of my cell phone. This time it was the doctor.
I knew that something must have been really wrong when I realized that he had called me by my first name, he was my doctor, not my friend.
“We have your biopsy results” he said. “Unfortunately it is cancer.”
The only thing I was able to say was “Are you kidding me?”
He said that, no, he was not kidding me. He went on to say that everything was going to be alright, and that he would have walked this path with me, holding my hand. In all honesty I have to say that I have never heard from him again.
I snapped the phone closed, regrouped, then I called my husband.
People talk about the various stages of grief, some say there are five stages, others talk about seven stages. Among those there’s shock, disbelief, denial, rage, bargain, depression, and acceptance. In my case shock and disbelief were tied to each other, and that state lasted only few minutes. It was closely followed by anger. Yes, I was mad, and that’s just to put it mildly, I was actually really pissed. I was so enraged that I didn’t even cry about what I had just found out.
In the case of cancer, one more stage of grief should be added to the list: determination. Cancer patients are determined to fight and win. Determination starts creeping in and takes over your whole being. It lets you uncover parts of you that you had forgotten or never knew existed. All of a sudden you become a soldier, a Spartan warrior, a Roman gladiator, a ninja, or a cowboy at the OK Corral. Even your language changes, you use the words “war” and “fight” more than a battle seasoned general.
By the time my husband made it back home, swollen red eyes and all, I was calm and determined. Before he arrived I had a Why Me moment, (I’m such a good girl, I donate to food banks and St. Jude Hospital, I leave the parking spots closer to the stores to older people, I even donated my hair to Locks of Love… Well, I do have a foul mouth use a colorful language sometimes, but that doesn’t count, does it?) I had my brief pity party, and as soon as it was over I was hell bent on fighting the cancer.
What gave me hope and strength was the thought of my mother. She was diagnosed with breast cancer before she turned forty, just as my father was leaving her for another woman. Her doctor basically told her to put all her affairs in order, for she didn’t have much longer to live. According to her doctor her cancer was one of the worst, and back then, in the early eighties, cancer was pretty much a death sentence, they didn’t have all the cures and medications that we have now. She was single with four children, the oldest one barely out of high school, the youngest one in first grade. She had to fight.
I saw her at her worst, bald headed, throwing up, unable to leave the bed, but always with a smile for us children. These things are hard to forget.
I guess her doctor was wrong; she fought and defeated the disease.
I am also a mother and my child really needs me. He was in a big hurry to meet his mommy and daddy; three and half months before his due date he was staring at us from his plastic box, or rather, we were staring at him lying in his incubator. He was not left unscathed by his ordeal.
Another good reason for fighting my war.
Because of my mother’s story, and her success against cancer, I saw my diagnosis only as an annoying and temporary roadblock. I convinced myself that I had to jump over the hurdle and everything would be okay.
What happened in the next weeks after diagnosis is almost a blur. I had a lot of scans, CT scans, PET scans, you name it. I also had a port catheter inserted in my chest. A port is a device that allows a person to receive their medication without being poked in the arms every single time they need to be infused. It looks like a button under the skin.
The relationship with chemotherapy is like a bad love story with an attractive dangerous guy. You know it will hurt you, but you just can’t say no. Most people have only minor issues after their first chemo, then, as time goes by, the side effects become harder to handle. Just like the bad love story we mentioned earlier. In my case it was hate at first sight. My body did not react very well to chemo, but it might have been just a psychological reaction. It took two days to complete the first round. The day after the completion of chemo, I had to go back for the Neulasta injection. It is an injection that will help strengthen the immune system. The day after that injection I felt like somebody with a little hammer had shattered my pelvic and femoral bones in a million tiny pieces.
I had already made up my mind that cancer was not going to kill me, and at that moment I thought that I was not going to die of cancer but die of chemo!
Few days later I was almost back to my old self, tired, little nausea, strange taste in my mouth, but no pain.
It took about ten days for my hair to start falling out. I had shoulder length hair, and it was falling out in clumps. Not a good sight, so I decided to have it shaved.
I was afraid of traumatizing my child, so I told him I was tired of having long hair and daddy was going to help me cut it. He looked amazed as my hair fell in the sink, then, when my head was completely shaved, he showed a quizzical look on his face, then said, “Is mommy a boy now?”
It will probably sound weird, but I actually had some hilarious moment in my journey. One day I was having chemo, everybody else was already finished, except for me and a guy on the opposite side of the room. He waved hi, and our dialogue went pretty much like this:
“How you doin’”
“Good, how you doin’?”
“Good”
“What you’re in for?”
“Lymphoma”
“Oh, ok. First time?”
“Yep”
“I guessed it, you looked scared. It’ll be alright. I’ve been in and out of this place for the past six years.”
At that point we both started laughing; substitute the word lymphoma with a crime of your choice, and we sounded just like two jailbirds greeting each other.
After a cancer diagnosis, you look at yourself with a different set of eyes, those extra pounds on your hips that you had vowed to get rid of, are not important anymore. I’ve always had an issue with my ears, they’re not really symmetrical and they’re big. Because of that I've never had a short haircut. One hot August day I was driving, the radio was on, I was wearing a beanie type hat, maybe it was the music that made me brave, but I decided to get out of my comfort zone. I removed my hat and drove home bald like an egg. I felt free, unburdened and untouched by all the rules of beauty and propriety.
Then one day I heard the most beautiful words a doctor can say: “YOU ARE CANCER FREE”
And life changes again, this time for the better. War is over, you smile at everybody, your heart sings, you smell the spring on a cold winter day, even colors look brighter. You dance, you flirt. You flirt with people, you flirt with life.
La vita e’ bella. Life is beautiful.
Thursday, October 25, 2012
Che neanche Ulisse
Cosa puo' succedere quando la nostra eroina decide di votare per le elezioni presidenziali in Usa?
Di tutto!
Che nemmeno Ulisse ci ha messo cosi' tanto ad arrivare ad Itaca, e c'e' da dire che almeno lui nel frattempo un po' si e' divertito, non io.
Requisito numero uno per partecipare alle elezioni: cittadinanza.
Fatto, quindi vado, voto e torno. Sbagliato.
Prima bisogna registrarsi.
Ok, allora mi registro. Cosa sara' mai?
Cerco su Google dove e come registrarmi e mi viene un dubbio, in quale stato mi registro?
Abito in Georgia, quindi mi registro in Georgia, uhm, pero' pago le tasse in Alabama, quindi forse dovrei registrarmi la'. Faccio qualche telefonata e pare proprio sia cosi'.
No problem, vado in Alabama e mi registro.
Per prima cosa cerco una biblioteca che sia aperta di sabato (non posso andare durante la settimana) e con orari favorevoli alla mia distanza. Trovata!
Mi preparo per andare in biblioteca come se dovessi andare a bere un mint julep con Paula Deen. In genere in biblioteca lavorano signore bianche conservatrici, quindi il look da southern belle e' di rigore. E' la prima volta che mi registro per le elezioni, non so come la cosa venga fatta, quindi mi vesto come una di loro per passare inosservata, non che abbia nulla da nascondere, ma preferisco evitare discussioni perche' mi conosco, che se qualcuno dice qualcosa che non va apro il becco e poi sono guai...
Tre ore d'auto e arriviamo.
Prima di entrare mi cambio, mollo la maglietta dei Ramones sul sedile e mi trasformo in una nativa, triplo mascara e capello semicotonato incluso.
Entro e la biblioteca e' popolata da impiegati neri. Moderni, hipster, con le treccine e in abito scuro. Mi guardano con l'aria di chi si chiede da quale macchina del tempo fossi uscita fuori.
Rimango nella parte, che altro posso fare(?) e spiego di volermi registrare per le elezioni.
Mi danno una cartolina pre affrancata e mi dicono che la devo compilare, piegare e spedire.
Mio figlio legge un mensile di ornitologia (mah) e io inizio a rispondere alle domande della cartolina. Leggo che per potermi registrare in Alabama devo abitare in Alabama! Le uniche persone autorizzate a votare con una diversa residenza sono i militari attivi e i loro dipendenti. Quindi la storia delle tasse non era importante quanto la residenza. Mavaff...
Arriva il lunedi' mattina, ultimo giorno valido per la registrazione, e mi reco alla biblioteca del mio paesello. Prendo un modulo per me e uno per il marito della mia amica. Chiedo una penna alla bibliotecaria, compilo la cartolina, la piego, rimuovo la parte che copre l'adesivo, la chiudo e mi preparo ad andare all'ufficio postale. Mentre guido verso le poste ripenso ad una cosa che mi era sembrata fuori luogo (dovrei fare il detective nei film), la cartolina aveva una sorta di taschina, ma per cosa? Il mio documento era chiuso quindi guardo l'altra copia, quella per il marito della mia amica, e leggo che se ci si iscrive per la prima volta bisogna allegare la fotocopia della patente e metterla nell'apposita taschina. Ma vaff...
Torno a casa, con certosina pazienza riesco a riaprire la cartolina, metto una fotocopia del documento richiesto, richiudo il tutto e passo al drive throu' delle poste. Spedito entro le cinque, fiuuuuuuuu.
Ora aspetto solo che mi arrivi una cartolina gialla che mi informera' della mia autorizzazione a votare. Passano i giorni e invece della famosa cartolina gialla ricevo una bella letterina.
"Cara fanciulla, dai controlli incrociati con l'ufficio del dipartimento dei motoveicoli risulta che tu non sei affatto cittadina, quindi non puoi votare. Vai alla city hall della tua citta' e vedi un po' cosa ti dicono." Ma vaff...
Ricevo la letterina di sabato, quindi devo aspettare fino al lunedi, e il tempo inizia a stringere. Il lunedi mattina arrivo bella pimpante alla city hall, spiego la situazione e mi viene dato il numero di telefono del centro per le votazioni, devo chiedere a loro non alla city hall.
Torno a casa e chiamo il numero. Una signora gentilissima mi spiega che quando avevo preso la patente, un milione di anni fa, non ero cittadina, quindi per loro non sono cittadina. Dice di mandarle via fax una copia del mio passaporto o del documento di cittadinanza, suggerisce inoltre di passare alla motorizzazione e corregere il mio status, altrimenti potrei avere problemi in futuro.
La mattina dopo faccio una copia del passaporto da mandare via fax, e visto che avevo un altro impegno in zona, mi fermo all'ufficio patenti. Dopo aver aspettato per sempre, finalmente chiamano il mio numero. La signorina incazzosa (per qualche strano motivo gli impiegati della DMV sono sempre incazzosetti) prova a cambiare il mio status ma non riesce. Chiama il supervisore, chiama il supervisore del supervisore, chiama il supervisore del supervisore del supervisore, e nulla, nessuno puo' fare niente. A loro risulta che il mio caso sia ancora pendente con l'immigrazione. Sbatto loro in faccia il passaporto, niente. L'unica soluzione sarebbe cancellare la mia patente, prenderne una temporanea, aspettare un trentina di giorni e poi rifare tutto. Poi con una faccia di merda incredibile, la cordiale signorina mi dice: "Tanto non farai in tempo a votare!" Ma vaff... che ci riusciro' eccome.
Passo al piano B: mandare via fax la copia del passaporto. Peccato l'abbia lasciata a casa!
Torno a casa, prendo la copia e corro da Staples dove finalmente faccio il fax.
Rientro a casa, richiamo la signora gentilissima che mi dice di avere ricevuto il fax e sistemato la mia situazione, addirittura mi ringrazia per aver richiamato.
Le elezioni sono il sei Novembre, pero' esiste il programma di early voting per chi non potra' andare quel giorno.
Questa mattina sono andata a votare anche io.
Tante persone mi hanno detto di non perdere tempo, la Georgia e' uno stato repubblicano, quindi il mio voto non avrebbe contato nulla.
Invece, passaporto e patente in tasca, mi sono messa in fila e ho aspettato il mio turno.
Mi sono un po' emozionata quando ho visto tre signore nere anzianissime, una in sedia a rotelle, l'altra col bastone, e una terza che spingeva la sedia a rotelle. Gli over 65 passano in una fila preferenziale, ma se non fosse stato cosi' avrei ceduto loro volentieri il mio posto.
Sono rimasta col fiato sospeso mentre ricontrollavano i miei documenti al computer, tutto era in ordine, quindi sono entrata nella stanza delle votazioni. Mi sono avvicinata al primo computer libero, ho infilato la tesserina magnetica che mi avevano dato al momento dell'ok dei miei documenti, e sono apparsi i nomi sullo schermo. Era un touch screen.
E' evidente che la Georgia sia uno Stato Repubblicano; oltre alle elezioni presidenziali c'erano i nomi dei candidati per altre cariche. I candidati repubblicani (non alla presidenza) avevano il loro nome scritto, bastava solo toccarlo col dito per votare, per quelli degli altri partiti il nome non c'era, bisognava conoscerlo gia', andare in una pagina specifica con l'alfabeto e scriverlo. La cosa mi ha infastidito, e non poco.
Ho messo da parte la mia rabbia e ho votato.
Ulisse e' finalmente arrivato a Itaca!
Sono uscita dall'ufficio delle elezioni che non riuscivo a smettere di sorridere, sul petto un adesivo che ho portato in giro anche mentre sbrigavo varie commissioni.
Questo.
Sunday, October 21, 2012
Oggi sono stronza
Oggi sono stronza, ma stronza stronza davvero.
E non mi sono nemmeno svegliata con il culo storto. Mah.
Ho un'amica che vuole apparire intellettualmente profonda a tutti i costi. Ieri sulla sua pagina di fb ha pubblicato il link di un articolo che parlava di sperimentazione dei vaccini contro la malaria. Interessante. Poi si lamenta del fatto che questi vaccini vengano sperimentati in Africa e Asia, e ripete la domanda di fine articolo, qualcosa sul tipo "voi cosa fareste se si trattasse di vostro figlio?"
Premetto che non amo i vaccini, infatti mio figlio non ha fatto i richiami e ogni tanto ricevo qualche telefonata nera dalla scuola, ma se abitassi in Africa o in zone paludose dell'Asia sarei favorevole alla sperimentazione, e non parlo cosi' per dire, io sono una di quelle persone che ha provato terapie sperimentali durante la mia travagliata gravidanza. Mia nonna, classe 1913, ha avuto la malaria in Italia, e non l'ha descritta come una passeggiata.
Se quelle sono le zone malariche, mi sembrerebbe fuori luogo vaccinare gli abitanti dell'Islanda, no? Capisco ti preoccupi della situazione in Africa, ma il link di oggi no, questo proprio non capisco come ti possa coinvolgere.
Questa volta articolo in inglese. Il controllo (e sfruttamento) dei rapper americani (neri naturalmente) da parte di managers, avvocati e discografici di religione ebraica. Non per essere diretta, ma che cazzo ne sai? Nei tuoi post proclami la pace tra i popoli e ti metti a discriminare su base religiosa? Citi Muccino, ascolti la Pausini e cerchi di entrare nell'argomento entertainment lawyers? I post piu' trasgressivi che metti sono quelli con la faccia di Jim Morrison fatto come una capra che dice qualche frase ispirata dallo stupore farmacologico. E ammetto che alle scuole superiori, nel mio momento trasgressivo, anche io avevo il suo libro di poesie e mi sembravano chissa' quale rivelazione, tanto da copiarle sul mio diario. Ah, dimenticavo, sei una scrittrice. Ma all'universita' non hai fatto il corso di ricerca bibliografica? Qui e' obbligatorio, vale solo un credito, pero' e' interessante, ti insegnano a discernere gli articoli su internet e a fare ricerche in biblioteca. Se avessi letto la firma dell'articolo pubblicato, forse avresti capito perche' al tizio non piacciono gli ebrei. Ma sei una creativa, tutto ti si perdona.
Che mi fa arrivare al punto due.
Le mie due amiche scrittrici. Lei e l'altra. Lei (la sopra citata) ha scritto un libro, la storia carina, la narrazione da terza media. L'altra ha appena vinto un altro concorso letterario ma sbaglia tutti i congiuntivi, i personaggi dei suoi romanzi hanno nomi esotici e le storie sono da Harmony senza la parte spinta. Bravissimapersonapercarita', pero' ingenua. Non credi che se devi pagare per partecipare al concorso, pagare per far pubblicare il tuo libro, sotto sotto ci sia qualcosa? Mi ha anche chiesto, visto che io parlo l'inglese, di tradurre i suoi romanzi. No, l'inglese non e' la mia madre lingua. (Io mi conosco, cambierei la storia nei punti che non mi piacciono)
Che mi porta al punto tre. Traduzione e adattamento.
Una volta ho trovato su internet una storiella su come vengono scelte le mamme dei prematuri, storia gia' adattata da un originale di Erma Bombeck. L'ho tradotta, italianizzata, cambiato alcune cose che non mi andavano e pubblicata sul sito dei prematuri sul quale collaboravo. La storiella e' appesa su quasi tutte le terapie intensive neonatali in Italia, una bella soddisfazione, tranne quando vedi che persone se ne attribuiscono la paternita' o meglio, maternita'. Non e' stata scritta da me, tanto meno da loro. Qualcuna e' stata cosi' idiota da fare il copia e incolla senza notare che c'era un mio typo: due spazi seguiti da virgola, e l'ha bellamente firmata e pubblicata. Nella mia versione ho eliminato frasi che proprio non digerivo, tipo "questo bambino non sara' perfetto," non credo proprio, e altre troppo religiose.
E arriviamo al punto quattro. Religione.
Telefonata mattutina.
"Tuo figlio ha l'eta' in cui dovrebbe andare al catechismo." Si, ha l'eta' ma non la testa.
"Avresti dovuto portarlo fin da piccolo." Prova a tenere fermo un bambino piccolo in chiesa, uno con una buona dose di ADHD.
"Si ma ora e' grande." Lo so, si annoia ancora di piu'.
"Anche io mi annoio in chiesa." Alloracaz cosa ci vai a fare?
Se esiste una sezione VIP all'inferno, il mio nome e' nella guest list.
E non mi sono nemmeno svegliata con il culo storto. Mah.
Ho un'amica che vuole apparire intellettualmente profonda a tutti i costi. Ieri sulla sua pagina di fb ha pubblicato il link di un articolo che parlava di sperimentazione dei vaccini contro la malaria. Interessante. Poi si lamenta del fatto che questi vaccini vengano sperimentati in Africa e Asia, e ripete la domanda di fine articolo, qualcosa sul tipo "voi cosa fareste se si trattasse di vostro figlio?"
Premetto che non amo i vaccini, infatti mio figlio non ha fatto i richiami e ogni tanto ricevo qualche telefonata nera dalla scuola, ma se abitassi in Africa o in zone paludose dell'Asia sarei favorevole alla sperimentazione, e non parlo cosi' per dire, io sono una di quelle persone che ha provato terapie sperimentali durante la mia travagliata gravidanza. Mia nonna, classe 1913, ha avuto la malaria in Italia, e non l'ha descritta come una passeggiata.
Se quelle sono le zone malariche, mi sembrerebbe fuori luogo vaccinare gli abitanti dell'Islanda, no? Capisco ti preoccupi della situazione in Africa, ma il link di oggi no, questo proprio non capisco come ti possa coinvolgere.
Questa volta articolo in inglese. Il controllo (e sfruttamento) dei rapper americani (neri naturalmente) da parte di managers, avvocati e discografici di religione ebraica. Non per essere diretta, ma che cazzo ne sai? Nei tuoi post proclami la pace tra i popoli e ti metti a discriminare su base religiosa? Citi Muccino, ascolti la Pausini e cerchi di entrare nell'argomento entertainment lawyers? I post piu' trasgressivi che metti sono quelli con la faccia di Jim Morrison fatto come una capra che dice qualche frase ispirata dallo stupore farmacologico. E ammetto che alle scuole superiori, nel mio momento trasgressivo, anche io avevo il suo libro di poesie e mi sembravano chissa' quale rivelazione, tanto da copiarle sul mio diario. Ah, dimenticavo, sei una scrittrice. Ma all'universita' non hai fatto il corso di ricerca bibliografica? Qui e' obbligatorio, vale solo un credito, pero' e' interessante, ti insegnano a discernere gli articoli su internet e a fare ricerche in biblioteca. Se avessi letto la firma dell'articolo pubblicato, forse avresti capito perche' al tizio non piacciono gli ebrei. Ma sei una creativa, tutto ti si perdona.
Che mi fa arrivare al punto due.
Le mie due amiche scrittrici. Lei e l'altra. Lei (la sopra citata) ha scritto un libro, la storia carina, la narrazione da terza media. L'altra ha appena vinto un altro concorso letterario ma sbaglia tutti i congiuntivi, i personaggi dei suoi romanzi hanno nomi esotici e le storie sono da Harmony senza la parte spinta. Bravissimapersonapercarita', pero' ingenua. Non credi che se devi pagare per partecipare al concorso, pagare per far pubblicare il tuo libro, sotto sotto ci sia qualcosa? Mi ha anche chiesto, visto che io parlo l'inglese, di tradurre i suoi romanzi. No, l'inglese non e' la mia madre lingua. (Io mi conosco, cambierei la storia nei punti che non mi piacciono)
Che mi porta al punto tre. Traduzione e adattamento.
Una volta ho trovato su internet una storiella su come vengono scelte le mamme dei prematuri, storia gia' adattata da un originale di Erma Bombeck. L'ho tradotta, italianizzata, cambiato alcune cose che non mi andavano e pubblicata sul sito dei prematuri sul quale collaboravo. La storiella e' appesa su quasi tutte le terapie intensive neonatali in Italia, una bella soddisfazione, tranne quando vedi che persone se ne attribuiscono la paternita' o meglio, maternita'. Non e' stata scritta da me, tanto meno da loro. Qualcuna e' stata cosi' idiota da fare il copia e incolla senza notare che c'era un mio typo: due spazi seguiti da virgola, e l'ha bellamente firmata e pubblicata. Nella mia versione ho eliminato frasi che proprio non digerivo, tipo "questo bambino non sara' perfetto," non credo proprio, e altre troppo religiose.
E arriviamo al punto quattro. Religione.
Telefonata mattutina.
"Tuo figlio ha l'eta' in cui dovrebbe andare al catechismo." Si, ha l'eta' ma non la testa.
"Avresti dovuto portarlo fin da piccolo." Prova a tenere fermo un bambino piccolo in chiesa, uno con una buona dose di ADHD.
"Si ma ora e' grande." Lo so, si annoia ancora di piu'.
"Anche io mi annoio in chiesa." Allora
Se esiste una sezione VIP all'inferno, il mio nome e' nella guest list.
Saturday, October 13, 2012
Lola nata dal web
Questa e' la storia di Lola, figlia del freddo e del web.
E' la storia vera di una bambina bellissima, e non lo dico cosi' per dire, perche' si sa', i bambini sono tutti belli, lei e' davvero di una bellezza straordinaria.
Ho pensato a lei perche' questo mese compira' il suo primo anno e perche' su un altro blog c'e' stata una critica sul fatto che una mamma in attesa della sua piccola abbia reso nota la cosa e ricevuto regali da persone "virtualmente sconosciute" e felici per lei.
Il mondo di internet e' anche questo. Io ho delle amicizie e dei legami fortissimi con persone che ancora non ho incontrato faccia a faccia e con cui parlo quasi tutti i giorni.
Ho iniziato a frequentare tanti anni fa un forum italiano che si occupava di prematurita' dei problemi ad essi connessa. All'epoca stavo in Guam, non conoscevo nessuna altra persona con figli prematuri estremi, il forum mi ha dato tanto supporto e alcune amicizie ormai indissolubili.
Lola e' nata dall'unione di queste amicizie, senza internet probabilmente non ci sarebbe nemmeno lei.
C'era una volta una principessa che abitava in un paese freddo freddissimo del nord Europa. Uno di quei paesi dove se scruti bene il cielo potrebbe anche capitarti di vedere Babbo Natale e le sue renne che si allenano per la maratona del 25 Dicembre.
Questa principessa aveva tante amiche principesse semi-sfigate come lei, per via delle distanze che le separavano (la lobby delle Streghe, Befane & Co. Inc. aveva il monopolio sull'uso della scopa come mezzo di trasporto), le principesse comunicavano tra di loro via internet. Quando le principesse semi-sfigate erano nate, una fata malvagia, gelosa della futura indipendenza delle fanciulle, aveva fatto loro un incantesimo.
"Hahaha! Alcune di voi arriveranno alla maternita' con grandi difficolta' e solo con l'aiuto della scienza; altre con apparente facilita', ma tutte partorirete dei bambini piccoli come Pollicino! Hahahaha!"
La bella principessa, sfruttando la scienza moderna, aveva messo al mondo il suo Pollicino. Un bambino con i capelli bianchi come la neve del suo villaggio e con gli occhi blu come il Mare del Nord. Pollicino cresceva e aveva tanti amichetti, qualcuno era diventato una stella, altri abitavano in continenti lontani a lui sconosciuti.
Un bel giorno la principessa passeggiava tra le nevi del suo paese, Pollicino correva davanti a lei, era felice pero' sentiva che le mancava ancora qualcosa. Voleva riprovare a diventare mamma, alla faccia della fata malvagia! Tie', tie' tie'!
Dopo averci pensato tutta la notte, comunico' la sua idea alle principesse semi-sfigate a lei piu' vicine di affinita'. Pur essendo una principessa, il suo castello era un po' in rovina, e le possibilita' economiche non erano tali da poter affrontare troppe spese. E la scienza talvolta costa parecchio.
Cosi' la principessa decise di scrivere una lettera aperta a tutte le principesse madri di Pollicini. Chiedeva loro un aiuto economico per aiutarla a realizzare il suo desiderio. Non chiedeva nessuna cifra precisa, semplicemente spiegava quanto sarebbe costato il tutto.
La sua lettera' scateno' un putiferio, alcune mamme di Pollicini ormai avevano il cuore indurito; altre pensavano che il suo modo di voler diventare mamma fosse immorale. Perche' vedete, la principessa ormai non aveva piu' 18 anni e nemmeno 28, ma nemmeno 38, quindi la sua unica possibilita' era quella di portare in pancia un cucciolo geneticamente non suo. Vai a spiegare ad alcune persone che l'amore e' un sentimento incondizionato che non conosce confini genetici. Mica i nostri principi consorti sono nostri parenti, eppure li amiamo e decidiamo di fare figli con loro!
Alcune principesse di regni vicini e lontani decisero di aiutare comunque la principessa del nord, chi mandava 25 monete, chi addirittura ne aveva mandato 500, chi si offriva di ospitare la principessa nel regno di Spagna, dove sarebbe avvenuto il miracolo della scienza. Il sortilegio scientifico costava 3500 monete, che non e' tantissimo, ma se non si hanno e' come se ne costasse 10 milioni. La principessa era un po' triste, ma comunque decisa a non arrendersi, quando all'orizzonte apparve un suo ex principe, il mancato principe consorte della principessa del nord. Nonostante gli anni trascorsi e nonostante il suo abito non fosse piu' tanto azzurro, ancora voleva bene alla sua ex bella e cosi' decise di donarle le monete mancanti.
Uno stregone del regno di Spagna mise insieme quelli che la principessa ama chiamare "avanzi" di altri sortilegi e procedette all'incantesimo.
Ci vollero alcune settimane prima di vedere se l'incantesimo avesse fatto effetto. La principessa era felice e positiva, le altre principesse semi-sfigate, basandosi sulle statistiche, pensavano che le possibilita' fossero ben poche. Naturalmente tenevano per se la loro opinione.
Quanto si sbagliavano! L'incantesimo aveva fatto effetto!
Pollicina Lola cresceva felice nella pancia della sua mamma, mentre alcune delle principesse semi-sfigate dubitavano della sua presenza. Volevano tanto bene alla principessa del nord e sapevano che voleva tanto diventare mamma, ma statistiche in mano, la possibilita' era remotissima. Erano molto preoccupate per lei.
Ma le settimane passavano, le stagioni cambiavano e Pollicina Lola contiuava a crescere nel suo caldo mondo.
Una bella mattina di fine ottobre finalmente decise di nascere, dico finalmente perche' diversamente da suo fratello Pollicino lei non arrivo' in anticipo. Aveva rotto il sortilegio della fata malvagia, non era nata piccola come Pollicino! E cosi' si dovette anche cambiare il suo nome, da Pollicina Lola divenne semplicemente Lola.
Qualche fatina buona, intenerita dalle avventure della principessa del nord, deve aver buttato un po' di polverina magica, Lola ha gli stessi occhi blu come il Mare del Nord di suo fratello Pollicino.
Buon primo compleanno Lola, figlia della principessa del nord e di tutte le altre principesse semi-sfigate. Che la fatina buona ricopra sempre la tua strada di polverina magica.
E' la storia vera di una bambina bellissima, e non lo dico cosi' per dire, perche' si sa', i bambini sono tutti belli, lei e' davvero di una bellezza straordinaria.
Ho pensato a lei perche' questo mese compira' il suo primo anno e perche' su un altro blog c'e' stata una critica sul fatto che una mamma in attesa della sua piccola abbia reso nota la cosa e ricevuto regali da persone "virtualmente sconosciute" e felici per lei.
Il mondo di internet e' anche questo. Io ho delle amicizie e dei legami fortissimi con persone che ancora non ho incontrato faccia a faccia e con cui parlo quasi tutti i giorni.
Ho iniziato a frequentare tanti anni fa un forum italiano che si occupava di prematurita' dei problemi ad essi connessa. All'epoca stavo in Guam, non conoscevo nessuna altra persona con figli prematuri estremi, il forum mi ha dato tanto supporto e alcune amicizie ormai indissolubili.
Lola e' nata dall'unione di queste amicizie, senza internet probabilmente non ci sarebbe nemmeno lei.
C'era una volta una principessa che abitava in un paese freddo freddissimo del nord Europa. Uno di quei paesi dove se scruti bene il cielo potrebbe anche capitarti di vedere Babbo Natale e le sue renne che si allenano per la maratona del 25 Dicembre.
Questa principessa aveva tante amiche principesse semi-sfigate come lei, per via delle distanze che le separavano (la lobby delle Streghe, Befane & Co. Inc. aveva il monopolio sull'uso della scopa come mezzo di trasporto), le principesse comunicavano tra di loro via internet. Quando le principesse semi-sfigate erano nate, una fata malvagia, gelosa della futura indipendenza delle fanciulle, aveva fatto loro un incantesimo.
"Hahaha! Alcune di voi arriveranno alla maternita' con grandi difficolta' e solo con l'aiuto della scienza; altre con apparente facilita', ma tutte partorirete dei bambini piccoli come Pollicino! Hahahaha!"
La bella principessa, sfruttando la scienza moderna, aveva messo al mondo il suo Pollicino. Un bambino con i capelli bianchi come la neve del suo villaggio e con gli occhi blu come il Mare del Nord. Pollicino cresceva e aveva tanti amichetti, qualcuno era diventato una stella, altri abitavano in continenti lontani a lui sconosciuti.
Un bel giorno la principessa passeggiava tra le nevi del suo paese, Pollicino correva davanti a lei, era felice pero' sentiva che le mancava ancora qualcosa. Voleva riprovare a diventare mamma, alla faccia della fata malvagia! Tie', tie' tie'!
Dopo averci pensato tutta la notte, comunico' la sua idea alle principesse semi-sfigate a lei piu' vicine di affinita'. Pur essendo una principessa, il suo castello era un po' in rovina, e le possibilita' economiche non erano tali da poter affrontare troppe spese. E la scienza talvolta costa parecchio.
Cosi' la principessa decise di scrivere una lettera aperta a tutte le principesse madri di Pollicini. Chiedeva loro un aiuto economico per aiutarla a realizzare il suo desiderio. Non chiedeva nessuna cifra precisa, semplicemente spiegava quanto sarebbe costato il tutto.
La sua lettera' scateno' un putiferio, alcune mamme di Pollicini ormai avevano il cuore indurito; altre pensavano che il suo modo di voler diventare mamma fosse immorale. Perche' vedete, la principessa ormai non aveva piu' 18 anni e nemmeno 28, ma nemmeno 38, quindi la sua unica possibilita' era quella di portare in pancia un cucciolo geneticamente non suo. Vai a spiegare ad alcune persone che l'amore e' un sentimento incondizionato che non conosce confini genetici. Mica i nostri principi consorti sono nostri parenti, eppure li amiamo e decidiamo di fare figli con loro!
Alcune principesse di regni vicini e lontani decisero di aiutare comunque la principessa del nord, chi mandava 25 monete, chi addirittura ne aveva mandato 500, chi si offriva di ospitare la principessa nel regno di Spagna, dove sarebbe avvenuto il miracolo della scienza. Il sortilegio scientifico costava 3500 monete, che non e' tantissimo, ma se non si hanno e' come se ne costasse 10 milioni. La principessa era un po' triste, ma comunque decisa a non arrendersi, quando all'orizzonte apparve un suo ex principe, il mancato principe consorte della principessa del nord. Nonostante gli anni trascorsi e nonostante il suo abito non fosse piu' tanto azzurro, ancora voleva bene alla sua ex bella e cosi' decise di donarle le monete mancanti.
Uno stregone del regno di Spagna mise insieme quelli che la principessa ama chiamare "avanzi" di altri sortilegi e procedette all'incantesimo.
Ci vollero alcune settimane prima di vedere se l'incantesimo avesse fatto effetto. La principessa era felice e positiva, le altre principesse semi-sfigate, basandosi sulle statistiche, pensavano che le possibilita' fossero ben poche. Naturalmente tenevano per se la loro opinione.
Quanto si sbagliavano! L'incantesimo aveva fatto effetto!
Pollicina Lola cresceva felice nella pancia della sua mamma, mentre alcune delle principesse semi-sfigate dubitavano della sua presenza. Volevano tanto bene alla principessa del nord e sapevano che voleva tanto diventare mamma, ma statistiche in mano, la possibilita' era remotissima. Erano molto preoccupate per lei.
Ma le settimane passavano, le stagioni cambiavano e Pollicina Lola contiuava a crescere nel suo caldo mondo.
Una bella mattina di fine ottobre finalmente decise di nascere, dico finalmente perche' diversamente da suo fratello Pollicino lei non arrivo' in anticipo. Aveva rotto il sortilegio della fata malvagia, non era nata piccola come Pollicino! E cosi' si dovette anche cambiare il suo nome, da Pollicina Lola divenne semplicemente Lola.
Qualche fatina buona, intenerita dalle avventure della principessa del nord, deve aver buttato un po' di polverina magica, Lola ha gli stessi occhi blu come il Mare del Nord di suo fratello Pollicino.
Buon primo compleanno Lola, figlia della principessa del nord e di tutte le altre principesse semi-sfigate. Che la fatina buona ricopra sempre la tua strada di polverina magica.
Monday, October 1, 2012
Trash the Dress
Non e' mica una brutta idea.
E' la moda iniziata da qualche anno di scattare foto con l'abito da sposa in situazioni in cui verra' irreparabilmente rovinato. Spose nel fango, altre in mezzo alla schiuma del mare, altre ancora colorate di pittura, chi piu' ne ha piu' ne metta. Il principio e' che tanto e' un abito che verra' usato una volta sola, quindi perche' non rovinarlo scattando foto straordinarie invece che metterlo in una scatola nell'armadio?
Avrei dovuto farlo anche io, problem is, I didn't have a wedding dress. Ebbene si, non ho avuto l'abito da sposa.
Io e il futuro coniuge eravamo di ritorno dal matrimonio del suo piu' caro amico in Texas, abitavamo gia' insieme da un po', mi aveva gia' proposto di sposarlo (lo ha fatto in modo carino, peccato io abbia frainteso...), e portavo il suo anello al dito, pero' l'idea del matrimonio in generale non mi e' mai piaciuta particolarmente, tanto meno quella della cerimonia in abito bianco. Dicono che le ragazzine fin da piccole sognino il matrimonio, pare nelle loro fantasie si vedano avvolte in una nuvola bianca che e' il loro abito da sposa. No, non questa ragazzina. Forse per colpa della moda dell'epoca, ero ragazzzetta negli anni ottanta, ma questa idea di doversi vestire con un abitone bianco da principessa Disney, o peggio da cugina povera di Lady Diana, mi sapeva tanto di ridicola mascherata.
Durante una sosta in un paesino dell'Alabama dal nome indiano quasi impronunciabile, mi dice "Let's get married!" E io che pensavo "Ma questo e' fuori!" Probabilmente dipende dal fatto che io sia cresciuta con genitori divorziati, non so, ma il matrimonio mi ha sempre terrorizzata. Interrompevo le mie storie quando mi accorgevo che la situazione stava diventando troppo seria, avevo pianificato la mia vita: avrei avuto un buon lavoro itinerante che mi avrebbe permesso di viaggiare, qualche figlio, ma non mi sarei mai e poi mai sposata.
Tutto questo finche' non e' entrato in scena il Gentleman che mi ha travolto (letteralmente) e stravolto.
In quel periodo io e lui abitavamo insieme in Germania, e nonostante la distanza dall'Italia, i pettegolezzi delle malelingue arrivavano fin laggiu' e devo ammettere che alcuni facevano male anche ad una tosta come me. Certo non avrei mai sposato una persona che non amavo, pero' il mio pensiero tornava spesso a chi mandava a dire frasi del tipo "Almeno le e' stata risparmiata la vergogna di vedere la figlia usata e gettata via appena L'Americano riparte per qualche altra destinazione," riferendosi a mia madre che non c'era piu'. Non cercatemi la mamma, potrei non rispondere delle mie azioni!
Il giorno dopo eravamo davanti alla courthouse. Lui che mi teneva per mano e io che ripetevo tipo mantra "Esiste il divorzio, esiste sempre il divorzio." Mi abbracciava, scuoteva la testa e rideva.
La parte burocratica e' stata una comica, per prima cosa abbiamo dovuto chiedere la licenza di matrimonio, e per quella abbiamo dovuto usare le nostre patenti come documento d'identita'. La reazione della segretaria davanti alla mia patente meritava di essere filmata, io avevo la classica patente italiana: rosa, di stoffa, piegata in tre, dentro uno di quei proteggi documenti di plastica trasparente che si compravano nei tabacchini, era chiaro che lei non ne avesse mai visto una cosi'. Dopo avere trascritto i nomi ha fatto la domanda di routine, prima a lui (cosa non necessaria visto che lui e' bianco che piu' bianco non si puo', ma si sa', certe persone sono proprio fiscali), poi a me. "Race?" Non mi era mai stato chiesto in vita mia a quale razza appartenessi, non sapevo nemmeno di appartenere ad una razza. Lui ha risposto per me, "Caucasian," e io che pensavo al Caucaso geografico, "No, I am Italian!"
La signora, evidentemente poco brillante, mi ha guardata confusa, provava e riprovava a mettere Italian sul computer che naturalmente non riconosceva la "razza" e respingeva la richiesta, alla fine mi ha studiata per qualche secondo e ha messo White. Dopo aver firmato la licenza sono stata omaggiata con una busta di plastica, bianca, con il disegno stilizzato di due sposi all'interno di un cuore di fiori (nemmeno Cesira, la sorella zitella di mia nonna, avrebbe potuto creare una cosa simile) e la scritta Wedding Sampler. All'interno c'erano dei coupons, campioncini di prodotti per la casa e per l'igiene orale e, da parte degli sponsor, la Procter e Gamble, un biglietto di auguri per una felice vita insieme, noi e i loro prodotti.
Al momento della cerimonia di matrimonio il giudice di pace era gia' uscito per la pausa pranzo, cosi' la segretaria si e' offerta di celebrarla lei. La cerimonia e' durata pochissimo, ha dato un foglio a me e un foglio a lui e abbiamo letto a turno cio' che c'era scritto aggiungendo i nostri nomi nello spazio vuoto. Mentre era in corso la cerimonia, avvenuta sulle scale, mica in una stanza, si e' avvicinato un detenuto con la tipica tuta arancione e le manette ai polsi e alle caviglie che si e' offerto di scattarci delle foto. Gli ho dato la mia macchina fotografica con piena fiducia, non sarebbe potuto andare lontano con le catene ai piedi.
Quando rivedo le foto, cosa che accade raramente, mi vengono quasi i brividi, io sembravo uscita dal set di Friends, con un paio di jeans a vita alta e un maglioncino corto, lui meno databile di me, sui jeans indossava una camicia.
Con il tempo, i viaggi, la convivenza con culture differenti dalla mia e totalmente diverse tra loro, deve essere arrivata anche la saggezza, e se non proprio quella, almeno la tendenza a vedere le cose con diverse lenti. Ho avuto modo di osservare che ad ogni tipo di cerimonia corrisponde un certo abito e in certi casi anche un copricapo particolare, che si parli di cose sacre o profane, diventare vesovo o fare giudice, regnare o laurearsi. L'abito da sposa e' una tradizione, il velo e' una tradizione, e sono presenti in quasi tutte le culture in forme e con significati differenti.
Ho partecipato ad un matrimonio in Corea e la sposa ha indossato prima l'abito tradizionale (hanbok*), poi quello bianco in stile occidentale. Le mie amiche turche mi raccontavano che loro portano sull'abito bianco un nastro rosso legato intorno alla vita, dopo la cerimonia il padre della sposa scioglie il fiocco che sta a significare il passaggio delle consegne (che brutta immagine pero') della casta fanciulla dal papa' al marito.
Mi sono arresa alla tradizione, se dovessi sposarmi oggi, metterei l'abito da sposa e poi via a saltare nell'acqua con abito e tutto!
* In Corea ho avuto la fortuna, viste le mie misure asiatiche, di indossare l'hanbok da sposa.
E' la moda iniziata da qualche anno di scattare foto con l'abito da sposa in situazioni in cui verra' irreparabilmente rovinato. Spose nel fango, altre in mezzo alla schiuma del mare, altre ancora colorate di pittura, chi piu' ne ha piu' ne metta. Il principio e' che tanto e' un abito che verra' usato una volta sola, quindi perche' non rovinarlo scattando foto straordinarie invece che metterlo in una scatola nell'armadio?
Avrei dovuto farlo anche io, problem is, I didn't have a wedding dress. Ebbene si, non ho avuto l'abito da sposa.
Io e il futuro coniuge eravamo di ritorno dal matrimonio del suo piu' caro amico in Texas, abitavamo gia' insieme da un po', mi aveva gia' proposto di sposarlo (lo ha fatto in modo carino, peccato io abbia frainteso...), e portavo il suo anello al dito, pero' l'idea del matrimonio in generale non mi e' mai piaciuta particolarmente, tanto meno quella della cerimonia in abito bianco. Dicono che le ragazzine fin da piccole sognino il matrimonio, pare nelle loro fantasie si vedano avvolte in una nuvola bianca che e' il loro abito da sposa. No, non questa ragazzina. Forse per colpa della moda dell'epoca, ero ragazzzetta negli anni ottanta, ma questa idea di doversi vestire con un abitone bianco da principessa Disney, o peggio da cugina povera di Lady Diana, mi sapeva tanto di ridicola mascherata.
Durante una sosta in un paesino dell'Alabama dal nome indiano quasi impronunciabile, mi dice "Let's get married!" E io che pensavo "Ma questo e' fuori!" Probabilmente dipende dal fatto che io sia cresciuta con genitori divorziati, non so, ma il matrimonio mi ha sempre terrorizzata. Interrompevo le mie storie quando mi accorgevo che la situazione stava diventando troppo seria, avevo pianificato la mia vita: avrei avuto un buon lavoro itinerante che mi avrebbe permesso di viaggiare, qualche figlio, ma non mi sarei mai e poi mai sposata.
Tutto questo finche' non e' entrato in scena il Gentleman che mi ha travolto (letteralmente) e stravolto.
In quel periodo io e lui abitavamo insieme in Germania, e nonostante la distanza dall'Italia, i pettegolezzi delle malelingue arrivavano fin laggiu' e devo ammettere che alcuni facevano male anche ad una tosta come me. Certo non avrei mai sposato una persona che non amavo, pero' il mio pensiero tornava spesso a chi mandava a dire frasi del tipo "Almeno le e' stata risparmiata la vergogna di vedere la figlia usata e gettata via appena L'Americano riparte per qualche altra destinazione," riferendosi a mia madre che non c'era piu'. Non cercatemi la mamma, potrei non rispondere delle mie azioni!
Il giorno dopo eravamo davanti alla courthouse. Lui che mi teneva per mano e io che ripetevo tipo mantra "Esiste il divorzio, esiste sempre il divorzio." Mi abbracciava, scuoteva la testa e rideva.
La parte burocratica e' stata una comica, per prima cosa abbiamo dovuto chiedere la licenza di matrimonio, e per quella abbiamo dovuto usare le nostre patenti come documento d'identita'. La reazione della segretaria davanti alla mia patente meritava di essere filmata, io avevo la classica patente italiana: rosa, di stoffa, piegata in tre, dentro uno di quei proteggi documenti di plastica trasparente che si compravano nei tabacchini, era chiaro che lei non ne avesse mai visto una cosi'. Dopo avere trascritto i nomi ha fatto la domanda di routine, prima a lui (cosa non necessaria visto che lui e' bianco che piu' bianco non si puo', ma si sa', certe persone sono proprio fiscali), poi a me. "Race?" Non mi era mai stato chiesto in vita mia a quale razza appartenessi, non sapevo nemmeno di appartenere ad una razza. Lui ha risposto per me, "Caucasian," e io che pensavo al Caucaso geografico, "No, I am Italian!"
La signora, evidentemente poco brillante, mi ha guardata confusa, provava e riprovava a mettere Italian sul computer che naturalmente non riconosceva la "razza" e respingeva la richiesta, alla fine mi ha studiata per qualche secondo e ha messo White. Dopo aver firmato la licenza sono stata omaggiata con una busta di plastica, bianca, con il disegno stilizzato di due sposi all'interno di un cuore di fiori (nemmeno Cesira, la sorella zitella di mia nonna, avrebbe potuto creare una cosa simile) e la scritta Wedding Sampler. All'interno c'erano dei coupons, campioncini di prodotti per la casa e per l'igiene orale e, da parte degli sponsor, la Procter e Gamble, un biglietto di auguri per una felice vita insieme, noi e i loro prodotti.
Al momento della cerimonia di matrimonio il giudice di pace era gia' uscito per la pausa pranzo, cosi' la segretaria si e' offerta di celebrarla lei. La cerimonia e' durata pochissimo, ha dato un foglio a me e un foglio a lui e abbiamo letto a turno cio' che c'era scritto aggiungendo i nostri nomi nello spazio vuoto. Mentre era in corso la cerimonia, avvenuta sulle scale, mica in una stanza, si e' avvicinato un detenuto con la tipica tuta arancione e le manette ai polsi e alle caviglie che si e' offerto di scattarci delle foto. Gli ho dato la mia macchina fotografica con piena fiducia, non sarebbe potuto andare lontano con le catene ai piedi.
Quando rivedo le foto, cosa che accade raramente, mi vengono quasi i brividi, io sembravo uscita dal set di Friends, con un paio di jeans a vita alta e un maglioncino corto, lui meno databile di me, sui jeans indossava una camicia.
Con il tempo, i viaggi, la convivenza con culture differenti dalla mia e totalmente diverse tra loro, deve essere arrivata anche la saggezza, e se non proprio quella, almeno la tendenza a vedere le cose con diverse lenti. Ho avuto modo di osservare che ad ogni tipo di cerimonia corrisponde un certo abito e in certi casi anche un copricapo particolare, che si parli di cose sacre o profane, diventare vesovo o fare giudice, regnare o laurearsi. L'abito da sposa e' una tradizione, il velo e' una tradizione, e sono presenti in quasi tutte le culture in forme e con significati differenti.
Ho partecipato ad un matrimonio in Corea e la sposa ha indossato prima l'abito tradizionale (hanbok*), poi quello bianco in stile occidentale. Le mie amiche turche mi raccontavano che loro portano sull'abito bianco un nastro rosso legato intorno alla vita, dopo la cerimonia il padre della sposa scioglie il fiocco che sta a significare il passaggio delle consegne (che brutta immagine pero') della casta fanciulla dal papa' al marito.
Mi sono arresa alla tradizione, se dovessi sposarmi oggi, metterei l'abito da sposa e poi via a saltare nell'acqua con abito e tutto!
* In Corea ho avuto la fortuna, viste le mie misure asiatiche, di indossare l'hanbok da sposa.
Thursday, September 27, 2012
Zibaldone
- "Ci si aspetta ulteriori violenze per domani. Domani e' venerdi, giorno di preghiera."
Andiamo bene...
- That moment when you suddenly realize that you have lived way too long in The South: you run inside a store in a big hurry, and without giving your brain enough time to form a proper sentence, your mouth blurts out "Where's y'all's water?" And the clerk, without skipping a beat, answers "Aisle nine ma'am!"
- Perversione televisiva # 1
Rimanere a discutere di politica fino a notte fonda dopo aver visto la Democratic
Convention e poi, istigata dal coniuge tentatore, guardare Fox News per sentire quali stronzate toglieranno dal cappello.
Dopo aver riso per qualche minuto notare che le "giornaliste" sono tutte uguali e vestite allo stesso modo, con mini abiti da cocktail di bassa sartoria Ann Coulter style.
- Perversione televisiva # 2
Finire per sbaglio su un canale che trasmette Maury Show e rimanere incollati alla tv per vedere chi cacchio tra i cinque cugini e' il padre del bambino.
- Perversione alimentare # 1
Essere puristi della pizza e, ad una festa di bambini, mangiare quella con mac'n'cheese e ammettere vergognosamente (ma solo a se stessi) che non fa poi cosi' tanto schifo.
Andiamo bene...
- That moment when you suddenly realize that you have lived way too long in The South: you run inside a store in a big hurry, and without giving your brain enough time to form a proper sentence, your mouth blurts out "Where's y'all's water?" And the clerk, without skipping a beat, answers "Aisle nine ma'am!"
- Perversione televisiva # 1
Rimanere a discutere di politica fino a notte fonda dopo aver visto la Democratic
Convention e poi, istigata dal coniuge tentatore, guardare Fox News per sentire quali stronzate toglieranno dal cappello.
Dopo aver riso per qualche minuto notare che le "giornaliste" sono tutte uguali e vestite allo stesso modo, con mini abiti da cocktail di bassa sartoria Ann Coulter style.
- Perversione televisiva # 2
Finire per sbaglio su un canale che trasmette Maury Show e rimanere incollati alla tv per vedere chi cacchio tra i cinque cugini e' il padre del bambino.
- Perversione alimentare # 1
Essere puristi della pizza e, ad una festa di bambini, mangiare quella con mac'n'cheese e ammettere vergognosamente (ma solo a se stessi) che non fa poi cosi' tanto schifo.
Friday, September 21, 2012
Autunno
Il primo giorno d'autunno si e' presentato con la nebbia, la temperatura e' buona, intorno ai trenta gradi, e' solo a questa nebbia che ancora non riesco a fare l'abitudine. Per fortuna dura poco.
Sara' perche' abito in Georgia, ma la nebbia mi riporta sempre alla scena finale di Via col Vento, mi sento sempre un po' Rossella. Mi piacerebbe vedere la parte antica di Savannah avvolta dalla nebbia. Savannah e' la citta' risparmiata da Sherman durante la guerra di secessione che mantiene ancora delle case nello stile dell'epoca. Laggiu' mi sentirei ancora piu' Rossella. No, non sono sempre cosi' romantica, anzi.
Oggi e' anche il giorno della raccolta dei fondi per aiutare le persone in chemio senza assicurazione. La mia amica Judy ha organizzato tutto. Io ed altre persone abbiamo preparato delle teglie di lasagne, tra poco infornero' le mie, alcuni business locali hanno donato insalate, pane, desserts, piatti e contenitori (fanno un gesto buono e possono detrarre la donazione dalle tasse), una chiesa ha donato lo spazio e stasera si mettera' su una sorta di Pop Up Ristorante. Siamo anche organizzati con contenitori da asporto nel caso non ci fosse abbastanza spazio per tutti i clienti. La tv locale ha fatto un servizio su questa iniziativa, speriamo il messaggio arrivi a tante persone che qui il bisogno e' alto.
Ah, e' appena uscito il sole, passato il momento romantico e' ora di mettersi al lavoro.
Sara' perche' abito in Georgia, ma la nebbia mi riporta sempre alla scena finale di Via col Vento, mi sento sempre un po' Rossella. Mi piacerebbe vedere la parte antica di Savannah avvolta dalla nebbia. Savannah e' la citta' risparmiata da Sherman durante la guerra di secessione che mantiene ancora delle case nello stile dell'epoca. Laggiu' mi sentirei ancora piu' Rossella. No, non sono sempre cosi' romantica, anzi.
Oggi e' anche il giorno della raccolta dei fondi per aiutare le persone in chemio senza assicurazione. La mia amica Judy ha organizzato tutto. Io ed altre persone abbiamo preparato delle teglie di lasagne, tra poco infornero' le mie, alcuni business locali hanno donato insalate, pane, desserts, piatti e contenitori (fanno un gesto buono e possono detrarre la donazione dalle tasse), una chiesa ha donato lo spazio e stasera si mettera' su una sorta di Pop Up Ristorante. Siamo anche organizzati con contenitori da asporto nel caso non ci fosse abbastanza spazio per tutti i clienti. La tv locale ha fatto un servizio su questa iniziativa, speriamo il messaggio arrivi a tante persone che qui il bisogno e' alto.
Ah, e' appena uscito il sole, passato il momento romantico e' ora di mettersi al lavoro.
Tuesday, September 18, 2012
Bitter
Domenica per la seconda volta da quando mi trovo in Georgia (e ci sono da anni) sono andata con la mia amica al Golden Corral. Il Golden Corral e' una catena americana di all-you-can-eat buffet. Non e' un posto che amo, infatti io non amo proprio andare a mangiare fuori, pero' la mia amica e il marito ci tenevano tanto che andassi e sono venuti a prendermi quasi con la forza.
La volta precedente eravamo solo io e lei, era il suo compleanno e mi aveva chiesto come regalo di portarla a cena in quel ristorante. La mia amica frequenta spesso questo posto, infatti appena entrate tutti a salutarla chiamandola per nome. Poco dopo il nostro arrivo ci e' venuta incontro una delle manager e si e' seduta al tavolo con noi. La manager in questione e' una ragazza nera, con la testa e collo coperti per motivi religiosi. Abbiamo parlato un po' di tutto, e io che talvolta dimentico cosa voglia dire essere politicamente corretta, le ho fatto una serie di domande. Le ho chiesto se avesse mai avuto problemi con certi clienti per via del velo che porta, ha risposto che si, qualche volta qualcuno l'aveva insultata e aveva chiesto di parlare con uno degli altri manager. Mi ha raccontato la sua storia, veniva dal New Jersey, e io, con la delicatezza del famoso elefante nel negozio di cristallerie, non solo l'ho interrotta ma le ho chiesto:
"Sei donna, sei nera, e sei di religione islamica. Non sarebbe stato piu' facile per te rimanere in New Jersey invece che trasferirti in questa parte del sud dove la maggior parte delle persone sono bigotte e razziste?"
Lei mi ha risposto che quel tipo di persone non avrebbero mai controllato la sua vita.
Abbiamo parlato di religioni, usanze, e cose varie. Alla fine dopo baci e abbracci e' tornata al suo lavoro.
Domenica, come siamo arrivati, la gia' citata manager era davanti alle casse. Quando ci ha visto e' venuta a salutarci, ci siamo abbracciate, abbiamo scambiato qualche parola poi io mi sono dovuta allontanare per qualche minuto. Ero con mio figlio, cercavamo una bottiglia d'acqua nel frigo delle bevande, lo so che sono pallosa, ma preferisco che beva quella piuttosto che bevande a base di coloranti e corn syrup. Quando mi sono rigirata ho visto un gruppetto di persone e la ragazza che diceva qualcosa tipo "no problem" e si allontanava. C'era la "folla" del dopo messa protestante/battista domenicale tipica del sud, non ho dato peso alla cosa e mi sono solo preoccupata di andare a cercare un tavolo.
Quando finalmente la mia amica e il marito ci hanno raggiunti, ho notato che erano un tantino scossi, li sentivo dire cose tipo "Can you believe that? That was wrong."
Incuriosita (tanto per cambiare) ho chiesto cosa fosse successo, mi hanno risposto che una coppia aveva chiesto che la manager si allontanasse, non volevano nessun contatto con lei mentre pagavano l'ingresso. Da li abbiamo iniziato una discussione sul fatto che un cliente e' autorizzato a chiedere di avere un manager, cassiere, cameriere diverso da quello assegnato, mentre un ristoratore non puo' rifiutarsi di servire un cliente senza una motivazione valida, rischierebbe una denuncia per discriminazione.
Ho chiesto ai miei amici di indicarmi la coppia; erano un uomo e una donna orientativamente sui settanta anni, avevano la classica aria perbene, i capelli bianchi, l'abito della domenica. Avevano l'aspetto di chi arriva dalla messa.
Sicuramente sono gia' registrati per votare.
Sicuramente so gia' per chi voteranno.
La volta precedente eravamo solo io e lei, era il suo compleanno e mi aveva chiesto come regalo di portarla a cena in quel ristorante. La mia amica frequenta spesso questo posto, infatti appena entrate tutti a salutarla chiamandola per nome. Poco dopo il nostro arrivo ci e' venuta incontro una delle manager e si e' seduta al tavolo con noi. La manager in questione e' una ragazza nera, con la testa e collo coperti per motivi religiosi. Abbiamo parlato un po' di tutto, e io che talvolta dimentico cosa voglia dire essere politicamente corretta, le ho fatto una serie di domande. Le ho chiesto se avesse mai avuto problemi con certi clienti per via del velo che porta, ha risposto che si, qualche volta qualcuno l'aveva insultata e aveva chiesto di parlare con uno degli altri manager. Mi ha raccontato la sua storia, veniva dal New Jersey, e io, con la delicatezza del famoso elefante nel negozio di cristallerie, non solo l'ho interrotta ma le ho chiesto:
"Sei donna, sei nera, e sei di religione islamica. Non sarebbe stato piu' facile per te rimanere in New Jersey invece che trasferirti in questa parte del sud dove la maggior parte delle persone sono bigotte e razziste?"
Lei mi ha risposto che quel tipo di persone non avrebbero mai controllato la sua vita.
Abbiamo parlato di religioni, usanze, e cose varie. Alla fine dopo baci e abbracci e' tornata al suo lavoro.
Domenica, come siamo arrivati, la gia' citata manager era davanti alle casse. Quando ci ha visto e' venuta a salutarci, ci siamo abbracciate, abbiamo scambiato qualche parola poi io mi sono dovuta allontanare per qualche minuto. Ero con mio figlio, cercavamo una bottiglia d'acqua nel frigo delle bevande, lo so che sono pallosa, ma preferisco che beva quella piuttosto che bevande a base di coloranti e corn syrup. Quando mi sono rigirata ho visto un gruppetto di persone e la ragazza che diceva qualcosa tipo "no problem" e si allontanava. C'era la "folla" del dopo messa protestante/battista domenicale tipica del sud, non ho dato peso alla cosa e mi sono solo preoccupata di andare a cercare un tavolo.
Quando finalmente la mia amica e il marito ci hanno raggiunti, ho notato che erano un tantino scossi, li sentivo dire cose tipo "Can you believe that? That was wrong."
Incuriosita (tanto per cambiare) ho chiesto cosa fosse successo, mi hanno risposto che una coppia aveva chiesto che la manager si allontanasse, non volevano nessun contatto con lei mentre pagavano l'ingresso. Da li abbiamo iniziato una discussione sul fatto che un cliente e' autorizzato a chiedere di avere un manager, cassiere, cameriere diverso da quello assegnato, mentre un ristoratore non puo' rifiutarsi di servire un cliente senza una motivazione valida, rischierebbe una denuncia per discriminazione.
Ho chiesto ai miei amici di indicarmi la coppia; erano un uomo e una donna orientativamente sui settanta anni, avevano la classica aria perbene, i capelli bianchi, l'abito della domenica. Avevano l'aspetto di chi arriva dalla messa.
Sicuramente sono gia' registrati per votare.
Sicuramente so gia' per chi voteranno.
Saturday, September 15, 2012
My Little Italy
Ho recentemente trovato, non lontano da casa, la mia Little Italy.
Non si tratta di una zona abitata da italiani e popolata di negozi col tricolore sventolante.
Si tratta della casa di una mia amica, quella che io chiamo Madre Teresa da Latina.
La sua casa vista da fuori e' la tipica casa americana con il giardino curato e la driveway bordata di piante, manca solo la staccionata dipinta di bianco.
Quando si varca la soglia e' come entrare in una capsula spaziale, spaziale inteso nel senso che non si e' piu' in uno spazio americano, ma si viene catapultati in una tipica casa italiana.
La prima cosa che colpisce e' il profumo che emana dal vapore delle pentole. C'e' sempre qualcosa in cottura. L' altro giorno si trattava di pollo al forno con patate e rosmarino. Mi sembrava di essere a casa di mia nonna. Che poi non era cotto nel forno tradizionale, ma in un fornetto elettrico. Il forno lei lo usa solo quando deve cucinare qualcosa troppo grande per il fornetto. Il forno, insieme al microonde (in dotazione con la casa) vengono usati come luoghi per conservare teglie e tegami vari. I pensili sono pieni di contenitori di plastica riciclati, ci sono quelli della margarina, quelli dei take out dei ristoranti e quelli rosa di polistirolo usati per confezionare la carne. Naturalmente sono pulitissimi e organizzatissimi, e ad ogni contenitore corrisponde un coperchio. La dispensa e' zeppa di provviste come se temesse una imminente carestia. Mi fa tanto pensare a mia nonna, all'inizio della Prima Guerra del Golfo aveva fatto scorte di farina, zucchero, caffe', sale e aghi e fili per cucire. Avendo vissuto personalmente la Seconda Guerra Mondiale, non voleva trovarsi impreparata.
Nella cucina della mia amica fa uno strano effetto vedere i barattoli di vetro in stile liberty con le parole zucchero, sale e caffe' scritte in italiano.
La sala da pranzo ha il classico mobile con le ante di legno sotto e i vetri sopra. Il legno e' laccato e tirato a lucido, non c'e' un solo granello di polvere. All'interno delle vetrine ci sono, oltre ai classici bicchieri per i vari usi, tanti ninnolini e ninnoletti, bomboniere, piccoli Swarovski e bottigliette mignon di liquori. Nella parte di sotto, quella senza il vetro, tiene le ciliegie sotto spirito fatte da lei e il servizio di piatti "buono." Mi fa tenerezza, ne ho viste tante vetrinette cosi' nella mia vita.
La spalliera dei divani e' coperta da centrini perfettamente stirati, su un tavolino di vetro altri centrini e oggettini vari.
Le camere da letto sembrano lo show room anni ottanta di un qualsiasi mobilificio di una qualsiasi provincia italiana. I copriletti lucidi, le tende abbinate, qualche quadro dozzinale non troppo offensivo alla vista.
Lei e' una persona dolcissima, una che si toglierebbe anche la maglietta per aiutare uno sconosciuto. Si e' sposata giovanissima, ha avuto un figlio e ha divorziato. Diversi anni dopo ha conosciuto un militare americano, vedovo e con una figlia, si sono innamorati e hanno unito le loro famiglie. Sono una bellissima coppia, lui nero scuro scuro e lei bianca come il latte. Hanno vissuto per tanti anni in Italia e poi qualche anno fa si sono trasferiti qui in Usa con famiglia e mobilio al seguito.
Quando parliamo e lei usa la parola "bello" io scoppio sempre a ridere, mi sembra di sentire Verdone. Per fortuna ha il senso dell'umorismo e ride con me.
La prima volta che e' entrata a casa mia per poco le veniva un colpo. La mia casa e' spartana, niente centrini (li odio), niente mobili lucidi e niente vetrinette. Il mio arredamento e' un mix di mobili antichi ereditati dalla parte francese del Gentleman e cose che abbiamo comprato nei nostri vari soggiorni in altri continenti. Su una madia che ha fatto avanti e indietro tra la Francia e l'Africa nel periodo coloniale, ho messo solo cornici d'argento di diverse forme, stili e dimensioni, con foto di mio figlio in tutti i suoi vari stadi. Niente centrini. Niente!
Da una parte c'e' una panca del Guam, quella si e' laccata, pero' ci e' stata regalata, io l'avrei preferita naturale. Da un'altra parte un cavallo di legno di Bali. Alle pareti le creazioni artistiche di mio figlio incorniciate.
Non ho nemmeno le tende! (Le mie finestre hanno le blinds quindi quando le chiudo ho la mia privacy.)
Povera amica mia, ha provato a riformarmi, cercava di convincermi ad avere una casa arredata piu' convenzionalmente, ma alla fine si e' arresa. E pensare che non ha visto la bomba vuota che avevamo in sala e che ora risiede in garage! E' una cosa enorme, sara' minimo due metri, veniva usata per training e il Gentleman l'ha comprata molto prima di conoscere me con l'intento di trasformarla in qualcosa di utile.
Potrei fare come lei e suggerirle, nel suo caso, di eliminare qualche oggettoe tutti i qualche centrino, ma poi come farei a prendermi la mia dose di Italia nei momenti di astinenza?
Non si tratta di una zona abitata da italiani e popolata di negozi col tricolore sventolante.
Si tratta della casa di una mia amica, quella che io chiamo Madre Teresa da Latina.
La sua casa vista da fuori e' la tipica casa americana con il giardino curato e la driveway bordata di piante, manca solo la staccionata dipinta di bianco.
Quando si varca la soglia e' come entrare in una capsula spaziale, spaziale inteso nel senso che non si e' piu' in uno spazio americano, ma si viene catapultati in una tipica casa italiana.
La prima cosa che colpisce e' il profumo che emana dal vapore delle pentole. C'e' sempre qualcosa in cottura. L' altro giorno si trattava di pollo al forno con patate e rosmarino. Mi sembrava di essere a casa di mia nonna. Che poi non era cotto nel forno tradizionale, ma in un fornetto elettrico. Il forno lei lo usa solo quando deve cucinare qualcosa troppo grande per il fornetto. Il forno, insieme al microonde (in dotazione con la casa) vengono usati come luoghi per conservare teglie e tegami vari. I pensili sono pieni di contenitori di plastica riciclati, ci sono quelli della margarina, quelli dei take out dei ristoranti e quelli rosa di polistirolo usati per confezionare la carne. Naturalmente sono pulitissimi e organizzatissimi, e ad ogni contenitore corrisponde un coperchio. La dispensa e' zeppa di provviste come se temesse una imminente carestia. Mi fa tanto pensare a mia nonna, all'inizio della Prima Guerra del Golfo aveva fatto scorte di farina, zucchero, caffe', sale e aghi e fili per cucire. Avendo vissuto personalmente la Seconda Guerra Mondiale, non voleva trovarsi impreparata.
Nella cucina della mia amica fa uno strano effetto vedere i barattoli di vetro in stile liberty con le parole zucchero, sale e caffe' scritte in italiano.
La sala da pranzo ha il classico mobile con le ante di legno sotto e i vetri sopra. Il legno e' laccato e tirato a lucido, non c'e' un solo granello di polvere. All'interno delle vetrine ci sono, oltre ai classici bicchieri per i vari usi, tanti ninnolini e ninnoletti, bomboniere, piccoli Swarovski e bottigliette mignon di liquori. Nella parte di sotto, quella senza il vetro, tiene le ciliegie sotto spirito fatte da lei e il servizio di piatti "buono." Mi fa tenerezza, ne ho viste tante vetrinette cosi' nella mia vita.
La spalliera dei divani e' coperta da centrini perfettamente stirati, su un tavolino di vetro altri centrini e oggettini vari.
Le camere da letto sembrano lo show room anni ottanta di un qualsiasi mobilificio di una qualsiasi provincia italiana. I copriletti lucidi, le tende abbinate, qualche quadro dozzinale non troppo offensivo alla vista.
Lei e' una persona dolcissima, una che si toglierebbe anche la maglietta per aiutare uno sconosciuto. Si e' sposata giovanissima, ha avuto un figlio e ha divorziato. Diversi anni dopo ha conosciuto un militare americano, vedovo e con una figlia, si sono innamorati e hanno unito le loro famiglie. Sono una bellissima coppia, lui nero scuro scuro e lei bianca come il latte. Hanno vissuto per tanti anni in Italia e poi qualche anno fa si sono trasferiti qui in Usa con famiglia e mobilio al seguito.
Quando parliamo e lei usa la parola "bello" io scoppio sempre a ridere, mi sembra di sentire Verdone. Per fortuna ha il senso dell'umorismo e ride con me.
La prima volta che e' entrata a casa mia per poco le veniva un colpo. La mia casa e' spartana, niente centrini (li odio), niente mobili lucidi e niente vetrinette. Il mio arredamento e' un mix di mobili antichi ereditati dalla parte francese del Gentleman e cose che abbiamo comprato nei nostri vari soggiorni in altri continenti. Su una madia che ha fatto avanti e indietro tra la Francia e l'Africa nel periodo coloniale, ho messo solo cornici d'argento di diverse forme, stili e dimensioni, con foto di mio figlio in tutti i suoi vari stadi. Niente centrini. Niente!
Da una parte c'e' una panca del Guam, quella si e' laccata, pero' ci e' stata regalata, io l'avrei preferita naturale. Da un'altra parte un cavallo di legno di Bali. Alle pareti le creazioni artistiche di mio figlio incorniciate.
Non ho nemmeno le tende! (Le mie finestre hanno le blinds quindi quando le chiudo ho la mia privacy.)
Povera amica mia, ha provato a riformarmi, cercava di convincermi ad avere una casa arredata piu' convenzionalmente, ma alla fine si e' arresa. E pensare che non ha visto la bomba vuota che avevamo in sala e che ora risiede in garage! E' una cosa enorme, sara' minimo due metri, veniva usata per training e il Gentleman l'ha comprata molto prima di conoscere me con l'intento di trasformarla in qualcosa di utile.
Potrei fare come lei e suggerirle, nel suo caso, di eliminare qualche oggetto
Subscribe to:
Posts (Atom)