Thursday, October 25, 2012
Che neanche Ulisse
Cosa puo' succedere quando la nostra eroina decide di votare per le elezioni presidenziali in Usa?
Di tutto!
Che nemmeno Ulisse ci ha messo cosi' tanto ad arrivare ad Itaca, e c'e' da dire che almeno lui nel frattempo un po' si e' divertito, non io.
Requisito numero uno per partecipare alle elezioni: cittadinanza.
Fatto, quindi vado, voto e torno. Sbagliato.
Prima bisogna registrarsi.
Ok, allora mi registro. Cosa sara' mai?
Cerco su Google dove e come registrarmi e mi viene un dubbio, in quale stato mi registro?
Abito in Georgia, quindi mi registro in Georgia, uhm, pero' pago le tasse in Alabama, quindi forse dovrei registrarmi la'. Faccio qualche telefonata e pare proprio sia cosi'.
No problem, vado in Alabama e mi registro.
Per prima cosa cerco una biblioteca che sia aperta di sabato (non posso andare durante la settimana) e con orari favorevoli alla mia distanza. Trovata!
Mi preparo per andare in biblioteca come se dovessi andare a bere un mint julep con Paula Deen. In genere in biblioteca lavorano signore bianche conservatrici, quindi il look da southern belle e' di rigore. E' la prima volta che mi registro per le elezioni, non so come la cosa venga fatta, quindi mi vesto come una di loro per passare inosservata, non che abbia nulla da nascondere, ma preferisco evitare discussioni perche' mi conosco, che se qualcuno dice qualcosa che non va apro il becco e poi sono guai...
Tre ore d'auto e arriviamo.
Prima di entrare mi cambio, mollo la maglietta dei Ramones sul sedile e mi trasformo in una nativa, triplo mascara e capello semicotonato incluso.
Entro e la biblioteca e' popolata da impiegati neri. Moderni, hipster, con le treccine e in abito scuro. Mi guardano con l'aria di chi si chiede da quale macchina del tempo fossi uscita fuori.
Rimango nella parte, che altro posso fare(?) e spiego di volermi registrare per le elezioni.
Mi danno una cartolina pre affrancata e mi dicono che la devo compilare, piegare e spedire.
Mio figlio legge un mensile di ornitologia (mah) e io inizio a rispondere alle domande della cartolina. Leggo che per potermi registrare in Alabama devo abitare in Alabama! Le uniche persone autorizzate a votare con una diversa residenza sono i militari attivi e i loro dipendenti. Quindi la storia delle tasse non era importante quanto la residenza. Mavaff...
Arriva il lunedi' mattina, ultimo giorno valido per la registrazione, e mi reco alla biblioteca del mio paesello. Prendo un modulo per me e uno per il marito della mia amica. Chiedo una penna alla bibliotecaria, compilo la cartolina, la piego, rimuovo la parte che copre l'adesivo, la chiudo e mi preparo ad andare all'ufficio postale. Mentre guido verso le poste ripenso ad una cosa che mi era sembrata fuori luogo (dovrei fare il detective nei film), la cartolina aveva una sorta di taschina, ma per cosa? Il mio documento era chiuso quindi guardo l'altra copia, quella per il marito della mia amica, e leggo che se ci si iscrive per la prima volta bisogna allegare la fotocopia della patente e metterla nell'apposita taschina. Ma vaff...
Torno a casa, con certosina pazienza riesco a riaprire la cartolina, metto una fotocopia del documento richiesto, richiudo il tutto e passo al drive throu' delle poste. Spedito entro le cinque, fiuuuuuuuu.
Ora aspetto solo che mi arrivi una cartolina gialla che mi informera' della mia autorizzazione a votare. Passano i giorni e invece della famosa cartolina gialla ricevo una bella letterina.
"Cara fanciulla, dai controlli incrociati con l'ufficio del dipartimento dei motoveicoli risulta che tu non sei affatto cittadina, quindi non puoi votare. Vai alla city hall della tua citta' e vedi un po' cosa ti dicono." Ma vaff...
Ricevo la letterina di sabato, quindi devo aspettare fino al lunedi, e il tempo inizia a stringere. Il lunedi mattina arrivo bella pimpante alla city hall, spiego la situazione e mi viene dato il numero di telefono del centro per le votazioni, devo chiedere a loro non alla city hall.
Torno a casa e chiamo il numero. Una signora gentilissima mi spiega che quando avevo preso la patente, un milione di anni fa, non ero cittadina, quindi per loro non sono cittadina. Dice di mandarle via fax una copia del mio passaporto o del documento di cittadinanza, suggerisce inoltre di passare alla motorizzazione e corregere il mio status, altrimenti potrei avere problemi in futuro.
La mattina dopo faccio una copia del passaporto da mandare via fax, e visto che avevo un altro impegno in zona, mi fermo all'ufficio patenti. Dopo aver aspettato per sempre, finalmente chiamano il mio numero. La signorina incazzosa (per qualche strano motivo gli impiegati della DMV sono sempre incazzosetti) prova a cambiare il mio status ma non riesce. Chiama il supervisore, chiama il supervisore del supervisore, chiama il supervisore del supervisore del supervisore, e nulla, nessuno puo' fare niente. A loro risulta che il mio caso sia ancora pendente con l'immigrazione. Sbatto loro in faccia il passaporto, niente. L'unica soluzione sarebbe cancellare la mia patente, prenderne una temporanea, aspettare un trentina di giorni e poi rifare tutto. Poi con una faccia di merda incredibile, la cordiale signorina mi dice: "Tanto non farai in tempo a votare!" Ma vaff... che ci riusciro' eccome.
Passo al piano B: mandare via fax la copia del passaporto. Peccato l'abbia lasciata a casa!
Torno a casa, prendo la copia e corro da Staples dove finalmente faccio il fax.
Rientro a casa, richiamo la signora gentilissima che mi dice di avere ricevuto il fax e sistemato la mia situazione, addirittura mi ringrazia per aver richiamato.
Le elezioni sono il sei Novembre, pero' esiste il programma di early voting per chi non potra' andare quel giorno.
Questa mattina sono andata a votare anche io.
Tante persone mi hanno detto di non perdere tempo, la Georgia e' uno stato repubblicano, quindi il mio voto non avrebbe contato nulla.
Invece, passaporto e patente in tasca, mi sono messa in fila e ho aspettato il mio turno.
Mi sono un po' emozionata quando ho visto tre signore nere anzianissime, una in sedia a rotelle, l'altra col bastone, e una terza che spingeva la sedia a rotelle. Gli over 65 passano in una fila preferenziale, ma se non fosse stato cosi' avrei ceduto loro volentieri il mio posto.
Sono rimasta col fiato sospeso mentre ricontrollavano i miei documenti al computer, tutto era in ordine, quindi sono entrata nella stanza delle votazioni. Mi sono avvicinata al primo computer libero, ho infilato la tesserina magnetica che mi avevano dato al momento dell'ok dei miei documenti, e sono apparsi i nomi sullo schermo. Era un touch screen.
E' evidente che la Georgia sia uno Stato Repubblicano; oltre alle elezioni presidenziali c'erano i nomi dei candidati per altre cariche. I candidati repubblicani (non alla presidenza) avevano il loro nome scritto, bastava solo toccarlo col dito per votare, per quelli degli altri partiti il nome non c'era, bisognava conoscerlo gia', andare in una pagina specifica con l'alfabeto e scriverlo. La cosa mi ha infastidito, e non poco.
Ho messo da parte la mia rabbia e ho votato.
Ulisse e' finalmente arrivato a Itaca!
Sono uscita dall'ufficio delle elezioni che non riuscivo a smettere di sorridere, sul petto un adesivo che ho portato in giro anche mentre sbrigavo varie commissioni.
Questo.
Sunday, October 21, 2012
Oggi sono stronza
Oggi sono stronza, ma stronza stronza davvero.
E non mi sono nemmeno svegliata con il culo storto. Mah.
Ho un'amica che vuole apparire intellettualmente profonda a tutti i costi. Ieri sulla sua pagina di fb ha pubblicato il link di un articolo che parlava di sperimentazione dei vaccini contro la malaria. Interessante. Poi si lamenta del fatto che questi vaccini vengano sperimentati in Africa e Asia, e ripete la domanda di fine articolo, qualcosa sul tipo "voi cosa fareste se si trattasse di vostro figlio?"
Premetto che non amo i vaccini, infatti mio figlio non ha fatto i richiami e ogni tanto ricevo qualche telefonata nera dalla scuola, ma se abitassi in Africa o in zone paludose dell'Asia sarei favorevole alla sperimentazione, e non parlo cosi' per dire, io sono una di quelle persone che ha provato terapie sperimentali durante la mia travagliata gravidanza. Mia nonna, classe 1913, ha avuto la malaria in Italia, e non l'ha descritta come una passeggiata.
Se quelle sono le zone malariche, mi sembrerebbe fuori luogo vaccinare gli abitanti dell'Islanda, no? Capisco ti preoccupi della situazione in Africa, ma il link di oggi no, questo proprio non capisco come ti possa coinvolgere.
Questa volta articolo in inglese. Il controllo (e sfruttamento) dei rapper americani (neri naturalmente) da parte di managers, avvocati e discografici di religione ebraica. Non per essere diretta, ma che cazzo ne sai? Nei tuoi post proclami la pace tra i popoli e ti metti a discriminare su base religiosa? Citi Muccino, ascolti la Pausini e cerchi di entrare nell'argomento entertainment lawyers? I post piu' trasgressivi che metti sono quelli con la faccia di Jim Morrison fatto come una capra che dice qualche frase ispirata dallo stupore farmacologico. E ammetto che alle scuole superiori, nel mio momento trasgressivo, anche io avevo il suo libro di poesie e mi sembravano chissa' quale rivelazione, tanto da copiarle sul mio diario. Ah, dimenticavo, sei una scrittrice. Ma all'universita' non hai fatto il corso di ricerca bibliografica? Qui e' obbligatorio, vale solo un credito, pero' e' interessante, ti insegnano a discernere gli articoli su internet e a fare ricerche in biblioteca. Se avessi letto la firma dell'articolo pubblicato, forse avresti capito perche' al tizio non piacciono gli ebrei. Ma sei una creativa, tutto ti si perdona.
Che mi fa arrivare al punto due.
Le mie due amiche scrittrici. Lei e l'altra. Lei (la sopra citata) ha scritto un libro, la storia carina, la narrazione da terza media. L'altra ha appena vinto un altro concorso letterario ma sbaglia tutti i congiuntivi, i personaggi dei suoi romanzi hanno nomi esotici e le storie sono da Harmony senza la parte spinta. Bravissimapersonapercarita', pero' ingenua. Non credi che se devi pagare per partecipare al concorso, pagare per far pubblicare il tuo libro, sotto sotto ci sia qualcosa? Mi ha anche chiesto, visto che io parlo l'inglese, di tradurre i suoi romanzi. No, l'inglese non e' la mia madre lingua. (Io mi conosco, cambierei la storia nei punti che non mi piacciono)
Che mi porta al punto tre. Traduzione e adattamento.
Una volta ho trovato su internet una storiella su come vengono scelte le mamme dei prematuri, storia gia' adattata da un originale di Erma Bombeck. L'ho tradotta, italianizzata, cambiato alcune cose che non mi andavano e pubblicata sul sito dei prematuri sul quale collaboravo. La storiella e' appesa su quasi tutte le terapie intensive neonatali in Italia, una bella soddisfazione, tranne quando vedi che persone se ne attribuiscono la paternita' o meglio, maternita'. Non e' stata scritta da me, tanto meno da loro. Qualcuna e' stata cosi' idiota da fare il copia e incolla senza notare che c'era un mio typo: due spazi seguiti da virgola, e l'ha bellamente firmata e pubblicata. Nella mia versione ho eliminato frasi che proprio non digerivo, tipo "questo bambino non sara' perfetto," non credo proprio, e altre troppo religiose.
E arriviamo al punto quattro. Religione.
Telefonata mattutina.
"Tuo figlio ha l'eta' in cui dovrebbe andare al catechismo." Si, ha l'eta' ma non la testa.
"Avresti dovuto portarlo fin da piccolo." Prova a tenere fermo un bambino piccolo in chiesa, uno con una buona dose di ADHD.
"Si ma ora e' grande." Lo so, si annoia ancora di piu'.
"Anche io mi annoio in chiesa." Alloracaz cosa ci vai a fare?
Se esiste una sezione VIP all'inferno, il mio nome e' nella guest list.
E non mi sono nemmeno svegliata con il culo storto. Mah.
Ho un'amica che vuole apparire intellettualmente profonda a tutti i costi. Ieri sulla sua pagina di fb ha pubblicato il link di un articolo che parlava di sperimentazione dei vaccini contro la malaria. Interessante. Poi si lamenta del fatto che questi vaccini vengano sperimentati in Africa e Asia, e ripete la domanda di fine articolo, qualcosa sul tipo "voi cosa fareste se si trattasse di vostro figlio?"
Premetto che non amo i vaccini, infatti mio figlio non ha fatto i richiami e ogni tanto ricevo qualche telefonata nera dalla scuola, ma se abitassi in Africa o in zone paludose dell'Asia sarei favorevole alla sperimentazione, e non parlo cosi' per dire, io sono una di quelle persone che ha provato terapie sperimentali durante la mia travagliata gravidanza. Mia nonna, classe 1913, ha avuto la malaria in Italia, e non l'ha descritta come una passeggiata.
Se quelle sono le zone malariche, mi sembrerebbe fuori luogo vaccinare gli abitanti dell'Islanda, no? Capisco ti preoccupi della situazione in Africa, ma il link di oggi no, questo proprio non capisco come ti possa coinvolgere.
Questa volta articolo in inglese. Il controllo (e sfruttamento) dei rapper americani (neri naturalmente) da parte di managers, avvocati e discografici di religione ebraica. Non per essere diretta, ma che cazzo ne sai? Nei tuoi post proclami la pace tra i popoli e ti metti a discriminare su base religiosa? Citi Muccino, ascolti la Pausini e cerchi di entrare nell'argomento entertainment lawyers? I post piu' trasgressivi che metti sono quelli con la faccia di Jim Morrison fatto come una capra che dice qualche frase ispirata dallo stupore farmacologico. E ammetto che alle scuole superiori, nel mio momento trasgressivo, anche io avevo il suo libro di poesie e mi sembravano chissa' quale rivelazione, tanto da copiarle sul mio diario. Ah, dimenticavo, sei una scrittrice. Ma all'universita' non hai fatto il corso di ricerca bibliografica? Qui e' obbligatorio, vale solo un credito, pero' e' interessante, ti insegnano a discernere gli articoli su internet e a fare ricerche in biblioteca. Se avessi letto la firma dell'articolo pubblicato, forse avresti capito perche' al tizio non piacciono gli ebrei. Ma sei una creativa, tutto ti si perdona.
Che mi fa arrivare al punto due.
Le mie due amiche scrittrici. Lei e l'altra. Lei (la sopra citata) ha scritto un libro, la storia carina, la narrazione da terza media. L'altra ha appena vinto un altro concorso letterario ma sbaglia tutti i congiuntivi, i personaggi dei suoi romanzi hanno nomi esotici e le storie sono da Harmony senza la parte spinta. Bravissimapersonapercarita', pero' ingenua. Non credi che se devi pagare per partecipare al concorso, pagare per far pubblicare il tuo libro, sotto sotto ci sia qualcosa? Mi ha anche chiesto, visto che io parlo l'inglese, di tradurre i suoi romanzi. No, l'inglese non e' la mia madre lingua. (Io mi conosco, cambierei la storia nei punti che non mi piacciono)
Che mi porta al punto tre. Traduzione e adattamento.
Una volta ho trovato su internet una storiella su come vengono scelte le mamme dei prematuri, storia gia' adattata da un originale di Erma Bombeck. L'ho tradotta, italianizzata, cambiato alcune cose che non mi andavano e pubblicata sul sito dei prematuri sul quale collaboravo. La storiella e' appesa su quasi tutte le terapie intensive neonatali in Italia, una bella soddisfazione, tranne quando vedi che persone se ne attribuiscono la paternita' o meglio, maternita'. Non e' stata scritta da me, tanto meno da loro. Qualcuna e' stata cosi' idiota da fare il copia e incolla senza notare che c'era un mio typo: due spazi seguiti da virgola, e l'ha bellamente firmata e pubblicata. Nella mia versione ho eliminato frasi che proprio non digerivo, tipo "questo bambino non sara' perfetto," non credo proprio, e altre troppo religiose.
E arriviamo al punto quattro. Religione.
Telefonata mattutina.
"Tuo figlio ha l'eta' in cui dovrebbe andare al catechismo." Si, ha l'eta' ma non la testa.
"Avresti dovuto portarlo fin da piccolo." Prova a tenere fermo un bambino piccolo in chiesa, uno con una buona dose di ADHD.
"Si ma ora e' grande." Lo so, si annoia ancora di piu'.
"Anche io mi annoio in chiesa." Allora
Se esiste una sezione VIP all'inferno, il mio nome e' nella guest list.
Saturday, October 13, 2012
Lola nata dal web
Questa e' la storia di Lola, figlia del freddo e del web.
E' la storia vera di una bambina bellissima, e non lo dico cosi' per dire, perche' si sa', i bambini sono tutti belli, lei e' davvero di una bellezza straordinaria.
Ho pensato a lei perche' questo mese compira' il suo primo anno e perche' su un altro blog c'e' stata una critica sul fatto che una mamma in attesa della sua piccola abbia reso nota la cosa e ricevuto regali da persone "virtualmente sconosciute" e felici per lei.
Il mondo di internet e' anche questo. Io ho delle amicizie e dei legami fortissimi con persone che ancora non ho incontrato faccia a faccia e con cui parlo quasi tutti i giorni.
Ho iniziato a frequentare tanti anni fa un forum italiano che si occupava di prematurita' dei problemi ad essi connessa. All'epoca stavo in Guam, non conoscevo nessuna altra persona con figli prematuri estremi, il forum mi ha dato tanto supporto e alcune amicizie ormai indissolubili.
Lola e' nata dall'unione di queste amicizie, senza internet probabilmente non ci sarebbe nemmeno lei.
C'era una volta una principessa che abitava in un paese freddo freddissimo del nord Europa. Uno di quei paesi dove se scruti bene il cielo potrebbe anche capitarti di vedere Babbo Natale e le sue renne che si allenano per la maratona del 25 Dicembre.
Questa principessa aveva tante amiche principesse semi-sfigate come lei, per via delle distanze che le separavano (la lobby delle Streghe, Befane & Co. Inc. aveva il monopolio sull'uso della scopa come mezzo di trasporto), le principesse comunicavano tra di loro via internet. Quando le principesse semi-sfigate erano nate, una fata malvagia, gelosa della futura indipendenza delle fanciulle, aveva fatto loro un incantesimo.
"Hahaha! Alcune di voi arriveranno alla maternita' con grandi difficolta' e solo con l'aiuto della scienza; altre con apparente facilita', ma tutte partorirete dei bambini piccoli come Pollicino! Hahahaha!"
La bella principessa, sfruttando la scienza moderna, aveva messo al mondo il suo Pollicino. Un bambino con i capelli bianchi come la neve del suo villaggio e con gli occhi blu come il Mare del Nord. Pollicino cresceva e aveva tanti amichetti, qualcuno era diventato una stella, altri abitavano in continenti lontani a lui sconosciuti.
Un bel giorno la principessa passeggiava tra le nevi del suo paese, Pollicino correva davanti a lei, era felice pero' sentiva che le mancava ancora qualcosa. Voleva riprovare a diventare mamma, alla faccia della fata malvagia! Tie', tie' tie'!
Dopo averci pensato tutta la notte, comunico' la sua idea alle principesse semi-sfigate a lei piu' vicine di affinita'. Pur essendo una principessa, il suo castello era un po' in rovina, e le possibilita' economiche non erano tali da poter affrontare troppe spese. E la scienza talvolta costa parecchio.
Cosi' la principessa decise di scrivere una lettera aperta a tutte le principesse madri di Pollicini. Chiedeva loro un aiuto economico per aiutarla a realizzare il suo desiderio. Non chiedeva nessuna cifra precisa, semplicemente spiegava quanto sarebbe costato il tutto.
La sua lettera' scateno' un putiferio, alcune mamme di Pollicini ormai avevano il cuore indurito; altre pensavano che il suo modo di voler diventare mamma fosse immorale. Perche' vedete, la principessa ormai non aveva piu' 18 anni e nemmeno 28, ma nemmeno 38, quindi la sua unica possibilita' era quella di portare in pancia un cucciolo geneticamente non suo. Vai a spiegare ad alcune persone che l'amore e' un sentimento incondizionato che non conosce confini genetici. Mica i nostri principi consorti sono nostri parenti, eppure li amiamo e decidiamo di fare figli con loro!
Alcune principesse di regni vicini e lontani decisero di aiutare comunque la principessa del nord, chi mandava 25 monete, chi addirittura ne aveva mandato 500, chi si offriva di ospitare la principessa nel regno di Spagna, dove sarebbe avvenuto il miracolo della scienza. Il sortilegio scientifico costava 3500 monete, che non e' tantissimo, ma se non si hanno e' come se ne costasse 10 milioni. La principessa era un po' triste, ma comunque decisa a non arrendersi, quando all'orizzonte apparve un suo ex principe, il mancato principe consorte della principessa del nord. Nonostante gli anni trascorsi e nonostante il suo abito non fosse piu' tanto azzurro, ancora voleva bene alla sua ex bella e cosi' decise di donarle le monete mancanti.
Uno stregone del regno di Spagna mise insieme quelli che la principessa ama chiamare "avanzi" di altri sortilegi e procedette all'incantesimo.
Ci vollero alcune settimane prima di vedere se l'incantesimo avesse fatto effetto. La principessa era felice e positiva, le altre principesse semi-sfigate, basandosi sulle statistiche, pensavano che le possibilita' fossero ben poche. Naturalmente tenevano per se la loro opinione.
Quanto si sbagliavano! L'incantesimo aveva fatto effetto!
Pollicina Lola cresceva felice nella pancia della sua mamma, mentre alcune delle principesse semi-sfigate dubitavano della sua presenza. Volevano tanto bene alla principessa del nord e sapevano che voleva tanto diventare mamma, ma statistiche in mano, la possibilita' era remotissima. Erano molto preoccupate per lei.
Ma le settimane passavano, le stagioni cambiavano e Pollicina Lola contiuava a crescere nel suo caldo mondo.
Una bella mattina di fine ottobre finalmente decise di nascere, dico finalmente perche' diversamente da suo fratello Pollicino lei non arrivo' in anticipo. Aveva rotto il sortilegio della fata malvagia, non era nata piccola come Pollicino! E cosi' si dovette anche cambiare il suo nome, da Pollicina Lola divenne semplicemente Lola.
Qualche fatina buona, intenerita dalle avventure della principessa del nord, deve aver buttato un po' di polverina magica, Lola ha gli stessi occhi blu come il Mare del Nord di suo fratello Pollicino.
Buon primo compleanno Lola, figlia della principessa del nord e di tutte le altre principesse semi-sfigate. Che la fatina buona ricopra sempre la tua strada di polverina magica.
E' la storia vera di una bambina bellissima, e non lo dico cosi' per dire, perche' si sa', i bambini sono tutti belli, lei e' davvero di una bellezza straordinaria.
Ho pensato a lei perche' questo mese compira' il suo primo anno e perche' su un altro blog c'e' stata una critica sul fatto che una mamma in attesa della sua piccola abbia reso nota la cosa e ricevuto regali da persone "virtualmente sconosciute" e felici per lei.
Il mondo di internet e' anche questo. Io ho delle amicizie e dei legami fortissimi con persone che ancora non ho incontrato faccia a faccia e con cui parlo quasi tutti i giorni.
Ho iniziato a frequentare tanti anni fa un forum italiano che si occupava di prematurita' dei problemi ad essi connessa. All'epoca stavo in Guam, non conoscevo nessuna altra persona con figli prematuri estremi, il forum mi ha dato tanto supporto e alcune amicizie ormai indissolubili.
Lola e' nata dall'unione di queste amicizie, senza internet probabilmente non ci sarebbe nemmeno lei.
C'era una volta una principessa che abitava in un paese freddo freddissimo del nord Europa. Uno di quei paesi dove se scruti bene il cielo potrebbe anche capitarti di vedere Babbo Natale e le sue renne che si allenano per la maratona del 25 Dicembre.
Questa principessa aveva tante amiche principesse semi-sfigate come lei, per via delle distanze che le separavano (la lobby delle Streghe, Befane & Co. Inc. aveva il monopolio sull'uso della scopa come mezzo di trasporto), le principesse comunicavano tra di loro via internet. Quando le principesse semi-sfigate erano nate, una fata malvagia, gelosa della futura indipendenza delle fanciulle, aveva fatto loro un incantesimo.
"Hahaha! Alcune di voi arriveranno alla maternita' con grandi difficolta' e solo con l'aiuto della scienza; altre con apparente facilita', ma tutte partorirete dei bambini piccoli come Pollicino! Hahahaha!"
La bella principessa, sfruttando la scienza moderna, aveva messo al mondo il suo Pollicino. Un bambino con i capelli bianchi come la neve del suo villaggio e con gli occhi blu come il Mare del Nord. Pollicino cresceva e aveva tanti amichetti, qualcuno era diventato una stella, altri abitavano in continenti lontani a lui sconosciuti.
Un bel giorno la principessa passeggiava tra le nevi del suo paese, Pollicino correva davanti a lei, era felice pero' sentiva che le mancava ancora qualcosa. Voleva riprovare a diventare mamma, alla faccia della fata malvagia! Tie', tie' tie'!
Dopo averci pensato tutta la notte, comunico' la sua idea alle principesse semi-sfigate a lei piu' vicine di affinita'. Pur essendo una principessa, il suo castello era un po' in rovina, e le possibilita' economiche non erano tali da poter affrontare troppe spese. E la scienza talvolta costa parecchio.
Cosi' la principessa decise di scrivere una lettera aperta a tutte le principesse madri di Pollicini. Chiedeva loro un aiuto economico per aiutarla a realizzare il suo desiderio. Non chiedeva nessuna cifra precisa, semplicemente spiegava quanto sarebbe costato il tutto.
La sua lettera' scateno' un putiferio, alcune mamme di Pollicini ormai avevano il cuore indurito; altre pensavano che il suo modo di voler diventare mamma fosse immorale. Perche' vedete, la principessa ormai non aveva piu' 18 anni e nemmeno 28, ma nemmeno 38, quindi la sua unica possibilita' era quella di portare in pancia un cucciolo geneticamente non suo. Vai a spiegare ad alcune persone che l'amore e' un sentimento incondizionato che non conosce confini genetici. Mica i nostri principi consorti sono nostri parenti, eppure li amiamo e decidiamo di fare figli con loro!
Alcune principesse di regni vicini e lontani decisero di aiutare comunque la principessa del nord, chi mandava 25 monete, chi addirittura ne aveva mandato 500, chi si offriva di ospitare la principessa nel regno di Spagna, dove sarebbe avvenuto il miracolo della scienza. Il sortilegio scientifico costava 3500 monete, che non e' tantissimo, ma se non si hanno e' come se ne costasse 10 milioni. La principessa era un po' triste, ma comunque decisa a non arrendersi, quando all'orizzonte apparve un suo ex principe, il mancato principe consorte della principessa del nord. Nonostante gli anni trascorsi e nonostante il suo abito non fosse piu' tanto azzurro, ancora voleva bene alla sua ex bella e cosi' decise di donarle le monete mancanti.
Uno stregone del regno di Spagna mise insieme quelli che la principessa ama chiamare "avanzi" di altri sortilegi e procedette all'incantesimo.
Ci vollero alcune settimane prima di vedere se l'incantesimo avesse fatto effetto. La principessa era felice e positiva, le altre principesse semi-sfigate, basandosi sulle statistiche, pensavano che le possibilita' fossero ben poche. Naturalmente tenevano per se la loro opinione.
Quanto si sbagliavano! L'incantesimo aveva fatto effetto!
Pollicina Lola cresceva felice nella pancia della sua mamma, mentre alcune delle principesse semi-sfigate dubitavano della sua presenza. Volevano tanto bene alla principessa del nord e sapevano che voleva tanto diventare mamma, ma statistiche in mano, la possibilita' era remotissima. Erano molto preoccupate per lei.
Ma le settimane passavano, le stagioni cambiavano e Pollicina Lola contiuava a crescere nel suo caldo mondo.
Una bella mattina di fine ottobre finalmente decise di nascere, dico finalmente perche' diversamente da suo fratello Pollicino lei non arrivo' in anticipo. Aveva rotto il sortilegio della fata malvagia, non era nata piccola come Pollicino! E cosi' si dovette anche cambiare il suo nome, da Pollicina Lola divenne semplicemente Lola.
Qualche fatina buona, intenerita dalle avventure della principessa del nord, deve aver buttato un po' di polverina magica, Lola ha gli stessi occhi blu come il Mare del Nord di suo fratello Pollicino.
Buon primo compleanno Lola, figlia della principessa del nord e di tutte le altre principesse semi-sfigate. Che la fatina buona ricopra sempre la tua strada di polverina magica.
Monday, October 1, 2012
Trash the Dress
Non e' mica una brutta idea.
E' la moda iniziata da qualche anno di scattare foto con l'abito da sposa in situazioni in cui verra' irreparabilmente rovinato. Spose nel fango, altre in mezzo alla schiuma del mare, altre ancora colorate di pittura, chi piu' ne ha piu' ne metta. Il principio e' che tanto e' un abito che verra' usato una volta sola, quindi perche' non rovinarlo scattando foto straordinarie invece che metterlo in una scatola nell'armadio?
Avrei dovuto farlo anche io, problem is, I didn't have a wedding dress. Ebbene si, non ho avuto l'abito da sposa.
Io e il futuro coniuge eravamo di ritorno dal matrimonio del suo piu' caro amico in Texas, abitavamo gia' insieme da un po', mi aveva gia' proposto di sposarlo (lo ha fatto in modo carino, peccato io abbia frainteso...), e portavo il suo anello al dito, pero' l'idea del matrimonio in generale non mi e' mai piaciuta particolarmente, tanto meno quella della cerimonia in abito bianco. Dicono che le ragazzine fin da piccole sognino il matrimonio, pare nelle loro fantasie si vedano avvolte in una nuvola bianca che e' il loro abito da sposa. No, non questa ragazzina. Forse per colpa della moda dell'epoca, ero ragazzzetta negli anni ottanta, ma questa idea di doversi vestire con un abitone bianco da principessa Disney, o peggio da cugina povera di Lady Diana, mi sapeva tanto di ridicola mascherata.
Durante una sosta in un paesino dell'Alabama dal nome indiano quasi impronunciabile, mi dice "Let's get married!" E io che pensavo "Ma questo e' fuori!" Probabilmente dipende dal fatto che io sia cresciuta con genitori divorziati, non so, ma il matrimonio mi ha sempre terrorizzata. Interrompevo le mie storie quando mi accorgevo che la situazione stava diventando troppo seria, avevo pianificato la mia vita: avrei avuto un buon lavoro itinerante che mi avrebbe permesso di viaggiare, qualche figlio, ma non mi sarei mai e poi mai sposata.
Tutto questo finche' non e' entrato in scena il Gentleman che mi ha travolto (letteralmente) e stravolto.
In quel periodo io e lui abitavamo insieme in Germania, e nonostante la distanza dall'Italia, i pettegolezzi delle malelingue arrivavano fin laggiu' e devo ammettere che alcuni facevano male anche ad una tosta come me. Certo non avrei mai sposato una persona che non amavo, pero' il mio pensiero tornava spesso a chi mandava a dire frasi del tipo "Almeno le e' stata risparmiata la vergogna di vedere la figlia usata e gettata via appena L'Americano riparte per qualche altra destinazione," riferendosi a mia madre che non c'era piu'. Non cercatemi la mamma, potrei non rispondere delle mie azioni!
Il giorno dopo eravamo davanti alla courthouse. Lui che mi teneva per mano e io che ripetevo tipo mantra "Esiste il divorzio, esiste sempre il divorzio." Mi abbracciava, scuoteva la testa e rideva.
La parte burocratica e' stata una comica, per prima cosa abbiamo dovuto chiedere la licenza di matrimonio, e per quella abbiamo dovuto usare le nostre patenti come documento d'identita'. La reazione della segretaria davanti alla mia patente meritava di essere filmata, io avevo la classica patente italiana: rosa, di stoffa, piegata in tre, dentro uno di quei proteggi documenti di plastica trasparente che si compravano nei tabacchini, era chiaro che lei non ne avesse mai visto una cosi'. Dopo avere trascritto i nomi ha fatto la domanda di routine, prima a lui (cosa non necessaria visto che lui e' bianco che piu' bianco non si puo', ma si sa', certe persone sono proprio fiscali), poi a me. "Race?" Non mi era mai stato chiesto in vita mia a quale razza appartenessi, non sapevo nemmeno di appartenere ad una razza. Lui ha risposto per me, "Caucasian," e io che pensavo al Caucaso geografico, "No, I am Italian!"
La signora, evidentemente poco brillante, mi ha guardata confusa, provava e riprovava a mettere Italian sul computer che naturalmente non riconosceva la "razza" e respingeva la richiesta, alla fine mi ha studiata per qualche secondo e ha messo White. Dopo aver firmato la licenza sono stata omaggiata con una busta di plastica, bianca, con il disegno stilizzato di due sposi all'interno di un cuore di fiori (nemmeno Cesira, la sorella zitella di mia nonna, avrebbe potuto creare una cosa simile) e la scritta Wedding Sampler. All'interno c'erano dei coupons, campioncini di prodotti per la casa e per l'igiene orale e, da parte degli sponsor, la Procter e Gamble, un biglietto di auguri per una felice vita insieme, noi e i loro prodotti.
Al momento della cerimonia di matrimonio il giudice di pace era gia' uscito per la pausa pranzo, cosi' la segretaria si e' offerta di celebrarla lei. La cerimonia e' durata pochissimo, ha dato un foglio a me e un foglio a lui e abbiamo letto a turno cio' che c'era scritto aggiungendo i nostri nomi nello spazio vuoto. Mentre era in corso la cerimonia, avvenuta sulle scale, mica in una stanza, si e' avvicinato un detenuto con la tipica tuta arancione e le manette ai polsi e alle caviglie che si e' offerto di scattarci delle foto. Gli ho dato la mia macchina fotografica con piena fiducia, non sarebbe potuto andare lontano con le catene ai piedi.
Quando rivedo le foto, cosa che accade raramente, mi vengono quasi i brividi, io sembravo uscita dal set di Friends, con un paio di jeans a vita alta e un maglioncino corto, lui meno databile di me, sui jeans indossava una camicia.
Con il tempo, i viaggi, la convivenza con culture differenti dalla mia e totalmente diverse tra loro, deve essere arrivata anche la saggezza, e se non proprio quella, almeno la tendenza a vedere le cose con diverse lenti. Ho avuto modo di osservare che ad ogni tipo di cerimonia corrisponde un certo abito e in certi casi anche un copricapo particolare, che si parli di cose sacre o profane, diventare vesovo o fare giudice, regnare o laurearsi. L'abito da sposa e' una tradizione, il velo e' una tradizione, e sono presenti in quasi tutte le culture in forme e con significati differenti.
Ho partecipato ad un matrimonio in Corea e la sposa ha indossato prima l'abito tradizionale (hanbok*), poi quello bianco in stile occidentale. Le mie amiche turche mi raccontavano che loro portano sull'abito bianco un nastro rosso legato intorno alla vita, dopo la cerimonia il padre della sposa scioglie il fiocco che sta a significare il passaggio delle consegne (che brutta immagine pero') della casta fanciulla dal papa' al marito.
Mi sono arresa alla tradizione, se dovessi sposarmi oggi, metterei l'abito da sposa e poi via a saltare nell'acqua con abito e tutto!
* In Corea ho avuto la fortuna, viste le mie misure asiatiche, di indossare l'hanbok da sposa.
E' la moda iniziata da qualche anno di scattare foto con l'abito da sposa in situazioni in cui verra' irreparabilmente rovinato. Spose nel fango, altre in mezzo alla schiuma del mare, altre ancora colorate di pittura, chi piu' ne ha piu' ne metta. Il principio e' che tanto e' un abito che verra' usato una volta sola, quindi perche' non rovinarlo scattando foto straordinarie invece che metterlo in una scatola nell'armadio?
Avrei dovuto farlo anche io, problem is, I didn't have a wedding dress. Ebbene si, non ho avuto l'abito da sposa.
Io e il futuro coniuge eravamo di ritorno dal matrimonio del suo piu' caro amico in Texas, abitavamo gia' insieme da un po', mi aveva gia' proposto di sposarlo (lo ha fatto in modo carino, peccato io abbia frainteso...), e portavo il suo anello al dito, pero' l'idea del matrimonio in generale non mi e' mai piaciuta particolarmente, tanto meno quella della cerimonia in abito bianco. Dicono che le ragazzine fin da piccole sognino il matrimonio, pare nelle loro fantasie si vedano avvolte in una nuvola bianca che e' il loro abito da sposa. No, non questa ragazzina. Forse per colpa della moda dell'epoca, ero ragazzzetta negli anni ottanta, ma questa idea di doversi vestire con un abitone bianco da principessa Disney, o peggio da cugina povera di Lady Diana, mi sapeva tanto di ridicola mascherata.
Durante una sosta in un paesino dell'Alabama dal nome indiano quasi impronunciabile, mi dice "Let's get married!" E io che pensavo "Ma questo e' fuori!" Probabilmente dipende dal fatto che io sia cresciuta con genitori divorziati, non so, ma il matrimonio mi ha sempre terrorizzata. Interrompevo le mie storie quando mi accorgevo che la situazione stava diventando troppo seria, avevo pianificato la mia vita: avrei avuto un buon lavoro itinerante che mi avrebbe permesso di viaggiare, qualche figlio, ma non mi sarei mai e poi mai sposata.
Tutto questo finche' non e' entrato in scena il Gentleman che mi ha travolto (letteralmente) e stravolto.
In quel periodo io e lui abitavamo insieme in Germania, e nonostante la distanza dall'Italia, i pettegolezzi delle malelingue arrivavano fin laggiu' e devo ammettere che alcuni facevano male anche ad una tosta come me. Certo non avrei mai sposato una persona che non amavo, pero' il mio pensiero tornava spesso a chi mandava a dire frasi del tipo "Almeno le e' stata risparmiata la vergogna di vedere la figlia usata e gettata via appena L'Americano riparte per qualche altra destinazione," riferendosi a mia madre che non c'era piu'. Non cercatemi la mamma, potrei non rispondere delle mie azioni!
Il giorno dopo eravamo davanti alla courthouse. Lui che mi teneva per mano e io che ripetevo tipo mantra "Esiste il divorzio, esiste sempre il divorzio." Mi abbracciava, scuoteva la testa e rideva.
La parte burocratica e' stata una comica, per prima cosa abbiamo dovuto chiedere la licenza di matrimonio, e per quella abbiamo dovuto usare le nostre patenti come documento d'identita'. La reazione della segretaria davanti alla mia patente meritava di essere filmata, io avevo la classica patente italiana: rosa, di stoffa, piegata in tre, dentro uno di quei proteggi documenti di plastica trasparente che si compravano nei tabacchini, era chiaro che lei non ne avesse mai visto una cosi'. Dopo avere trascritto i nomi ha fatto la domanda di routine, prima a lui (cosa non necessaria visto che lui e' bianco che piu' bianco non si puo', ma si sa', certe persone sono proprio fiscali), poi a me. "Race?" Non mi era mai stato chiesto in vita mia a quale razza appartenessi, non sapevo nemmeno di appartenere ad una razza. Lui ha risposto per me, "Caucasian," e io che pensavo al Caucaso geografico, "No, I am Italian!"
La signora, evidentemente poco brillante, mi ha guardata confusa, provava e riprovava a mettere Italian sul computer che naturalmente non riconosceva la "razza" e respingeva la richiesta, alla fine mi ha studiata per qualche secondo e ha messo White. Dopo aver firmato la licenza sono stata omaggiata con una busta di plastica, bianca, con il disegno stilizzato di due sposi all'interno di un cuore di fiori (nemmeno Cesira, la sorella zitella di mia nonna, avrebbe potuto creare una cosa simile) e la scritta Wedding Sampler. All'interno c'erano dei coupons, campioncini di prodotti per la casa e per l'igiene orale e, da parte degli sponsor, la Procter e Gamble, un biglietto di auguri per una felice vita insieme, noi e i loro prodotti.
Al momento della cerimonia di matrimonio il giudice di pace era gia' uscito per la pausa pranzo, cosi' la segretaria si e' offerta di celebrarla lei. La cerimonia e' durata pochissimo, ha dato un foglio a me e un foglio a lui e abbiamo letto a turno cio' che c'era scritto aggiungendo i nostri nomi nello spazio vuoto. Mentre era in corso la cerimonia, avvenuta sulle scale, mica in una stanza, si e' avvicinato un detenuto con la tipica tuta arancione e le manette ai polsi e alle caviglie che si e' offerto di scattarci delle foto. Gli ho dato la mia macchina fotografica con piena fiducia, non sarebbe potuto andare lontano con le catene ai piedi.
Quando rivedo le foto, cosa che accade raramente, mi vengono quasi i brividi, io sembravo uscita dal set di Friends, con un paio di jeans a vita alta e un maglioncino corto, lui meno databile di me, sui jeans indossava una camicia.
Con il tempo, i viaggi, la convivenza con culture differenti dalla mia e totalmente diverse tra loro, deve essere arrivata anche la saggezza, e se non proprio quella, almeno la tendenza a vedere le cose con diverse lenti. Ho avuto modo di osservare che ad ogni tipo di cerimonia corrisponde un certo abito e in certi casi anche un copricapo particolare, che si parli di cose sacre o profane, diventare vesovo o fare giudice, regnare o laurearsi. L'abito da sposa e' una tradizione, il velo e' una tradizione, e sono presenti in quasi tutte le culture in forme e con significati differenti.
Ho partecipato ad un matrimonio in Corea e la sposa ha indossato prima l'abito tradizionale (hanbok*), poi quello bianco in stile occidentale. Le mie amiche turche mi raccontavano che loro portano sull'abito bianco un nastro rosso legato intorno alla vita, dopo la cerimonia il padre della sposa scioglie il fiocco che sta a significare il passaggio delle consegne (che brutta immagine pero') della casta fanciulla dal papa' al marito.
Mi sono arresa alla tradizione, se dovessi sposarmi oggi, metterei l'abito da sposa e poi via a saltare nell'acqua con abito e tutto!
* In Corea ho avuto la fortuna, viste le mie misure asiatiche, di indossare l'hanbok da sposa.
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