Sunday, November 3, 2013

The Great Halloween Costume Fiasco

Diverse settimane fa mio figlio mi si e' presentato davanti con un foglio di carta con un disegno sopra, "Questo e' il vestito di Halloween che voglio (nemmeno vorrei), me lo faresti per favore?"
Il personaggio rappresentato era un uccellino di sua creazione, Luis the daddy bird. E' dallo scorso anno ormai che scrive e illustra libri su questi uccellini, ha inventato il nome della sua casa editrice che mette sul retro della copertina con l'aggiunta "Since 2012" e la C del copyright che pero' non ho avuto il coraggio di dirgli che non e' realmente valido.

Foglietto in mano siamo andati in un negozio di tessuti e abbiamo comprato tutto cio' che ci  mi sarebbe servito.
I giorni passavano e io continuavo a procrastinare. Mercoledi 30 Ottobre, intorno alle sei di sera mi sono messa a lavorarci sopra, ho la macchina da cucire ma non la so usare quindi ho provato a fare tutto a mano.
L'abito, blu, sembrava piu' da cantante di coro di gospel che da uccellino; il design prevedeva una maschera, gambe sul grigio, e zampe nere con parti arancioni, cose che naturalmente non avevo fatto.
Il giorno dopo sono andata al lavoro e la sfiga ha voluto che ci fosse un meeting proprio all'ora in cui i sarei dovuta andare via, e visto che mi pagano anche per fare da interprete a chef Demmerda sono dovuta rimanere.
Quando sono finalmente arrivata a casa ho fatto mettere l'abito a mio figlio, ancora era scucito da sotto, ho messo due punti, cosi' da non farli cadere, ad un paio di leggings grigi  miei, ho attaccato due pezzi pile nero con del velcro adesivo per fare le zampe e gli ho fatto mettere un paio di scarpe da ginnastica arancioni.  Per fare la testa dell'uccellino ho preso un cappello da baseball, l'ho coperto di blu e la visiera, che nemmeno a farlo apposta in inglese si chiama bill proprio come il becco, l'ho coperta di tessuto chiaro, ho incollato due occhi di stoffa sulla parte blu e l'abito era completo.
Si, un completo disastro.
Non era nemmeno remotamente simile al design, pero' mio figlio era talmente impaziente di uscire a fare trick or treating che non ha fatto caso a cosa stesse indossando. Devo dire che neanche gli altri bambini hanno detto nulla riguardo al suo costume.
Quando siamo tornati a casa l'abito era completamente scucito da sotto, sembrava un vestito da signora, le zampe nere tenute su dal velcro erano scese e sembravano gli scaldamuscoli di Flashdance, la pupilla di un occhio si era scollata e puntava a sud, la zucca che avevo pazientemente intagliato e messo fuori davanti alla porta l'ho trovata abitata da due enormi scarafaggi, ho riso talmente tanto che mi scendevano le lacrime.

Queste sono le foto del costume.


Da notare la manica aperta da sotto.


La zucca e i suoi inquilini abusivi.

Sunday, October 13, 2013

Karma

La presenza della cara suocera a casa mia mi sta logorando, e nemmeno lentamente.
Cerco di essere positiva, "e' solo una cosa temporanea e sto facendo una cosa buona, magari mi manda pure un po' di karma positivo," continuo a ripetermi.

Ieri rompeva le balle ad oltranza perche' voleva andare a fare le unghie dei piedi, la porto cosi' almeno sta zitta per un po'.
Prima di andare a fare la pedicure mi fermo in un negozio a comprare un po' di frutta, la suoocera sbuffa perche' non vuole perdere tempo, io non sento ragioni, entro e compro le mie belle mele e pere. La signora in fila davanti a me alla cassa mi dice di passare, lei ha un carrello pieno, naturalmente la ringrazio e lei risponde che le e' capitato spesso che altre persone facessero passare lei, quindi il suo e' un "paying it forward," sta ricambiando il gesto.
Niente di strano, questo di far passare le persone e' una cosa che faccio spesso anche io, non ci penso piu' di tanto e proseguo.

Dopo una quarantina di minuti di pedicure, manicure, massaggi alle gambe e applicazione di smalti, minuti in cui ha ammorbato la povera signora cinese con i suoi racconti e le sue teorie assurde, finalmente ci siamo recate alla cassa.
La suocera mi passa la debit card, faccio tutto io per evitare che lei si rovini le unghie (nel frattempo aveva deciso di fare anche quelle delle mani), provo a pagare ma la carta non passa. Il salone delle unghie si trova all'interno dello spazio di Walmart, indico alla proprietaria le casse, che sono al massimo dieci metri da me, e le spiego che posso andare a comprare un pacco di gomme da masticare e prelevare del contante.
Mentre spiego quello che voglio fare, una signora si alza e mi da la sua carta di credito. Dico che no, non e' necessario, la signora insiste, "We are all children of God, I show my love and appreciation for God by giving small blessings, and this is one of them, please let me help you",  siamo tutti figli di Dio, dice, e quello e' il suo modo per ricambiare e mostrare il suo amore per Dio.
E' una signora giovane, nera, ed e' vestita abbastanza comodamente, nel senso che se vai a farti la pedicure certamente non vai con tacco dodici e abito da sera, e la cara suocera, nostra signora delle gaffes, la guarda e dice qualcosa tipo "Ti ringrazio, sei davvero gentile, ma non devi farlo" fin qui tutto bene, poi aggiunge "Hai l'aspetto di una che nemmeno puo' pagarsi la sua di pedicure!"  Sarei voluta sparire.
Alla fine lei, che si comporta di merda con tutti, ha avuto il trattamento estetico pagato da una persona di buon cuore.
Mi sa che il karma delle mie parti e' strabico o fortemente miope.

Thursday, September 26, 2013

Lake in Progress

Si, sono ancora viva.
Dopo parecchi giorni senza linea telefonica, anzi quella l'hanno risistemata abbastanza velocemente, senza connessione internet, con orari di lavoro piuttosto lunghi, chef Demmerda sempre piu' psicopatico, finalmente riesco a tornare.
La connessione non e' piu' a manovella e ne approfitto per pubblicare alcune foto del nuovo progetto all'Eremo: un lago!
Nelle proprieta' vicino all'eremo e' abbastanza comune avere dei laghetti (ponds) in cui andare a pescare, la maggior parte sono illegali, costruiti senza permesso e senza prestare attenzione alla natura circostante; noi abbiamo fatto le cose per bene, abbiamo contattato l'Army Corps of Engeneers, che e' l'autorita' che si occupa di dare i permessi, e dopo uno studio approfondito del terreno e della wildlife circostante, abbiamo ricevuto l'autorizzazione a costruire il lago. Si trovera' dove, da quel che ci hanno detto, la natura probabilmente lo aveva avuto precedentemente.
Costruire un lago e' una cosa abbastanza costosa, in particolare quando si parla di uno di 14/15 acri, quindi per il resto dei nostri giorni si mangera' pane e cipolla, ma con una vista spettacolare e restituendo alla natura quello che le apparteneva.

Ecco le foto del work in progress.





Vista laterale  della mia quercia.



 Vista frontale della quercia con futuro lago sul retro.



 Argilla rossa


Diga in via di svolgimento.

Bello vero?

Saturday, September 14, 2013

Che faccia ha la fame

Ho visto la faccia della fame.
Non era un bambino con le mosche intorno agli occhi in un villaggio africano.
Non era neanche un rifugiato di qualche guerra civile.
Aveva gli occhi blu, i capelli biondi e la pelle rossiccia, indossava una giacca da cuoco piu' grande di almeno tre taglie e mi stava a fianco nella zona in cui facciamo il pane al ristorante.

Le mie esperienze con i morsi della fame sono ridotte ai periodi in cui da ragazzina mi vedevo grassa e saltavo qualche pasto perche' la dieta della settimana consigliava di fare cosi', o a quelle volte in cui dimenticavo la merenda a casa, o a qualche appuntamento che tirava per le lunghe. Non avrei mai immaginato di vedere una persona occidentale, e per giunta americana, malnutrita e affamata.

Ho notato il ragazzo in questione, oltre che per l'abbigliamento, per l'aria spenta che aveva negli occhi, il mio primo pensiero e' stato "He's broken inside" e mi chiedevo cosa mai gli fosse successo per renderlo cosi'.  Con gli altri colleghi ridiamo, scherziamo, facciamo battute oscene irripetibili, lui invece sempre questa faccia spenta.

Da quello che sono riuscita a captare venerdi, il ristorante ogni tanto assume qualche caso pietoso indicato da qualche gruppo, e il ragazzo pare sia uno di quei casi. In ristorante non mangiamo durante la giornata, si fa il pranzo di gruppo, family meal, quando tutti i clienti sono andati via e si sono fatte le pulizie, in teoria ognuno dovrebbe fare una buona colazione che riesca a mantenerci in forze fino al pomeriggio inoltrato. Da qualche giorno dopo l'assunzione del ragazzo, alcuni cuochi di linea certamente piu' svegli di me, portano scatole di donuts e ciambelle varie (a spese loro) per fare colazione tutti insieme e si assicurano che il ragazzo mangi sempre qualcosa.
Io spesso salto il pranzo perche', e ora in prospettiva mi sento una merda, spesso cucinano pietanze a base di carne e io sono semivegetariana e non mangio carne ma pesce. Lui poverino aspetta il pranzo con trepidazione e mi avvisa sempre quando sono pronti ad iniziare.
Dubito che il ragazzo riuscira' a riempire l'uniforme di lavoro, non solo e' magrissimo ma la giacca da cuoco, che chissa' dove avra' reperito, ha le cuciture delle maniche che gli arrivano a meta' braccio, come un bambino con una maglietta del papa'. Pero' finalmente ha iniziato a sorridere, un sorriso con i denti rovinati di chi non ha mai visto un dentista, ma pur sempre un sorriso.
Venerdi siamo stati cosi' impegnati da non riuscire a fare il family meal in orario, il ragazzo finiva il turno alle tre e vedevo che aspettava e aspettava, alla fine e' andato via senza mangiare, quel pasto e' un suo diritto, lunedi prendero' da parte uno degli assistenti manager e mi sentiranno!
E' da ieri che non riesco a smettere di pensarci, fare un po' di spesa, cosa che in genere mi piace, oggi mi e' risultato piuttosto difficile.

Saturday, August 31, 2013

Chef Demmerda

Finalmente dopo numerosi giorni di attesa e vari cambiamenti di biglietti aerei, e' arrivato il nuovo chef del ristorante.
La prima impressione e' stata assolutamente negativa.
Il ristorante non e' ancora aperto e sia io che gli altri colleghi ci siamo impegnati affinche' risultasse perfetto per l'ispezione del dipartimento della sanita'; l'executive chef passava dallo scrostare il pavimento insieme alla signora delle pulizie a studiare le possibili varianti del menu', nel mentre il nuovo chef si guardava intorno con aria di superiorita' e non muoveva un dito.
Fin qui tutto ok, ognuno ha la propria opinione di se stesso, ed evidentemente la sua e' particolarmente alta.
Forse dopo tutti questi anni in Usa mi devo essere americanizzata senza rendermene conto, o molto piu' probabilmente sono sempre stata cosi', ma una delle tante cose che non ho mai tollerato e' stata la discriminazione, fosse questa razziale, religiosa, o sessuale, non per nulla mio suocero si diverte a provocarmi facendo battute contro le donne e chiamandomi "Here Comes Women's Lib" ogni volta che riesce a farmi perdere le staffe.  So che lui scherza e alla fine rido anche io, mentre ho avuto modo di constatare che il nuovo chef e' davvero uno che le donne le ritiene oggetti, nemmeno soggetti, inferiori.
Si parlava dell'uniforme da indossare durante il lavoro, e lo chef mi diceva che ci avrebbe preferito con la giacchina bianca, spiegava che era piu' facile da lavare e poi ha detto a me, unica donna in quel momento, "Non sto a spiegarti tanto tu sei una donna e voi lavate la biancheria."  Sono rimasta di sasso e non ho risposto nulla e se devo essere sincera ho anche pensato che si fosse solo espresso male.
Durante il training si e' comportato da primadonna, si lamentava di tutto, i forni non sono in gradi Celsius, qui non usano i grammi (gli ho fatto vedere che le bilance hanno un tastino che cambia l'unita' da pounds a chili, ma nulla), non ha ancora capito che e' lui a doversi adeguare. Ha urlato come un pazzo contro una ragazza (e te pareva) che non stava sfilettando il pesce come piace a lui, dico, faglielo vedere e lo fara' come vuoi tu.  Ad un certo punto ha urlato contro tutto il personale che si e' fermato e ha incrociato le braccia,  quando ha visto la malaparata e l'arrivo immediato dell'executive, si e' dato una calmata.
Poi la perla del giorno: osservando la mia giacchetta da cucina dice che mi stava grande, gli rispondo che era una taglia S e che avevo fretta di comprarla e non avevo trovato quella sagomata, al che lui, con tutta tranquillita' mi dice, "Sei una donna, dovresti sapere come cucirti una giacca da chef!" Mi sono gonfiata come un pesce palla e gli ho risposto "Scusa?" e lui, "O anche no." Al che ho ribattuto, "Meglio anche no."  Che poi e' una stupidata perche' a me cucire piace, le cose che faccio fanno cagare, pero' ci provo; e' l'idea che il fatto di non avere un pisello in mezzo alle gambe mi renda immediatamente sarta e lavandaia a farmi infuriare. Una delle ragazze del lavoro ha detto che andra' in un porn shop a comprare dei ca##i finti per noi donne, ce li appenderemo al collo per vedere se almeno cosi' si rivolgera' a noi piu' rispettosamente.
Ho temuto un'altra delle sue perle quando ho visto entrare nella cucina del ristorante una ragazza vestita da zoccola particolarmente sexy.  Era una ragazza asiatica, aveva i capelli lunghi, un vestito a canottiera altezza inguine, magrissima con due tette enormi, immagino fossero finte, e scarpe zeppate e brillantinate tacco dodici. Mentalmente ho fatto il segno della croce e quasi promettevo di fare un voto del silenzio se lui non avesse detto nulla di sessita e offensivo, quando vedo che la fanciulla in questione si avvicina allo chef e inizia a parlargli, in ITALIANO!  Mi sono dovuta allontanare per non scoppiare a ridere, aveva una vocina in falsetto da bambina dello Zecchino d'Oro, segmentava le parole con fare vezzosetto, ma la cosa piu' comica era che alcune parole le pronunciava intere e con l'accento di Nino Manfredi nel film Straziami ma di Baci Saziami, "So-nno  Tti-nne-se," il tutto mentre si dondolava sui trampoli con il dito indice in bocca.  Era la compagna cinese dello chef! 
Ho fatto un bel respirone e le ho parlato, giuro avrei pagato qualsiasi cifra per poterla registrare, non sembrava vera.  Aveva stretta sotto il braccio una borsa di Prada e io, profonda come una pozzanghera estiva, mi chiedevo se fosse un'imitazione visto che lei veniva dalla Cina e si sa da dove arrivano le imitazioni.
Il personale della cucina e' molto variegato, c'e' chi ha fatto le scuole di cucina e chi ha altri tipi di esperienze, uno dei lavapiatti ha l'aspetto da ex ergastolano messo on probation, sta sempre sulle sue, se incrocia lo sguardo con un'altra persona lo abbassa immediatamente, mentre noi ridiamo e scherziamo lui non da confidenza a nessuno. Quando lo Chef Dimmerda si era allontanato in ufficio Fior di Loto ha pensato bene di fiondarsi verso il lavapiatti, il poverino rimaneva rigido come un surgelato mentre lei gli si strusciava addosso e gli contava i tatuaggi:
"Ma-ny ma-ny ta-ttoo?"
"51"
"51?"
"Yes, ma'am."
Il tizio sembrava sotto tortura, faceva talmente tanta pena che ho preso la tizia per un braccio e l'ho allontanata con la scusa che sarebbe potuta scivolare in mezzo a tutta quell'acqua.
Fior di Loto e' la compagna di Chef Demmerda, non sono sposati ed e' entrata con il suo visto, secondo me questa appena trova un americano qualunque, anche cesso, si fa sposare per ottenere la Green Card, mi ha dato quell'impressione.
A proposito di impressioni, se lo chef non si da una regolata non so quanto il mio lavoro durera', io non posso tollerare le cose che dice e non riesco facilmente a stare zitta.
Ieri mi ha chiesto quanta esperienza avessi in cucina, quando gli ho risposto che non avevo mai lavorato nella cucina di un ristorante, mi ha squadrata, ha fatto un sorrisetto e ha detto,
"Ah, veggine sei!"
L'ho guardato, ho sollevato un sopracciglio e non gli ho risposto.
E non e' nemmeno un uomo anziano di vecchia generazione,  avra' proprio esagerando per eccesso quaranta anni.


Saturday, August 24, 2013

I Raccomandati

Mi e' successa un'americanata, una di quelle cose che succedono nei film.

Un bel po' di tempo fa ero andata ad un pranzo al lago con delle persone italiane che abitano qui in Georgia, alcune sposate con militari, altre qui per lavoro. Il tipo di pranzo era un potluck, cioe' una di quelle occasioni in cui ognuno porta qualcosa a sorpresa, io avevo improvvisato una sorta di quiche con i gamberetti e le zucchine, e siccome mi era mancata la voglia di uscire a comprare la sfoglia, avevo fatto anche quella in casa.
Una delle signore presenti aveva chiesto chi avesse fatto la "quiche" e io, logorroica da paura, non solo ne avevo rivendicato la maternita' (non mi piace dire paternita'), ma le avevo spiegato il procedimento quasi per filo e per segno.  Dopo avermi lasciata parlare, la signora mi ha detto di essere il manager di un famoso ristorante, uno di quelli in cui tutto viene fatto fresco e una cena costa quasi quanto un mutuo, ha poi aggiunto che avrebbero aperto un secondo ristorante non lontano dalla zona in cui abitavo io, e che sicuramente mi avrebbe tenuta in mente.  Siamo rimaste in contatto, siamo uscite con quel gruppo qualche altra volta e poi l'ho persa di vista.
Qualche giorno fa, dopo oltre un anno, mi ha chiamata e chiesto se fossi ancora interessata a lavorare per lei, le ho risposto di si e mi ha invitata a conoscere lo chef, anche lui italiano.
Il colloquio con lui e' stato un po' imbarazzante per me, mi ha chiesto se avessi mai lavorato nella cucina di un ristorante, cosa che non ho mai fatto. Ha spiegato che aspettavano l'arrivo di uno chef dall'Italia per la nuova sede, e diversamente da lui che parla fluentemente inglese e spagnolo, il nuovo chef non conosce una parola d'inglese, il mio lavoro sarebbe stato tradurre per lui e aiutare in cucina. Ha chiesto come avrei tradotto certi termini culinari dall'italiano all'inglese e poi mi ha chiesto in quali giorni e orari avrei potuto lavorare. Quando e' stato il momento di parlare di quanto mi avrebbero dato all'ora per il mio tipo di lavoro, ho ricordato una collaboratrice di Zuckerberg che diceva che le donne non negoziano mai le offerte di lavoro e si accontentano della prima offerta.  Forte del fatto che a causa della mia poca esperienza non mi avrebbero comunque assunta, ho giocato a fare la negoziatrice, ho sorriso alla sua prima offerta ed espresso il mio target monetario dicendo allo chef che per quello che mi offrivano loro avrei preferito rimanere a casa a fare il punto croce.
Qualche ora dopo la manager mi ha richiamata dicendo che non potevano offrirmi quello che avevo chiesto e rilanciando con una offerta poco piu' bassa di quello che avevo richiesto. Ho accettato subito!
Fin qui tutto bene, ho avuto modo di andare al ristorante, e' quasi pronto per l'apertura, ho conosciuto le altre persone che lavoreranno in cucina con me, e per ora sembrano tutti in gamba.
Ho raccontato la mia avventura dell'assunzione alla mia amica italiana, quella che nonstante abiti qui da tanto ancora non ha capito la mentalita' locale, lei si e' congratulata con me e il giorno dopo mi ha chiamata dicendo di avere un amico che lavora da tanti anni nel campo dei ristoranti e se potevo fare qualcosa per lui per farlo entrare in quel ristorante. Le ho spiegato che io non ero nessuno, ero il plancton dell'oceano, uno scalino sopra il lavapiatti. Ho comunque chiesto allo chef se stavano ancora cercando personale e dopo la sua risposta affermativa ho detto al tizio di portare pure la sua application. Senza impegno.
Mentre ero ad un meeting tra il boss e noi personale del ristorante, meeting in cui il boss ha licenziato in tronco due (ex) futuri camerieri per essere arrivati con notevole ritardo, ho sentito vibrarmi la gamba: era il telefono che avevo messo mute.  Appena libera sono corsa al bagno con il batticuore per vedere chi cercava di contattarmi, ero preoccupata perche' non mi cerca mai nessuno al cellulare, lo tengo solo come contatto di emergenza per la scuola di mio figlio e per i medici.
Era la mia amica che mi mandava dei messaggi, gia' sapeva che non potevo usare il telefono al lavoro ma che l'avrei comunque tenuto in tasca perche' sono paranoica per tutto cio' che riguarda mio figlio.
I messaggi dicevano qualcosa tipo "Il figlio del cugino del fratello della nuora del marito di mia figlia ha portato l'application sia come lavapiatti che come cuoco. Si chiama XYZ ma lo chiamano YZX, ah, dimenticavo, lui preferirebbe fare il cuoco, per favore potresti metterci una buona parola?"  Giuro stavo per esplodere.
Il ristorante non ha ancora nemmeno aperto, e' gia un miracolo che abbiano assunto me e non certamente in virtu' delle mie capacita' culinarie, e gia' mi viene chiesto di usare l'influenza che non ho.

Facciamoci riconoscere anche qui.

Thursday, August 15, 2013

A Curious Case of Extreme Political Correctness

Il mio medico di base e' sparito, ha lasciato detto che sarebbe andato a vivere in Florida, ha mollato improvvisamente tutto ed e' partito.  Ora che ci penso anche la mia gine preferita ha lasciato il suo lavoro, che siano partiti insieme verso romantici lidi?  Bene per loro, pero' per me e' una gran rottura, il medico di base, primary care manager, e' quello che da l'autorizzazione, referral, a vedere gli altri specialisti.  Per una persona ipocondriaca attenta come me questo non e' un semplice contrattempo, e' un dramma!
Naturalmente noi pazienti non eravamo stati informati della romantica (?) fuga, e io, insieme a tante altre persone, mi sentivo ripetere dalla segretaria di lasciare il mio numero, che mi avrebbero richiamata prima possibile.
Dopo aver atteso per diverse settimane, finalmente ho ottenuto il tanto agognato appuntamento, nello stesso posto ma con un nuovo medico.
Sono stata ricevuta da una gentile infermiera che ha preso i miei vitals: temperatura, pressione e peso. Ha tolto fuori un plico di fogli e ha iniziato a compilarli insieme a me. Nome, cognome, assicurazione, titolare dell'assicurazione, malattie, gravidanze, medicinali, ultimo pap, una serie di domande che non finivano piu'. Io, seduta sul lettino rispondevo mentre lei annotava.  Ad un certo momento la vedo muoversi nervosamente sulla sedia, dice che deve farmi una domanda un po' uncomfortable, di non prendermela ma e' una di quelle sulla lista e verra' usata solo per fini statistici. La mia fantasia corre selvaggiamente "E questa cosa vorra' mai chiedermi? Con quante persone sono stata, o se ho un passato da tossica che scambiava siringhe usate, o se bevo alcool e picchio mio marito, o forse se sarei disposta a vendere un rene per denaro, o forse..."  Il mio cervello stava ancora inseguendo coniglietti quando sento:

"Ehhm, ma'am?"      Signora?

"Yes?"      Si?

"Sorry, I have to ask you. "      Mi dispiace ma devo chiedere.

Io, con tanto di sorriso idiota:

"Ok. Go ahead, shoot."      Vai pure, spara!   

"You are...?"      Lei e'?

Io che pensavo "Ma questa e' scema proprio, il mio nome lo ha gia' scritto sulla prima parte del foglio!"

"Excuse me?"      Scusi?

"You are?"      Lei e'?

"I believe you already got that, it was the first thing you verified, that, and my birth date."
Credo lei abbia gia' la risposta, e' stata la prima cosa che ha verificato, quello e la mia data di nascita.

Vedo che arrossisce un po' e mi dice:

"No, that's not what I meant. You are?"      No, non e' quello che intendevo. Lei e'?

In una frazione di secondo tornano alla mente memorie sepolte di interrogazioni scolastiche con tentativi di arrampicate olimpiche sugli specchi. Sara' mica un test psicologico? Tentativamente e quasi bisbigliando, rispondo.

"The pa-tient?      Il paziente?

L'infermiera arrossisce dal collo alla radice dei capelli.

"Ok, let's try again. If you come from China you are...?      Ok, riproviamo.  Se tu vieni dalla Cina sei...?

"Chinese!"      Cinese!

"Yes, indeed. But you would also be...?      Si, senza dubbio. Pero' saresti anche...?

Inizio a dubitare della salute mentale dell'infermiera ma decido di provare comunque a rispondere, sono curiosa di vedere dove vuole arrivare.

"Mandarin? Cantonese?"      Mandarino? Cantonese?

Sorride quasi istericamente e ingoia la saliva.

"Ok, let's say you come from Mexico or Argentina, then you would be...?"      Ok, diciamo che tu vieni dal Messico o dall' Argentina, allora saresti...?

E' sempre piu' rossa e imbarazzata, cosi' per garantirmi sonni tranquilli ed evitare di avere un morto sulla coscienza nel caso le venisse un colpo, le faccio io una domanda.

"How about you give those papers to me and I can read the question all by myself?"
Perche' invece non mi dai quei fogli cosi' posso leggere io la domanda?

E la domanda era...




Race, razza.