Questo fine settimana sara' uno di quelli lunghi, i cosidetti "three day weekend."
Ne abbiamo diversi durante l'anno, e questo in particolare e' dedicato a Martin Luther King Jr.
Inutile che stia a parlare di lui, dubito abbia bisogno di alcuna presentazione da parte mia.
Mi e' capitato di andare a pranzo a scuola di mio figlio (sconsiglio vivamente la mensa di quella scuola), lo osservavo mentre seduto a tavola mangiava con i suoi amichetti.
Tante testine di diversi colori piegate verso il tavolo, qualcuno che allungava il braccio verso un altro bambino, qualcuno che si alzava, qualcuno che rideva. E in sottofondo un chiacchericcio continuo che sembrava il suono di uno sciame di api intervallato da gridolini.
Mentre guardavo questo spettacolo ho pensato a Dr. King. Sbaglio o aveva detto qualcosa riguardo ai bambini bianchi e neri seduti alla stessa tavola nello stato della Georgia?
Non ricordavo la frase esatta, sentivo in testa la sua voce cantilenante, quel suo "I" cosi' lungo e marcato, ma la mia memoria non andava oltre.
Devo ammettere che mi sono anche un pochino commossa.
Appena arrivata a casa sono andata a cercare il testo del discorso.
Questa e' la frase da lui pronunciata durante il famoso I Have a Dream Speech:
"I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood."
Come mi succede spesso con certe canzoni, ho difficolta' a ricordare il testo esatto, solo il concetto, e pergiunta per immagini. Ricordavo le parole "Georgia" e "tavolo" e ho associato "slaves" con neri e "slave owners" con bianchi. Dopo aver letto la sua frase sono rimasta un po' delusa da me stessa, lui parlava di tavola in senso figurato e io pensavo al tavolo di legno. Mi sono sentita sciocca per aver creduto che il suo pensiero fosse letterale come il mio e per esssermi addirittura commossa. Ho cercato di autoconvincermi che spezzare il pane insieme (o il sandwich, chicken nuggets, Pringles o pizza) fosse comunque un simbolo di fratellanza.
In un certo senso posso dire di aver visto uno dei suoi sogni realizzarsi.
Poco dopo esserci trasferiti in Georgia, mio figlio, bimbetto di pochi anni, aveva iniziato la pre pre-scuola. Arrivavamo dalla zona del Pacifico, quindi lui e' sempre stato nel gruppo etnico minoritario, bianchino in mezzo a tanti piccoli asiatici. Non aveva mai avuto un amichetto nero.
Il primo giorno di scuola lui e un compagnetto nero, che evidentemente non aveva familiarita' con i bambini bianchi, lo hanno trascorso studiandosi e toccandosi a vicenda i capelli. Mio figlio li portava lunghi e l'altro bambino corti. Le maestre (una bianca e una nera) li hanno interrotti solo quando hanno iniziato ad assaggiare l'uno i capelli dell'altro.
Credo che Dr. King avrebbe sorriso se li avesse visti.
Ma che teneri! Che scena bellissima! :-)
ReplyDeleteLe maestre poverine non sapevano come comportarsi, temevano che ogni loro reazione potesse venire male interpretata da qualche altro genitore. Per me erano uno spettacolo.
DeleteE' cosi' da bimbi. Molti si guastano col crescere :/
ReplyDeletePurtroppo succede.
DeleteIl sogno di King era immaginato ma il tuo è reale. Come dimostrano i bimbi.
ReplyDeleteSarebbe bello se le persone riuscissero a mantenere la stessa innocenza.
DeleteI bimbi hanno tanto da insegnarci...sempre!
ReplyDeleteBel post :)
Vero.
DeleteMa che bello, questo racconto...
ReplyDeleteChe tenero.
Letto dopo aver scritto (io) quello su Rosa Parks (che tu hai letto) è perfetto.
Grazie di essere arrivata (chissà come...) a me (grazie a Rosa Parks, mi pare...).
Quando scopro un, quando arrivo ad un blog interessante cerco sempre l'"inizio": dove tutto è nato, dove (ci) racconti il perché, le tue sensazioni.
Ma non l'ho trovato, per ora.
C'è un inizio con l'inizio?
:-)
d.
No, ancora non c'e' un inizio con inizio, dovrei scriverlo e probabilmente presentarmi.
DeleteSono arrivata al tuo blog tramite Renata, sono anche io una "salottista" nella sua sala da te'.